Pink Floyd: in "The dark side of the moon" la luna è metafora dell'alienazione
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Pink Floyd: in "The dark side of the moon" la luna è metafora dell'alienazione

Il capolavoro del gruppo inglese, pubblicato il 23 marzo 1973 in Inghilterra, ha venduto oltre 45 milioni di copie

Mentre il cd perde costantemente quote di mercato, salvo risollevarsi un poco durante le festività natalizie, lo streaming e la vendita di vinili continuano a crescere senza sosta. Un dato apparentemente contraddittorio, che in realtà ha una spiegazione.

C’è una musica liquida, di facile fruizione e con una vita piuttosto breve. La si ascolta distrattamente sui telefonini e sui tablet, a volte si scarica sul proprio pc, ma dopo alcuni mesi ha concluso il suo ciclo e non ne resta più traccia.

Esiste, al contrario, una musica solida, ideata con un preciso concept, che necessita della massima qualità sonora e di un supporto destinato a durare nel tempo, magari da tramandare di padre in figlio.

Nella seconda categoria rientrano naturalmente i dischi dei Pink Floyd, che con le loro architetture musicali, i loro suoni cosmici, le loro rivoluzionarie intuizioni hanno per sempre cambiato la faccia del rock, portandolo in territori fino ad allora inesplorati.

Tra questi, occupa un posto d'onoreThe dark side of the moon, pubblicato originariamente in Usa 46 anni fa, l'1 marzo 1973 (mentre in Inghilterra è uscito il 23 marzo 1973), da molti considerato il capolavoro della ricca produzione dei Pink Floyd e in classifica ininterrottamente da oltre 900 settimane, record ineguagliabile anche per gruppi iconici come i Beatles e i Rolling Stones, superando i 45 milioni di copie.

Pink Floyd: il mito in classifica da più di quarant'anni

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I Pink Floyd nei 60's. Da sinistra, Roger Waters, Nick Mason, Syd Barrett e Rick Wright

Alla fine del 2014 l'album The Endless river ha accostato alla musica dei Pink Floyd un nuovo pubblico, che forse venticinque anni fa, quando è stato pubblicato The division bell, era troppo giovane o magari neanche era nato.

La ragione è anche un’altra: mai come oggi c’è fame di buona musica.

Di album che non solo intrattengano, ma che procurino emozioni, allarghino la mente e permettano di guardarci allo specchio attraverso angolazioni inedite.

Il tempo, la morte, il denaro, l’incomunicabilità, la follia: tutti temi che trovate in The dark side of the moon. Nel 1973 il Watergate e la fine della guerra del Vietnam avevano spazzato via le utopie e le illusioni degli anni Sessanta.

Mentre la dimensione collettiva perdeva sempre più importanza, dopo lo sbarco dell'uomo sulla Luna il 20 luglio del 1969, l’unico viaggio decisivo da intraprendere era all’interno di noi stessi, senza trascurare le zone d’ombra, la “faccia oscura della luna”.

Già da Breathe è evidente che i Pink Floyd avevano abbandonato lo spazio per concentrarsi sulla dimensione terrena, sul respiro, sull’essenza della nostra umanità.

The great gig in the sky, sorretto dalle tastiere cinematiche di Richard Wright e dall’emozionante assolo vocale di Clare Torry, è un chiaro riferimento alla morte, anche se nel 1990 è stata votata da una radio pubblica come “Miglior canzone con cui fare l’amore”.

Money è stato l’unico blues in 7/8 ad arrivare in cima ai singoli di Billboard, mentre Time è una profonda riflessione sul trascorrere inesorabile del tempo e sulla sua inafferrabilità.

Lo stress dei viaggi e la paura di morire in volo attraversano On The Run, così come i conflitti politici e la guerra hanno ispirato Us And Them.

Il viaggio sonoro si conclude con Eclipse, il cui testo è un elenco di cose apparentemente senza senso(“Tutto ciò che tocchi/Tutto ciò che vedi/Tutto ciò che assaggi/Tutto ciò che senti/Tutto ciò che ami/Tutto ciò che odi/Tutto ciò di cui diffidi”…), che in realtà rappresenta la chiusura del cerchio.

Tra le tante leggende metropolitane che circolano su The dark side of the moon, una delle più suggestive è la sorprendente sincronia tra i brani dell’album e le immagini del film Il mago di Oz.

Secondo le intenzioni di Roger Waters le canzoni dell’album volevano essere “un’espressione di empatia politica, filosofica e umanitaria”.

Il batterista Nick Mason ha dichiarato: “Credo che ogni album precedente sia stata una tappa verso The dark side of the moon”.

“E' un album veramente eccellente -ha sottolineato Rick Wright- Io non so come mai continui a vendere e vendere, non lo so. È come se avesse toccato un nervo scoperto. Sembra che tutti stessero aspettando quest'album, o meglio, che qualcuno facesse un album come questo".

“Era una lotta tra il desiderio di estendere i nostri confini- ha spiegato David Gilmour- e il bisogno di avanzare in modo sperimentale, e contemporaneamente restare melodici”.

“Ci sono un insieme di cose che esercitano influenza sull’individuo -ha aggiunto Roger Waters- che colorano la sua prospettiva esistenziale. Ci sono forze che ti spingono in una certa direzione e che ti spingono alla morte, alla pazzia, all’immedesimazione, all’avidità o altro. C’è un principio di fisica newtoniana interessante e su quella si basa l’album”.

Il disco si chiude con le parole di Gerry O’Driscoll, il portiere dei leggendari studi di Abbey Road: Non c’è un lato oscuro della luna, tutto è oscuro”.

Per fortuna c’è la musica dei Pink Floyd a portare sulla Terra un po’ di luce.

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Gabriele Antonucci