Privacy e tecnologia, il matrimonio è possibile
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Tecnologia

Privacy e tecnologia, il matrimonio è possibile

Il confine tra spazio pubblico e privato passa da molte variabili, design incluso. Lo dimostra il Salone del Mobile. E fenomeni come Periscope

Può sembrare un paradosso, un incidente logico, accostare un evento come il Salone del Mobile al concetto di privacy. Uno è vetrina dell’ostentazione, messa in mostra per eccellenza; l’altro è terreno della riservatezza, della sottrazione come antidoto all’addizione perenne dell’hi-tech. Eppure. Eppure un incontro c’è eccome, come dimostra la tavola rotonda organizzata da Ford nel primo giorno della fiera con esponenti di due mondi in apparenza distanti, una coppia di universi che faticosamente potrebbero sfiorarsi: social network e design.

Non è un cortocircuito, ma una lampadina accesa su un futuro diventato presente: «La tecnologia cambia il modo in cui interagiamo con le cose. Prima bastava un tasto per scegliere il piano dell’ascensore o il canale che volevamo vedere in tv. Oggi si va oltre il tatto. Il web è entrato nelle cose. E le cose sono esperienze» ragiona Gus Desbarats, presidente della British Industrial Design Association, proprio mentre l’osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano quantifica il mercato tricolore degli oggetti connessi in 1,55 miliardi di euro. Un boom.

Tutto troppo etereo? Niente affatto. Prendiamo le auto: sono oggetti connessi e sono un incrocio di spazio pubblico e privato. «Nel crearne gli abitacoli, dobbiamo trovare un bilanciamento tra quanto le persone vogliono essere visibili e quanto desiderano essere protetti dall’esterno. Esigenza, quest’ultima, oggi prevalente» interviene Moray Callum, vicepresidente del design global dell’ovale blu. Ecco dunque emergere il ruolo che si è ritagliato il design, il peso specifico degli atomi nell’epoca dei bit: costruire una vettura, ma anche uno smart watch o un qualsiasi elemento d’arredo con una connettività di serie, vuol dire e sempre più significherà decidere di vestirlo con caratteristiche che salvaguardino la privacy di chi andrà a utilizzarlo oppure metterla a rischio. Non con il dolo, ma non tutelandola abbastanza. Banalmente, per esempio, non prevedendo protocolli di sicurezza complessi da aggirare.

La tecnologia ci permetterà di fare cose che pensavamo di non poter fare. Dobbiamo avere la possibilità di coinvolgere gli altri o di non permettere loro di vederci mentre le facciamo

«Tutto quello che è tecnologia è comunicazione che viaggia alla velocità della luce. Una scelta di design può generare molti benefici o altrettanti danni collaterali» rimarca Desbarats. Che poi, ecco l’anello di collegamento, è esattamente ciò che fanno i social network. Si pensi al boom di Periscope, il programma che permette di trasmettere la propria vita in diretta: «L’esperienza più vicina al teletrasporto» per usare la definizione data da Salvatore Ippolito, country manager italiano di Twitter, l’azienda proprietaria di Periscope.

Un momento dell'incontro organizzato da Ford al Salone del Mobile

«La nostra missione» spiega Ippolito «è connettere istantaneamente le persone. Creare un ponte tra loro. Ma c’è sempre una scelta a monte. Posso trasmettere una visita al museo Egizio di Torino come posso mostrare cosa c’è nel mio frigorifero. Posso twittare mentre sono allo stadio con i miei figli e il giorno dopo estratti di un mio intervento a un evento pubblico. Sono due facce della stessa medaglia. Ciò che conta, di questi strumenti, è che ti danno la libertà regolarti come vuoi. Di essere pubblico e privato. Al centro c’è l’uso che decidi di farne. O non farne».

Ecco. Il medesimo concetto va trasferito agli oggetti. «Nella design experience deve entrare obbligatoriamente il concetto di switch off, di spegnimento. La tecnologia ci permetterà di fare cose che pensavamo di non poter fare. Dobbiamo avere la possibilità di coinvolgere gli altri o di non permettere loro di vederci mentre le facciamo» osserva Callum. Chiude Desbarats: «L’innovazione è una somma di mattoncini lego. La differenza è come decideremo di combinarli tra loro».

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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