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Basket: Gherardini, la mente italiana del Fenerbahce che vuole l'Eurolega

Il club turco conquista la seconda Final 4 consecutiva, ma questa volta da favorito. E con Datome c'è anche il gm approdato a Istanbul dall'Nba

Perché nello sport non vale il principio dei "cervelli in fuga", altrimenti Maurizio Gherardini ne farebbe parte, anche se di suo ama definirsi semplicemente "un uomo che ha avuto la fortuna di poter affrontare sfide sempre diverse, vivendo esperienze incredibili". Primo manager straniero chiamato a gestire una franchigia Nba (i Toronto Raptors, di cui è stato vicepresidente dal 2006 al 2013), dopo una stagione agli Oklahoma City Thunder come consulente per gli affari internazionali nel maggio 2014 il forlivese Gherardini è tornato al di qua dell'Oceano per organizzare il progetto dell'ambiziosissimo Fenerbahce con il preciso mandato di contribuire a portarlo ai massimi vertici del basket europeo.

Approdato la scorsa stagione sotto la guida di un santone come coach Obradovic alla Final Four diEurolega, primo club della "mezza luna" a raggiungere tale traguardo, il Fenerbahce - rinforzato tra l'altro dall'arrivo di Gigi Datome - sarà ora di nuovo protagonista all'appuntamento decisivo di Berlino dal 13 al 15 maggio con l'obiettivo di arrivare a sollevare la massima Coppa del basket ed entrare una volta per tutte nella storia. "Nella tradizione turca", racconta lo stesso Maurizio Gherardini, "è considerato di buon auspicio lanciare l'acqua a chi si avvia a cercare di compiere un'impresa. L'anno scorso, alla partenza per Madrid, dopo un incontro con i tifosi all'interno della nostra arena ci siamo trovati circondati da una moltitudine di gente - a partire da tantissimi bambini - che ci lanciava secchiate a ripetizione e poi, lungo il tragitto verso l'aeroporto, abbiamo trovato la strada bloccata dal camion dei pompieri che ha praticamente lavato il nostro autobus con l'idrante. Questa volta uscirò di casa direttamente con l'impermeabile...".

Nessun rimpianto, quindi, per gli "splendori" del basket Nba?
"Assolutamente no, ma sin dall'inizio di quest'avventura, che tra l'altro per me si è aperta subito al meglio con la conquista del titolo turco poche settimane dopo il mio arrivo. La verità è che si tratta sempre di tentare di fare qualcosa di vincente in una realtà che ha un'arena di qualità Nba, tradizioni importanti, ambizioni con solide basi e un seguito degno appunto di una squadra del basket pro americano".

Possiamo quantificare?
"Il Fenerbahce, oltre a essere tra le prime 5 polisportive per traffico web a livello mondiale, conta infatti la bellezza di 30 milioni di tifosi sparsi un po' ovunque: ci capita spesso di vivere trasferte di Eurolega con migliaia di nostri tifosi emigrati - o figli di emigrati - che vengono a sostenerci occupando metà del palazzo, mentre nel tour americano dello scorso ottobre ci siamo ritrovati a giocare a Brooklyn contro i Nets con in tribuna 7 mila turchi su 9 mila spettatori con tanto di maglia ufficiale... Anche se a stupirmi davvero è stata la cena organizzata la sera successiva da Fenerbahce Usa, una comunità che raccoglie più di 200 mila turchi residenti tra lo Stato di New York e il Connecticut, in cui ho avuto l'ennesima dimostrazione di quanto questo club sia importante come elemento di aggregazione anche al di là dello sport".

In queste due stagioni cosa ha cercato soprattutto di mutuare dall'Nba a livello dirigenziale?
"Ho cercato, fatte le debite distinzioni, di portare quella mentalità dell'Nba che tende a migliorare di continuo l'organizzazione di un club, di crescere in maniera strutturata e in funzione dei dettami che ti impone la crescita della realtà di cui fa parte, ovvero dell'Eurolega. Quando ero a Treviso con la Benetton, ho vissuto in prima persona la nascita e la prima fase di sviluppo di quello che è il massimo torneo europeo: ritornandoci dopo 8 anni ho trovato un'organizzazione con molti più programmi e progetti, e soprattutto con ancora ampi margini di crescita".

Progetti e margini di crescita che hanno portato a una vera e propria guerra con la Fiba: un suo commento?
"Per ovvi motivi non posso e non voglio entrare nel merito dello scontro, ma mi preme far osservare che in fondo si tratta di due progetti analoghi, perché lo sport di alto livello non può più fare altrimenti. Negli Usa, tanto per rimanere in orbita Nba, si direbbe 'the economics': la direzione è quella e non è che l'etica dipende da chi la propone... La competizione di alto livello, per rimanere tale, ha bisogno di risorse che assicurino protagonisti di un certo tipo, quindi devi mettere i club in grado di avere quelle risorse".

