Red carpet, star system e una tequila che ora lascia l’amaro in bocca. Casamigos, il celebre brand di tequila lanciato dall’attore George Clooney e dall’imprenditore Rande Gerber (marito della supermodella Cindy Crawford), si ritrova oggi al centro di un’accusa pesante: quella di aver mentito sull’etichetta. Il marchio, ormai parte del portafoglio miliardario del colosso degli alcolici Diageo, è stato citato in giudizio negli Stati Uniti per pubblicità ingannevole. Il motivo? Secondo una class action appena avviata, la tequila venduta come «100 per cento agave» conterrebbe invece alcol derivato da… zucchero di canna.
L’impero di Casamigos
Nata tra brindisi e risate tra amici ricchi e famosi a Cabo San Lucas, Casamigos sembrava destinata a rimanere una chicca privata. Invece, in pochi anni è diventata un successo globale, complice il giusto cocktail di fascino VIP, storytelling accattivante e promesse di qualità. L’etichetta non lascia spazio ai dubbi: tequila realizzata con «100 per cento Blue Weber Agave», una varietà pregiata che richiede tempo, attenzione e un bel po’ di pazienza per crescere.
La scommessa ha funzionato alla grande: nel 2017, Diageo — gigante dell’industria alcolica — ha acquistato il brand per un miliardo di dollari. Un investimento che si è rivelato vincente, con Casamigos tra i distillati messicani più venduti al mondo.
L’accusa
Tutto perfetto, finché un gruppo di consumatori tra New York e New Jersey non ha deciso di sollevare il coperchio. Nella causa presentata il 6 maggio davanti alla corte federale di Brooklyn, si sostiene che le bottiglie Casamigos vendute come «100 per cento agave» contengano in realtà una percentuale non dichiarata di alcol proveniente da altre fonti, nello specifico dalla canna da zucchero. E questo, se confermato, violerebbe le normative sia statunitensi che messicane.
In base alla legge, infatti, solo un distillato ottenuto esclusivamente da agave blu può fregiarsi della dicitura “100% agave”. In caso contrario, la tequila deve essere classificata come “mixto”, ovvero un prodotto misto — più economico e, per molti intenditori, decisamente meno pregiato.
Tra coloro che hanno firmato la denuncia figurano un noto ristoratore kosher e un esperto di mixology. Secondo la loro tesi, se avessero saputo la verità sulla composizione del prodotto, avrebbero optato per alternative più oneste e magari anche più convenienti. Chiedono risarcimenti per almeno cinque milioni di dollari — ma il valore simbolico della causa potrebbe essere molto più alto.
Gli elementi alla base della denuncia si fondano su nuove tecniche scientifiche di tracciamento dell’origine dell’alcol. I primi test avrebbero evidenziato tracce riconducibili proprio alla canna da zucchero. Per gli amanti della tequila pura, una vera e propria blasfemia in bottiglia.
La replica di Diageo: «Accuse false e infondate»
Non si è fatta attendere la risposta di Diageo, che ha bollato le accuse come «false e infondate». Il gruppo afferma che Casamigos – così come l’altro marchio coinvolto, Don Julio – è prodotto «nel rispetto degli standard ufficiali, utilizzando esclusivamente agave blu». Diageo ha dichiarato che difenderà «l’integrità e la qualità dei propri prodotti» in tribunale.
Nessuna dichiarazione, per ora, da George Clooney, che nonostante abbia venduto la sua quota, resta legato al brand come volto e ambasciatore. Il suo silenzio pesa, ma il suo coinvolgimento oggi è più immagine che operatività.
Un caso che fa tremare il mondo del lusso liquido
Al di là dell’esito processuale, la vicenda Casamigos suona come un campanello d’allarme per tutto il settore del beverage di fascia alta. Il mondo degli alcolici premium si regge su tre parole magiche: qualità, autenticità e trasparenza. Ma quando il marketing si fa più forte della materia prima, il rischio è quello di incrinare la fiducia dei consumatori.
La class action punta anche a ottenere un’ingiunzione per vietare a Diageo l’uso futuro di etichette potenzialmente ingannevoli. E il mercato osserva col fiato sospeso. Se le accuse verranno confermate, altri marchi potrebbero finire sotto la lente d’ingrandimento.
Una storia che sembrava scritta per diventare leggenda – amicizie celebri, tequila artigianale, business da copertina – rischia ora di diventare un caso da manuale. Di quelli che insegnano quanto sia facile far saltare il tappo… quando la trasparenza non è cristallina.