Beppe Bergomi e l'inconsapevole addio all'Inter
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Beppe Bergomi e l'inconsapevole addio all'Inter

Nel 1999 lo "Zio" giocò senza sospettare nulla la sua ultima partita in nerazzurro: i suoi ricordi. Con un solo rimpianto

"Beh per me è stato diverso, non ho deciso io". Giuseppe Bergomi, vent'anni di bandiera nerazzurra con 756 presenze tra il 1979 e il 1999, intervallate da 81 partite in Nazionale con 4 campionati del Mondo da protagonista, è intervenuto con una battuta nella recente "querelle" tra Totti e Spalletti e sul sapere scegliere il momento giusto per abdicare.

Ma dietro all'ironia c'è anche una verità storica: in effetti, mentre il 23 maggio 1999 giocava Inter-Bologna (3-1 il risultato finale), lo "Zio" non sapeva che quella sarebbe stata la sua ultima partita in nerazzurro. Anzi, al termine di una stagione intensa e travagliata come appunta quella 1998-1999, contraddistinta dall'avvicendarsi di ben quattro allenatori (Simoni, Lucescu, Castellini, Hodgson), Bergomi era convinto di poter dire ancora la sua. "Sono sempre stato molto onesto con me stesso", racconta a Bonimba. "Dai 30 ai 36 anni ho fatto sempre solo contratti annuali, proprio perché volevo verificare io stesso le condizioni per andare a avanti. Per questo sono certo che a 36 anni, dopo una stagione da titolare, quarti di finale di Champions League, dopo i Campionati del Mondo di Francia '98 dell'anno prima, ero ancora nelle condizioni di disputare almeno un altro Campionato".


Dello stesso parere non era però Marcello Lippi. Il futuro ct campione del mondo, la sua esperienza interista (peraltro tutta da dimenticare) la iniziò con una richiesta di "repulisti" generale. Via i senatori: Bergomi, Simeone e Pagliuca, dentro Panucci, Jugovic e Peruzzi.

Sulle gradinate di San Siro si è spesso sussurrato di uno scarso feeling tra Beppe e il presidente Moratti, alla base anche di un mancato inserimento in società, come invece avvenuto per Javier Zanetti (l'unico a superarlo in presenze nella storia interista), ma Bergomi smentisce. "Nel mio periodo da calciatore con Moratti abbiamo avuto un rapporto di reciproca stima, semmai dopo, quando sono diventato commentatore per Sky, forse è nata qualche incomprensione".

Rimane comunque alla cronaca la mancata opposizione di Moratti al diktat di Lippi. "Dissi a Moratti, presidente l'ultima parola è la sua", racconta sempre lo "Zio", per il quale dopo vent'anni di nerazzurro tatuato sulla pelle era impossibile prendere in considerazione il trasferimento sotto un altro stemma. Almeno in Italia. "Sì, mi è rimasto un rimpianto, non avere accettato la proposta del Coventry che mi presentò Mazzola. Avrei fatto un'esperienza in un calcio diverso, che mi ha sempre molto affascinato".

Così, senza più altre maglie, quel 23 maggio 1999 finì per ammainarsi senza alcuna celebrazione una delle più grandi bandiere nerazzurre dopo aver conquistato due scudetti, tre Coppe Uefa e 1 Coppa Italia, oltre all'ormai storico Mondiale del 1982.


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Filippo Nassetti