Brigitte Bardot è morta a 91 anni. Con lei se ne va molto più di un’attrice: scompare un’idea di libertà assoluta, di corpo non addomesticato, di femminilità che non chiedeva permesso. La Francia perde il suo mito più riconoscibile, l’unico capace ancora oggi di attraversare generazioni, ideologie, fratture sociali senza mai diventare consenso facile.
B.B. non è mai stata rassicurante. Non lo è stata sullo schermo, non lo è stata nella vita, non lo è stata nemmeno nel modo di invecchiare. È rimasta fino alla fine una figura irrisolta, contraddittoria, indomita. Ed è proprio per questo che continua a parlare al presente.
Negli ultimi mesi aveva smentito con fermezza le voci premature sulla sua morte, riaffermando il suo diritto a sparire solo quando lo avesse deciso lei. Questa volta il silenzio è definitivo. Ma la sua presenza culturale no.
Non una diva, ma una frattura
Brigitte Bardot non è stata una diva nel senso classico. È stata una frattura. Ha spezzato il modo di guardare il corpo femminile nel cinema europeo, trasformandolo da oggetto elegante a forza destabilizzante. Il suo non era un erotismo accomodante: era inquieto, spesso doloroso, sempre fuori controllo.
Bionda, sensuale, vulnerabile, Bardot ha anticipato tutto senza volerlo: la crisi dell’icona, il peso dello sguardo pubblico, l’impossibilità di separare il corpo dall’identità. Prima ancora che il mondo avesse gli strumenti per leggerla, lei ne mostrava già le crepe.
Il cinema come campo di battaglia
Tra la fine degli anni Cinquanta e i primi Sessanta diventa il volto stesso di un’epoca. Lavora con i grandi, attraversa il cinema popolare e quello d’autore, fino a diventare simbolo dei tempi nuovi. Non interpreta personaggi rassicuranti: incarna donne irrequiete, libere, spesso giudicate, mai domate.
Il suo volto diventa quello di Marianne, la Repubblica francese. Un paradosso potente: una donna accusata di scandalo elevata a simbolo nazionale. Bardot è stata questo cortocircuito continuo tra istituzione e ribellione.
Il ritiro come atto radicale
Nel 1974, a meno di quarant’anni, lascia il cinema. Per sempre. Non tornerà, non farà camei, non concederà nostalgie. Una scelta brutale, definitiva, rarissima. Il successo, la celebrità, l’essere costantemente osservata avevano lasciato ferite profonde. Due tentativi di suicidio raccontano più di mille interviste il prezzo pagato per essere diventata un mito globale.
Da quel momento, la sua vita prende un’altra direzione. Si ritira a Saint-Tropez e dedica tutto alla difesa degli animali. Una causa che non è mai stata accessoria o di immagine, ma totalizzante, ossessiva, coerente fino all’estremo.
Il cordoglio della politica e della cultura
La morte di Brigitte Bardot ha attraversato immediatamente politica, cinema e istituzioni culturali, restituendo la misura di una figura che ha superato da tempo i confini dello spettacolo. Marine Le Pen ha parlato di «un dolore immenso» per la scomparsa di «una donna eccezionale per talento, coraggio, franchezza e bellezza», ricordando la scelta radicale di interrompere una carriera straordinaria per dedicarsi alla difesa degli animali, «difesi fino all’ultimo respiro con energia e amore inesauribili». «Era incredibilmente francese: libera, indomabile, integra. Ci mancherà enormemente», ha scritto.
Il presidente Emmanuel Macron ha affidato il suo ricordo a parole dense di simboli: «I suoi film, la sua voce, la sua gloria abbagliante, le sue iniziali, i suoi dolori, la sua generosa passione per gli animali, il suo volto diventato Marianne: Brigitte Bardot incarnava una vita di libertà. Esistenza francese, splendore universale. Piangiamo una leggenda del secolo».
Dal mondo del cinema, la Biennale di Venezia ha definito Bardot «diva indimenticabile e impareggiabile simbolo di libertà nei costumi e nel pensiero», sottolineando come poche figure abbiano messo in discussione in modo così radicale gli stereotipi femminili dell’era moderna, sia durante la sua breve e folgorante carriera sia attraverso le sue prese di posizione successive al ritiro dalle scene.
Anche Cinecittà ha voluto ricordarla come un’artista che «ha fatto progredire la società», capace di incidere non solo sul cinema ma sul costume e sull’immaginario collettivo europeo. Nei film girati anche in Italia, e in particolare negli studi romani, Bardot avrebbe contribuito – insieme a figure come Claudia Cardinale – a costruire una vera radice culturale comune, fatta di modernità, libertà e incanto.
Libera anche quando scomoda
Bardot non ha mai cercato di piacere a tutti. Le sue posizioni, anche politiche, hanno spesso fatto discutere, irritato, diviso. Non ha mai provato a smussare gli angoli, a rendersi più digeribile. Ha sempre rivendicato il diritto di essere contraddittoria, di pensare da sola, di non appartenere a nessuno schieramento.
È rimasta libera anche quando questa libertà le è costata l’isolamento.
Cosa resta oggi di Brigitte Bardot
Resta un’immagine che non invecchia. Resta un cinema che ancora interroga. Resta una figura che continua a disturbare, e quindi a vivere. In un’epoca ossessionata dal consenso, Bardot rappresenta l’opposto: l’icona che non chiede di essere amata, ma guardata.









