«Prima o poi qualcuno doveva dirlo». E Michele Morrone ha deciso di dire proprio tutto. Dopo l’intervista a Belve, andata in onda il 20 maggio, l’attore ha deciso di ribadire il suo pensiero anche sui social e parlare ancora una volta del cinema italiano oggi.
L’intervista a Belve con Francesca Fagnani
Un attacco diretto, personale e senza filtri, che alimenta un dibattito acceso sul sistema culturale italiano. La miccia era già stata accesa ieri sera durante la puntata di Belve, quando Morrone, incalzato da Fagnani, aveva risposto con un pizzico di provocazione alla richiesta di nominare tre attori più bravi di lui: «Alessandro Borghi».
E tre peggiori? «Quasi tutti», aveva replicato. Una battuta che ha subito fatto discutere e che ha portato l’attore a chiarire ulteriormente il suo pensiero tramite Instagram, dove ha pubblicato un lungo messaggio per ribadire il suo distacco dal sistema cinematografico italiano.
«Non mi sento parte del cinema italiano»
«È un pensiero che ho da tempo e, credetemi, non sono il solo», scrive Morrone. Secondo l’attore, il cinema italiano sarebbe governato da un’élite chiusa e autoreferenziale, che esclude chi non rientra in certi schemi ideologici o accademici.
«Se non hai studiato alla Silvio D’Amico o al Centro Sperimentale non sei nessuno, se non la pensi con il cuore a sinistra sei solo un fascista», denuncia Morrone, criticando quella che definisce l’ipocrisia del mondo dello spettacolo. «Avete rotto il ca**o», scrive senza mezzi termini.
L’attacco all’ideologia del «finto impegno»
Ma il suo sfogo va oltre la critica alla formazione tradizionale. Morrone punta il dito contro quella che percepisce come una falsa coscienza politica del cinema d’autore italiano. «Tristi e finti poeti maledetti ubriachi, ma con lussuosi appartamenti e villini al mare», scrive, accusando gli attori più celebrati di recitare ruoli sociali solo per compiacere un certo immaginario.
Il riferimento a Luca Marinelli è esplicito: «Gente che ‘si sente male’ per aver interpretato il Duce, ma si riprende molto bene dopo aver incassato milioni», dice l’attore, mettendo in discussione l’autenticità del loro impegno civile.
Un invito: «Fate politica, non cinema»
Nelle battute finali del suo messaggio, Morrone lancia una provocazione dura: «Se davvero volete fare i rivoluzionari, scendete in politica. Candidatevi e provate a cambiare davvero qualcosa». Il tono è amaro, diretto, esasperato.
E chiude con una stoccata ai discorsi “moralisti” da palcoscenico: «Dei discorsetti post-premiazione David di Donatello ci siamo rotti bellamente il ca**o».