Grazie anche e soprattutto ai diritti Tv...
"Ovviamente. L'Nba ha firmato contratti che dalla prossima stagione assicureranno alle franchigie 24,9 bilioni di dollari di contratto televisivo in 9 anni: in Europa non si può ambire a tanto, ma i club di vertice - e quelli che aspirano a diventarlo - hanno bisogno di poter sfruttare sempre al meglio il proprio brand per continuare a essere un elemento trainante a favore del basket in Europa, ma anche nei loro rispettivi Paesi. Ed è proprio in questa direzione che Euroleague Basketball si è mossa quando nel novembre scorso è stato firmato lo storico accordo decennale (con opzione per altri 10) con Img/Wme, leader assoluto delle sports marketing agencies a livello mondiale che garantirà alle competizioni gestite appunto dall'Euroleage (la Turkish Airlines Euroleague e la EuroCup, ndr) un investimento garantito di 630 milioni di euro e uno potenziale di oltre 800 milioni di euro".

In questo contesto di sport-business la Turchia come va collocata nel panorama della pallacanestro europea, al di là dei risultati del Fenerbahce?
"Nel basket la Turchia in questo momento è la lega più importante guardando agli investimenti, ai personaggi che ci giocano e ci allenano, alle aziende coinvolte come sponsor e alle prospettive future. La spagnola Abc e la Vtb (dove giocano anche le ricche squadre russe, ndr) sono certo vicine, ma non è un caso che ci siano quattro squadre turche in Eurolega e che, come dimostrano le polisportive come la nostra, ci siano altre 'eccellenze' nello sport turco, come ad esempio nel volley. Non è però solo una questione di sport-business...".

Ovvero?
"Da parte del Fenerbahce, come di altri club importanti, la cosa fondamentale è poi che gli investimenti vengono fatti in modo ponderato, studiando il modo di far poi rendere al meglio le risorse: mi è accaduto di parlarne anche con Giuliano Terraneo, che da noi è ds del calcio e che mi ha confermato la stessa strategia anche su quel fronte. Tornando nello specifico al basket, va poi detto che Nazionale turca ha recentemente collezionato una medaglia a tutti i livelli di Under: segno che c'è un lavoro dietro, un progetto di programmazione almeno a medio termine che riguarda non solo la crescita dei club, ma anche dei giocatori turchi al loro interno".

Viene da dire l'opposto dell'Italia...
"Vista dal di fuori, anche se ovviamente ho tanti contatti con la realtà della nostra pallacanestro, certi indicatori non sono necessariamente negativi. Alcune piazze stanno guadagnando l'interesse della gente e altre stanno tornando verso l'alto grazie alla Legadue: penso anche e soprattutto a Treviso, piazza alla quale sono affezionato per ovvi motivi, che sta facendo 5 mila spettatori di media a partita e potrebbe presto ritrovare la Serie A. Esclusa Milano, che può contare sulla passione e la disponibilità finanziaria di Armani, occorre però accettare il fatto che è cambiato il modo di fare il basket: non ci sono più i 'munifici benefattori' o le municipalità con forti inclinazioni sportive, così bisogna trovare risorse sul territorio".

Un invito quindi a puntare sulla formula del consorzio?
"Esattamente: una formula che non a caso si sta sempre più diffondendo in Italia e che in contesti come il nostro rimane l'unica strada efficace, anche se con un limite di risorse... Gli unici due elementi che permetterebbero di ribaltare il quadro sono uno impensabile e l'altro in forse: il primo riguarda la realizzazione di nuovi impianti, il secondo è collegato alla possibilità di recuperare le risorse dai diritti Tv. In Turchia è arrivata Infront con un interessantissimo discorso di sponsorizzazioni, ma qui entra il gioco l'appetibilità del prodotto che offri e, se non hai più risorse di tanto, diventa il classico discorso del cane che si morde la coda...".

In tutto questo la Nazionale, augurandoci che le sanzioni Fiba siano scongiurate come appena assicurato dalla Fip, può essere un volano fondamentale: concorda?
"Assolutamente, e l'arrivo di coach Ettore Messina è una grande notizia per la nostra Nazionale. Credo sia anche la persona giusta per interpretare il pre-olimpico, augurandoci appunto che la vicenda si risolva in positivo, perché il suo carisma compenserà tante cose e sarà importante per gestire un gruppo che ha personalità importanti e con un tasso di qualità a livello di squadra che il nostro basket non ha mai avuto".

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Paolo Corio