"Un altro calcio è possibile", la lezione della squadra dei preti
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"Un altro calcio è possibile", la lezione della squadra dei preti

L'altra faccia di uno sport sempre più vittima della violenza: quella offerta da sacerdoti e Forze armate nello stesso weekend di San Siro

Mentre a San Siro i fumogeni croati offuscavano la vista di un’Italia ingrigita dai risultati internazionali (scarsi), dai suoi migranti con sempre minore fortuna – vedasi Balotelli e Immobile, ma anche Capello e Ranieri – e in generale da un movimento azzurro forse mai così al ribasso, in un campo della periferia romana andava in scena un’altra partita, anzi, “un altro calcio”. Protagoniste dell’evento – che si chiama proprio “Un altro calcio è possibile” – le squadre di Esercito, Guardia di Finanza e Aeronautica Militare, più un’agguerritissima formazione di seminaristi e sacerdoti capitanata dal vulcanico commissario tecnico Padre Oscar Turrion. 

Guarda il video degli scontri dopo la partita della Nazionale a San Siro

“Per noi il calcio è una cosa seria – spiega Padre Oscar – tanto che se guardate i programmi di studio dei collegi e delle università pontificie (da cui viene selezionata la gran parte dei giocatori, ndr) vedrete che la pratica dell’attività sportiva è parte integrante del percorso di studi e di formazione”. Anche per questo, ma non solo, i ragazzi dei seminari – quasi tutti stranieri e provenienti dai collegi messicano, latino americano e Gallico – si allenano due volte a settimana sul campo del collegio pontificio Maria Mater Ecclesia: “Il mercoledì, dalle 18.30 alle 20.30, svolgiamo la preparazione atletica – continua il prete – il sabato invece alleniamo i fondamentali tecnici, individuali e di squadra, con il mister Leo”.  Leo, ex giocatore, sarebbe oltre che il mister il genero di un certo Felice Pulici, portiere della Lazio Campione d’Italia nel 1974.D’altra parte la “Nazionale dei preti”, come viene affettuosamente chiamata nell’ambiente, suscita un alto grado di simpatia e attenzione, così che in questi anni tanti personaggi del mondo dello sport vi ci sono avvicinati, vuoi nel ruolo di allenatore o di testimonial, per una partita di esibizione o di beneficenza. 

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Padre Oscar Turrion insieme al capitano della formazione dell'Esercito, vincitrice della manifestazione.

Per entrare a far parte della squadra, che durante l’anno prende parte alla “Clericus Cup” organizzata dalla Città del Vaticano e riservata agli iscritti a istituti pontifici della Provincia di Roma, bisogna essere oltre che uomini di chiesa, degli "uomini veri". “Giocare a calcio non vuol dire solo dare dei calci a un pallone – spiega Padre Oscar –, ma è anche uso della libertà e del senso di responsabilità, due cose che vanno ben oltre il campo di gioco e che nel calcio professionistico mancano ormai quasi totalmente”.

Dal punto di vista calcistico, e non solo, la dottrina e la cura del sacerdote sono piuttosto chiare: saper gioire di quello che si fa, sia essa una vittoria o una sconfitta, ed essere retribuiti in funzione di quello che si è capaci di dare agli altri. “Non è compito mio dire se i giocatori sono pagati tanto o poco – conclude Padre Oscar – però posso dire che è sbagliato che guadagnino più di coloro che riescono, ad esempio, a salvare delle vite umane, siano essi medici o poliziotti. Da spagnolo (tifoso del Real Madrid, ndr) ieri leggevo su Marca un articolo su Cristiano Ronaldo idolatrato per aver salutato un bambino tifoso. Abbiamo disperato bisogno di idoli, quando basterebbe guardarsi intorno per trovare esempi di vita straordinari”. In altre parole sarebbe sufficiente tornare sulla “terra” e girare lo sguardo verso un campo di periferia, senza il rumore dei razzi e la nebbia dei fumogeni, per riuscire a intravedere, finalmente, un po’ di calcio. 

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Teobaldo Semoli