Mega, pirateria con la maschera della privacy
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Mega, pirateria con la maschera della privacy

Kim Dotcom dice di aver creato "the privacy company" e respinge le accuse di fare ancora business con contenuti rubati

Più grande. Migliore. Più veloce. Più forte. Più sicuro. Queste le parole che danno il benvenuto ai visitatori di mega.co.nz, la nuova piattaforma di Kim “Dotcom” Schmitz, che ha fatto la sua fortuna grazie alle reti P2P e a Megaupload, criticato (ma remunerativo) servizio di storage online oramai chiuso. Dotcom ha rilanciato il suo impero solo due giorni fa con un evento lancio nella sua sfavillante villa poco fuori Auckland. L’evento è stato caratterizzato anche da un falso intervento dell’FBI con un elicottero con tanto di logo stampato sul fianco e uomini vestiti di nero che si sono calati sulle mura della casa. Di tutti gli aggettivi che si possono accostare al nuovo progetto Mega, quello che desta più preoccupazione è il “più sicuro”.

Dotcom più di una volta ha dichiarato che Mega baserà molto del suo successo sull'attenzione posta alle regole di privacy, un particolare forse troppo sottovalutato dalla piattaforma Megaupload. “Capisco che alcuni dei nostri clienti avranno preoccupazioni a causa di quello che è successo prima” – ha spiegato Kim Dotcom – “e ci saranno alcuni che penseranno 'Dovremmo aspettare un po’ per vedere cosa succede prima di iscriverci al servizio', ma quando cominceranno ad utilizzarlo capiranno che è tutta un’altra storia”.

Quando chiesero a Schmitz perché Mega fosse più sicuro di Megaupload, disse che il servizio era stato a lungo studiato dagli avvocati come nessun’altra piattaforma web finora: “Ogni singolo pixel di questo sito è stato verificato per vari tipi di problemi” – aveva detto – “siamo certi di offrire un servizio del tutto compatibile con la legge. Non c’è bisogno di preoccuparsi di alcun tipo di perdita di dati, in nessun momento”. Ma forse non è tutto così semplice e chiaro. Un giornalista della testata statunitense Computerworld ha suggerito che il Governo avrebbe avuto da ridire sulla pratica di Mega di crittografare tutti i file senza sapere direttamente qual è il loro contenuto. “È un diritto umano fondamentale” – ha ribadito Dotcom – “è nella Carta dei diritti umani delle Nazioni Unite e quindi penso che sarà difficile che la crittografia venga considerata fuori legge”. Il problema principale sembra essere un altro. Il metodo di crittografia utilizzato da Mega è di natura open source e come tale sarebbe soggetto a pratiche di hackeraggio non impossibili. La comunità specializzata potrebbe quindi craccare le chiavi semplicemente provando tutte quelle possibili in un range predefinito e gli strumenti oggi a disposizione renderebbero tutto estremamente semplice.

Kim Dotcom è stato anche chiaro sul proliferare di contenuti illegali sul web: “Stanno cercando di incolparci per un fenomeno a noi indipendente” – aveva detto alla domanda di come Mega avrebbe prevenuto il traffico di materiale coperto da copyright – “Se qualcuno prende una multa per eccesso di velocità non si va dal concessionario per farlo chiudere”. Caro Kim non è esattamente così. L’industria culturale è già sul piede di guerra. Ad esempio la Motion Picture Association of America ha detto che si riserva il giudizio sul nuovo Mega anche se la storia personale di uno dei suoi fautori (Kim appunto) insegna qualcosa. Nel frattempo TorrentFreak riporta che un gruppo che rappresenta l’industria dell’intrattenimento per adulti prevede di fare pressioni su Visa e su altri servizi di pagamento per tagliare i ponti con Mega.

Queste reazioni non sono affatto sorprendenti se si pensa che il progetto Mega potrebbe essere una vera miniera d’oro per i contenuti pirata. Sarà semplice per il team divincolarsene? Basterà dire di non conoscere il contenuto dei file condivisi per non essere considerato colpevole? Pare di no. “La Direttiva Europea 2000/31 ha chiarito l’effettiva responsabilità di servizi del genere negli articoli 14 “Hosting” e 15 “Assenza dell’obbligo generale di sorveglianza” – ci spiega Luca Bolognini avvocato di ICT Law e data protection – “seppure Mega non può essere ritenuto responsabile per i contenuti caricati dagli utenti, deve entrare in gioco quando viene fuori che un determinato utenti, o gruppi di utenti, hanno utilizzato la piattaforma per lo scambio di materiale illegale. Qualora le forze competenti scoprano che vi siano azioni del genere, Mega non potrebbe esimersi dall’agire, se non incorrendo in una sanzione per non aver agito di conseguenza”.

Kim sente di avere il fiato sul collo ed è per questo che su Twitter, qualche ora fa, ha scritto: “Ci sono stati commenti negativi circa il nostro metodo di crittografia e sicurezza. Aspettatevi un post sul blog di Mega più tardi”. La questione è dunque annosa. Se da un alto Kim Dotcom afferma che il suo team non potrebbe mai conoscere il contenuto dei file caricati sul sistema, dall’altro la Direttiva Europea richiede che il soggetto che offre i servizi debba informare le autorità circa attività illecite sulla piattaforma. Ma se Mega non sa cosa viene scambiato tra gli utenti come fa ad intervenire? Ecco il nuovo Mega, il trionfo dei burocrati della Rete.

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Antonino Caffo

Nato un anno prima dell’urlo di Tardelli al Mondiale, dopo una vita passata tra Benevento e Roma torno a Milano nel cui hinterland avevo emesso il primo vagito. Scrivo sul web e per il web da una quindicina di anni, prima per passione poi per lavoro. Giornalista, mi sono formato su temi legati al mondo della tecnologia, social network e hacking. Mi trovate sempre online, se non rispondo starò dormendo, se rispondo e sto dormendo non sono io. "A volte credo che la mia vita sia un continuo susseguirsi di Enigmi" (Guybrush Threepwood, temibile pirata).

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