Turrini: “Senna campione unico e inimitabile”
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Turrini: “Senna campione unico e inimitabile”

In occasione del ventennale della scomparsa dell'ex pilota della Formula 1, il popolare opinionista di Sky ha raccolto nel libro “Senna-In viaggio con Ayrton” i risvolti più o meno noti di un personaggio ricco di contraddizioni

“Non sono una macchina, non sono imbattibile; semplicemente l'automobilismo fa parte di me, del mio corpo. Quattro ruote, un sedile, un volante. E questa è la mia vita da sempre”. Firmato Ayrton Senna, uno dei più grandi piloti della Formula 1 di sempre, fuori e dentro la pista. In occasione del ventennale della scomparsa del tre volte campione del mondo, avvenuta a Imola il 1° maggio del 1994, il giornalista e opinionista televisivo Leo Turrini ha dato alle stampe il libro “Senna-In viaggio con Ayrton” (Imprimatur editore). Per parlare dell'uomo prima del fuoriclasse. Per raccontare la sua verità su uno dei personaggi più controversi della F.1, simbolo e bandiera di uno sport colmo di paradossi eppure carico di fascino.

“Per l'automobilismo, la tragedia di Ayrton ha avuto lo stesso peso e lo stesso significato che l'omicidio Kennedy ebbe sugli Stati Uniti”. Senza di lui, la Formula 1 ha cambiato pelle?
“Ho fatto questo paragone perché credo che con la scomparsa di Senna la Formula 1 abbia perso definitivamente l'innocenza. Non dobbiamo dimenticare che fino a quel drammatico fine settimana di Imola erano 12 anni che non si moriva più al volante di una monoposto. Sembrava ormai che fosse stato lasciato alle spalle un periodo nerissimo, nel quale le tragedie in pista erano quasi all'ordine del giorno. Ecco, in quel maledetto weekend di Imola ci rendiamo improvvisamente conto di quanto fossero fragili le nostre certezze. Per questo sostengo che la tragedia di Senna rappresentò la fine di un'epopea. Perché molto probabilmente Ayrton, insieme con altri illustri colleghi di allora, da Prost a Piquet, da Mansell a Schumacher, è stato uno degli ultimi mohicani. Dopo di loro, la F.1 è cambiata completamente. Lo choc fu talmente violento che vennero rifatti i circuiti in una notte o poco più. Le macchine stesse furono oggetto di un ripensamento strutturale e filosofico assoluto. La cultura della sicurezza in F.1 nasce proprio in quei giorni. Nulla è stato più come prima”.

Senna e Prost, una rivalità lunga una carriera, forse più.
“Credo che sia vero che per ogni grandissimo, in qualunque contesto, sia necessaria l'esistenza di un antagonista. Per Senna, che pure di avversari ne ha avuti tanti, il rivale per antonomasia è stato il professore francese. La loro fu una sfida molto affascinante, perché al di là degli indubbi meriti sportivi di entrambi, erano molto diversi umanamente. Senna aveva un approccio molto disponibile nei confronti del prossimo. Era più carnale, mentre Prost più rarefatto. Si completavano, perché avevano entrambi qualità straordinarie. Hanno vinto sette mondiali in due, sono stati sulla stessa macchina, la McLaren, e alla fine si sono anche passati il testimone. Si odiavano, ma poi trovarono il modo di chiudere con il sorriso. A Imola, in quel weekend fatale, Prost fece visita al box della Williams, la sua ultima squadra. Senna lo salutò via radio dalla pista: 'Ciao Alen, mi manchi'. La famiglia del pilota brasiliano volle che in prima fila a portare la bara ci fosse Prost. La perfetta chiusura del cerchio”.

“Talvolta giustizia e vendetta coincidono”: questa la dichiarazione che mise fine di fatto alla cosiddetta “Pace di Monza”. Il pilota brasiliano forzò la sua indole per pareggiare i conti con l'avversario che più stimava?
“Se l'ha fatto, evidentemente no. Senna è morto giovane e in diretta mondovisione. Era un personaggio straordinario, ma come tutti gli esseri umani aveva anche quello che in Guerre Stellari viene definito il lato oscuro della forza. La mossa che Senna fa a Suzuka nel 1990, quando il destino gli offre l'opportunità di rivalersi su Prost, dal quale lui pensava di essere deliberatamente ingannato un anno prima, è di una violenza inaudita. Un anno dopo, nel giorno della conquista del suo terzo titolo mondiale, confermò quello che già tutti sapevano. Ecco, Senna era un pilota con un'umanità fuori dal comune, ma aveva anche un lato B, certamente meno nobile, come tutti”.

Quanto pesò nel suo profondo la dura reprimenda della Fia, che lo etichettò come “pilota pericoloso per la sicurezza degli altri piloti”?
“Gli cambiò la vita. Come tutti quelli che fanno questo mestiere, era convinto di essere il migliore, il più bravo. E sentirsi dire, già da campione del mondo, che era non solo sleale nei comportamenti, ma addirittura pericoloso per se stesso e per l'incolumità degli altri, be', non gli fece sicuramente piacere, anzi. Credo che sia stata una delle porcherie più vergognose nella storia della giustizia sportiva di tutte le discipline. Venne messo alla gogna, fu umiliato e ne soffrì in modo spaventoso. Sono convinto che non l'abbia mai cancellata dalla profondità della sua anima”.

Senna e Schumacher: i campioni si riconoscono, si annusano, si trovano. A volte, si scelgono.
“Succede ai fuoriclasse assoluti. Successe a Gino Bartali, che mi raccontò che fin da un primo casuale incrocio in allenamento sulle strade tra il Piemonte e la Liguria riconobbe la classe di un giovanotto sconosciuto, che poco dopo sarebbe diventato la sua nemesi, il suo grande avversario. Si chiamava Fausto Coppi. Successe pure a ingemar Stenmark, che fu uno dei primi a intuire le potenzialità di un ragazzotto italiano che l'avrebbe messo nei guai negli anni a venire, tal Alberto Tomba. L'ostilità che Senna dimostrò a più riprese nei confronti di Schumacher, che all'epoca era un debuttante della F.1, la dice lunga sulle sensazioni che provava il pilota brasiliano. Senna aveva capito che quel tedesco lì l'avrebbe detronizzato presto o tardi. Poi, il caso. Il 1° maggio del 1994 era Schumacher l'unico avversario in pista di Senna, che morì quando era in testa alla corsa. Forse, un segno del destino”.

Per Giancarlo Minardi, l'erede del campione di San Paolo è Fernando Alonso.
“Me la potrei cavare con il famoso slogan che dice che non bisogna paragonare atleti di epoche diverse perché è tutto troppo distante. Ed è vero, non funziona quasi mai. Tuttavia, posso dire che in vent'anni di carriera ho ammirato da vicino alcuni grandi campioni eppure non ho mai visto nessuno come lui. Senna era unico. Ha portato la F.1 oltre i confini di questo sport. Era vissuto come un mito anche da quelli che non erano appassionati specifici della materia. Questa è una dote rarissima, comune ai grandissimi. Lui come Alberto Tomba, Muhammad Ali, Valentino Rossi. Unico e inimitabile”.

Twitter: @dario_pelizzari

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Dario Pelizzari