Se adesso te ne vai (io non so più chi sei)
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Se adesso te ne vai (io non so più chi sei)

La vicenda Di Cataldo-Millacci, ultimo esempio di gogna social

I fatti sono noti. La sconosciuta artista concettuale Anna Laura Millacci, accusa di violenze il compagno, il cantante praticamente scomparso dalle scene Massimo Di Cataldo, pubblicando delle foto scioccanti sulla sua bacheca di Facebook. Le foto di lei, sanguinante, e del feto abortito fanno scattare l’indignazione del web e il procedimento d’ufficio della procura di Roma contro Di Cataldo: maltrattamenti e procurato aborto.

Di Cataldo, dopo aver dichiarato di essere lui la vera vittima di violenze fisiche da parte della compagna, sempre su Facebook, nega tutto: “Io non ho fatto nulla di ciò per cui vengo accusato, credetemi. Ho amato questa donna per tanti anni, al punto anche di annullarmi per lei, e oggi non la riconosco più, visto che, con tanta sconsideratezza, ha messo in scena questa farsa”. Se il cantante dicesse la verità la donna rischia una condanna per calunnia e procurato allarme.

Il web si divide. Molti accusano Anna Laura di aver montato tutto per farsi pubblicità. Gli scatti risalirebbero a circa venti giorni fa (secondo altre ricostruzioni, allo scorso ottobre). "Sono stata picchiata e ho abortito per una stupidaggine, mi ha dato due ceffoni durante una lite per futili motivi", avrebbe detto la donna agli investigatori. Con quelle parole, “futili motivi”, il cui tono premeditatamente giuridico rende tutto ancora più agghiacciante.

Come per le foto dell’atterraggio sulla Luna si sprecano i commenti tecnici che sostengono l’ipotesi di una farsa. La mancanza di tumefazione ne è un esempio. Il colore del sangue e dei lividi un altro.

Ma Anna Laura sostiene di essere stata picchiata da sempre, anche quand’era incinta (perché lei voleva chiamare sua figlia Anna Lou e Di Cataldo non voleva chiamarla come la figlia di Morgan). L’esempio del suo temperamento irascibile, sostiene, è sotto gli occhi di tutti: le sue reazioni durante il reality show Music Farm. Però, a fronte delle terribili accuse che muove, dichiara: "Non lo voglio denunciare. È il padre di mia figlia. Non mi sono resa conto che le foto erano visibili a tutti, pensavo che potessero vederle solo i miei contatti. Non mi ha chiamata nessuno, né avvocati, né polizia. Solo l’ufficio stampa di Massimo chiedendomi di togliere le foto da Facebook".

Durante una sentita intervista con Selvaggia Lucarelli ha aggiunto alcuni raccapriccianti dettagli: “lo so che può suonare folle per chi non fa il mio lavoro, ma quando ho abortito ho preso tutto quello che il mio corpo stava espellendo e l’ho messo su un quadro che si chiama 'Le cose che ho perso'" costringendo la giornalista, che si dichiara certa della veridicità delle dichiarazioni della sua intervistata, ad ammonirla: “chi subisce violenza per così tanti anni senza ribellarsi ha un’inconscia, malata, perversa complicità con il proprio aguzzino. Una scarsa autostima. Chi picchia è uno schifoso che va curato, ma va curato anche chi quelle botte se le piglia per anni”.

Siamo alla fiera del grottesco. Quali siano effettivamente i fatti lo attesterà il tribunale. L’aspetto più disgustoso è dato dalla spettacolarizzazione dei panni sporchi, il teatrino dei social che si trasformano in una puntata di Forum interattiva. Senza la moderazione di Rita Dalla Chiesa sono i commenti e le interviste a far pendere la bilancia della gogna mediatica da una parte o dall’altra. È superfluo ribadire come questa vicenda non rifletta una presunta conflittualità di genere, non abbia a che fare col rapporto uomo-donna ma nasca dal rapporto infelice tra due persone problematiche. E il risultato sono azioni manesche e piazzate teatrali.

Un apice di squallore in cui la dimensione social amplifica la mancanza di senso di questi rapporti. Forse, invece di continuare ad alimentare la spirale di volgari pettegolezzi, dovremmo riflettere su chi sono le vere vittime di questa orrenda storia. Con un appello moralistico che però molto più senso di tutto il resto. Sintetizzabile nel ritornello della moglie del reverendo Lovejoy del celebre cartone animato I Simpson: "Perché nessuno pensa ai bambini?"

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Marco Cubeddu

Nato a Genova nel 1987, vive a Roma, è caporedattore di Nuovi Argomenti e ha pubblicato i romanzi Con una bomba a mano sul cuore (Mondadori 2013) e Pornokiller (Mondadori 2015). Credits foto: Giulia Ferrando

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