Quando i robot uccidono
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Tecnologia

Quando i robot uccidono

Diventano sempre più autonomi e umanoidi, quindi anche potenzialmente pericolosi per gli umani. E si registrano i primi casi di morte causati da queste macchine. Cosa succederà quando avranno davvero libertà di movimento?

Ormai ci siamo.
Certo, possiamo continuare a fingere di essere ancora negli anni ’80, a dirci che la tecnologia ha preso un altro corso, e che gli androidi faranno per sempre la parte di immaginari unicorni relegati allo steccato scientifico; ma la realtà è che ormai ci siamo: i robot sono tra noi.

Lo dimostrano una serie eventi, non ultima la ridda di acquisizioni, da parte di Google, della crema delle aziende specializzate in robotica e androidi, ma anche competizioni come DARPA Robotics Challenge in cui ai robot viene richiesto di eseguire una serie di compiti prettamente umani (come guidare una macchina, salire una scala, girare una manovella e recuperare un oggetto intrappolato tra i detriti).

Ma fino a poco tempo fa, l’area di intersezione tra uomo e robot era in gran parte occupata da macchine robotiche aziendali dotate di pochissima autonomia. I bracci meccanici che attualmente velocizzano i sistemi di produzione sono di solito isolati in apposite “gabbie” inaccessibili ai lavoratori umani. Eppure, per quanto al momento la situazione sia “controllata”, negli ultimi 30 anni, nei soli Stati Uniti, 33 persone sono rimaste uccise a causa dei robot . L’ultima nell’agosto del 2011, in un’industria alimentare: un manutentore stava cercando di riparare un guasto al nastro trasportatore quando è stato schiacciato da un braccio robotico in azione.

È naturale dunque che, con l’esponenziale sviluppo delle tecnologie robotiche registrato negli ultimi anni, e con le GoogleCar che scalpitano per espugnare le strade californiane, in molti si stiano chiedendo che tipo di impatto potrebbe avere la diffusione di robot più autonomi sulla sicurezza dei cittadini.

Ovviamente, prima che marchingegni come le auto di Google possano essere lasciati liberi di agire, sarà necessario introdurre schiere di sensori e software che consentano a queste macchine di valutare nel minimo dettaglio quando un movimento o un’azione possano recare danno a (o anche solo mettere in pericolo) degli esseri umani. Ma anche volendo immaginare il migliore degli scenari possibili, in cui ogni robot sia dotato di un sistema di sicurezza a doppio, triplo, decuplo controllo, nessuno è in grado di prevedere cosa comporti effettivamente integrare delle macchine autonome nella società di oggi.

C’è chi, come Google, sta lavorando senza sosta allo sviluppo di un cervello artificiale in grado di prendere decisioni, riconoscere il linguaggio e le azioni umane, e agire in risposta a qualcosa di simile all’intenzionalità e alle emozioni umane. Ma anche in questo caso, non è difficile immaginare che un’intelligenza artificiale così simile alla nostra, una volta lasciata libera di agire in autonomia, possa prendere decisioni non ortodosse e, alla fine, causare danno all’uomo.

Bisogna poi tenere conto del fatto che negli ultimi anni, gran parte degli investimenti in questo settore è arrivata da istituzioni militari, e siccome non viviamo nel mondo delle fate, è ragionevole ipotizzare che enti come DARPA, oltre ai tanto sbandierati robot-soccorritori, stiano lavorando a qualcosa di simile a un robot-soldato, che oltre a essere dotato di autonomia, sarà verosimilmente munito di armi.

A questo punto, la vera questione non è se arriveremo al punto di vivere fianco a fianco con una popolazione di robot antropomorfi, bensì: siamo pronti?

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