#forkidsforlife: corsa e solidarietà ai tempi dei social network
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#forkidsforlife: corsa e solidarietà ai tempi dei social network

Annalisa, manager e mamma, ci racconta come da un incontro su twitter si può portare (di corsa) l'acqua ai bambini del Senegal

Mettete insieme i social network, la passione per la corsa e un bel pò di solidarietà e avrete la ricetta di #forkidsforlife, un'iniziativa benefica nata su twitter che sta contagiando i runner (e non solo) di tutta Italia. Alessandro, manager maratoneta , e Annalisa, manager e fiera mamma di due bimbi, si sono conosciuti per caso sul famoso social dei 140 caratteri e proprio lì è nata, per motivi diversi, l'idea di fare del bene utilizzando le risorse del web...

Allora Annalisa, ci spieghi com'è nato #forkidsforlife?

"Premetto che io e Alessandro ci siamo conosciuti su twitter davvero per caso e che per il momento non ci siamo ancora nemmeno incontrati. Ero in un periodo particolare dato che mio figlio aveva da poco subito un trapianto di fegato e sentivo il bisogno di dare un messaggio positivo e restituire qualcosa all'associazione di cui faccio parte, AITF Bimbi Onlus, che mi aveva aiutato in quei momenti difficili".

E Alessandro, tuo "socio" in questa avventura, come entra a far parte di questo percorso?

"Siccome anche lui faceva parte di una associazione (ACRA ONG ndr) abbiamo deciso di unire le due cose creando iniziative che si sviluppassero online per poi concretizzarsi nella vita reale. Ed eccoci qua".

Nella pratica come funziona questa specie di associazione virtuale?

"Dato che Alessandro fa il runner abbiamo pensato di creare una maglietta con la scritta #forkidsforlife da far indossare agli atleti durante le gare, per guadagnare visibilità e alimentare il canale twitter al cui stiamo per aggiungere una pagina facebook".

Com'è possibile creare qualcosa di così reale partendo unicamente dai social network?

"Dietro c'è un forte lavoro di marketing PR però, in maniera molto più tradizionale, ci arrangiamo contattando anche i gruppi podistici. Attività online e offline non sono due cose scollegate".

Ci vogliono competenze particolari per fare tutto ciò?

"Sia io che l'altra anima del progetto lavoriamo nella comunicazione, però ci diamo da fare nel tempo libero, magari alla sera dopo aver messo a letto i bimbi. Non essendo un'organizzazione ufficiale non abbiamo ancora una struttura precisa che ci possa aiutare. Ma ci stiamo muovendo...".

Cosa ti spinge a farlo nonostante gli impegni di lavoro e famiglia?

"So che sembra banale, ma dopo quello che ho passato non riesco a non dire alle persone che la vita è bellissima e che se la devono godere fino in fondo, perché c'è chi vorrebbe farlo ma non lo può fare".

In che modo vi aiutano le persone con cui entrate in contatto?

"Ci possono aiutare più o meno in qualsiasi modo, è sufficiente aver voglia di "partecipare" (parola chiave sui social network ndr). Si va dalla donazione diretta (attraverso piattaforme online come iodono.com e retedeldono.it ndr) fino all'indossare, come detto, la nostra maglietta durante le maratone. Oppure anche solo ritwittando i nostri post o parlando di noi durante una telefonata in radio, come ha appena fatto un nostro follower di Torino".

E questo modo particolare di fare solidarietà ha già raccolto i suoi frutti?

"Lo scorso Natale ci siamo inventati un sacchetto in neoprene e abbiamo raccolto 800 euro in una sera. Credo che la cosa funzioni perchè le persone vedono subito dove vanno a finire i loro soldi".

In che senso?

"I social danno la possibilità di mostrare il frutto del proprio aiuto. I runner poi sono particolarmente sensibili al valore della solidarietà. Forse una spiegazione del nostro piccolo successo è che ci concentriamo su progetti piccoli ma molto concreti."

Ad esempio?

"Alessandro aveva da sempre il sogno di portare acqua pulita ai bambini che vivono nel villaggio di Thengory in Casamance, un'area rurale nel sud del Senegal. E così si è inventato l'hashtag #centomilapassi (più o meno quelli di una maratona) con il quale raccoglieva un centesimo di euro ad ogni passo che faceva in gara. Nel frattempo io ho contribuito promuovendo #civuolefegato che accoglie le voci di chi ha passato momenti difficili nella sua vita. In questo modo abbiamo raccolto oltre diecimila euro in meno di sei mesi e oltre ad avere realizzato la rete idrica in Senegal ci siamo "permessi" di acquistare seggiolini per bimbi e sonde ecografiche. Abbiamo persino visto nascere i nostri primi ambasciatori...".

Ambasciatori?

"Non sono proprio testimonial, ripeto che non c'è nulla di ufficiale, però sono dei runner che ormai indossano costantemente la nostra maglietta. Posso dire che a modo nostro saremo presenti alla Maratona di Roma, di Milano e di Torino. Ah dimenticavo. Abbiamo quattro triatleti che si stanno preparando per l'Ironman di Francoforte del prossimo luglio".

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Teobaldo Semoli