"Il nostro calcio attrae: ecco perché non bisogna avere paura dello straniero"
Vittorio Zunino Celotto / Getty Images
Lifestyle

"Il nostro calcio attrae: ecco perché non bisogna avere paura dello straniero"

Dopo Pallotta e Thohir ecco Mr Bee: prospettive, timori e necessità di regole. Colloquio con Maurizio Beretta, presidente della Lega Calcio

Il calcio italiano ha vissuto una stagione quasi perfetta: recupero nel ranking Uefa, Napoli e Fiorentina competitive in un'Europa League finalmente non più snobbata e la finale della Juventus che a Berlino ha mancato l'aggancio alla Champions League, ma ha mostrato la via a tutti gli altri. E poi il Milan che diventa (in parte) asiatico e la sensazione di un salto nel futuro che dovrà riportare la serie A ad essere pienamente competitiva con i principali campionati che ci hanno superato in termini di appeal. Una piccola età dell'oro che apre a riflessioni insieme a Maurizio Beretta, presidente della Lega di serie A.

Presidente Beretta, prima Pallotta e Thohir, adesso Mr Bee. L'arrivo di capitali stranieri sulla serie A è una buona notizia?

"Penso di sì e penso che da quanto sta accadendo si possono ricavare alcune riflessioni. La prima, ad esempio, è che i grandi marchi del nostro calcio sono molto attrattivi e questo è un valore costruito nel tempo con grandi successi sportivi e con un patrimonio di valore e riconoscibilità che rende orgogliosi"

Poi?

"Poi dobbiamo essere soddisfatti perchè arrivano risorse fresche che entrano nel calcio italiano e questo può rappresentare un contributo per una crescita ulteriore. Dobbiamo prendere atto per tante ragioni di quadro generale economico e di regole del fair play finanziario che la stagione dei mecenati è da considerarsi finita e dobbiamo assumere sempre più modelli di impresa nel sistema del pallone. Il confronto fra modelli manageriali che prevede la presenza di più soggetti dentro la stessa società spinge in questa direzione"

Insomma c'è solo da festeggiare?

"E' certamente positivo e in questo caso c'è il valore anche che il controllo della proprietà resta italiano. E' un'iniezione di risorse e un riconoscimento del valore del calcio della serie A molto importante"

Anche Mr Bee ha detto che l'anima del Milan deve restare italiana e sarebbe un assurdo che diventasse solo straniera. E' questa la strada giusta e se altri hanno problemi oggi è perché si fa fatica a tenere insieme le due anime del discorso?

"Ogni volta che si costruisce qualcosa di nuovo ci vuole un momento di apprendimento che richiede un po' di tempo. Il dato importante, però, è il brand della squadra e la storia della società che si rinnova in continuazione".

Che il presidente stia a migliaia di chilometri non conta?

"Succede anche all'estero e l'importante è darsi modelli di funzionamento adatti alla realtà in cui devono funzionare per garantire progetti che siano sostenibili economicamente nel lungo periodo e che diano risultati".

Qualcuno ha storto il naso scoprendo che la catena di controllo dell'Inter porta a paradisi fiscali; c'è necessità di regole scritte che diano garanzie di trasparenza?

"Noi dobbiamo guardare al fatto che la globalizzazione è una realtà. Vale quando parliamo di azionisti che vengono da fuori e quando, ad esempio, ci sono giocatori che possono essere convocati da nazionali differenti dalla propria".

Dobbiamo abituarci a un futuro sempre più così?

"Il valore di un club è dato dal suo marchio, dalla storia, dai trofei vinti e dal suo modello di governance. Siamo nell'era della globalizzazione e queste sono le regole del gioco".

I controlli che ci sono oggi bastano?

"Noi stiamo introducendo regole sull'ingresso di nuovi soci nei club, però le regole in assoluto non possono essere solo nostre perchè c'è una dimensione societaria che riporta anche ad altri soggetti che devono controllare".

Il calcio italiano attrae capitali adesso, però anche un nuovo proprietario potrebbe non poter investire per colmare il gap tecnico come altri, all'estero, hanno fatto prima. Il fair play dell'Uefa è troppo rigido?

"Il fair play finanziario è un richiamo forte per tutti perchè l'obiettivo di ogni società è costruire un modello che sia sostenibile".

Non era più così

"No e questo è il vero interesse di tutti a partire dai tifosi che hanno il diritto di sapere che la loro squadra del cuore hanno un presente e avranno un futuro. Le regole vanno nella giusta direzione. L'importante è che abbiano un lasso di tempo ragionevole per essere applicate e garantiscano una competizione equilibrata fra tutti e che siano condivise".

I più letti

avatar-icon

Giovanni Capuano