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Tecnologia

Perché Samsung deve dare ad Apple 539 milioni di euro

Dopo sette anni dalla prima denuncia ecco il verdetto: la cifra è alta ma verrà ripagata con gli introiti di sole due settimane

Il tribunale federale di San Jose, in California, ha deciso: Samsung dovrà versare nelle casse di Apple la cifra di 539 milioni di dollari. Il motivo? Una serie di violazioni che, secondo le indagini partite nel 2011, avrebbero permesso alla coreana di sviluppare design e tecnologie effettivamente prese in prestito dagli iPhone.

Perché le denunce

Si va dall’installazione delle antenne all’interno delle fasce presenti ai lati dei telefonini fino agli stessi angoli arrotondati che, nella loro declinazione più estrema, hanno assunto la forma degli Edge prima su Galaxy S6 e S7, poi su S8, S9 e la famiglia recente di Note. Insomma, senza la mossa dei melafonini non ci sarebbero stati gli smartphone con cui oggi, e da qualche anno oramai, Samsung occupa la prima posizione come principale venditrice di mobile phone, a livello mondiale.

Cosa succede ora

La vicenda legale che ha posto dinanzi le due superpotenze è giunta alla fine dopo una serie interminabile di deroghe, integrazioni e multe intermedie, quasi sempre a favore di Apple. Si conta che finora Samsung abbia rimpolpato le casse della concorrente con 548 milioni di dollari, 399 milioni dovuti alla violazione di brevetti di design e il restante per l’infrazione di altre proprietà intellettuali, mai realmente specificate.

Danno rilevante ma ammortizzabile

Chi sostiene che i 539 milioni di euro di multa costeranno un sacrificio ingente per Samsung non conosce i numeri del gruppo. Come spiega Bloomberg, nel computo dell’ultimo trimestre del 2018 la multinazionale ha guadagnato 38,9 milioni di dollari in profitti ogni giorno, cioè 1,6 milioni all'ora, grazie alle vendite dei suoi dispositivi, in gran parte smartphone. Vuol dire che la singola divisione del colosso, Samsung Mobile appunto, potrebbe pagare Apple con gli introiti di circa due settimane.

L’alba del misfatto

Se la corte statunitense è arrivata alla conclusione che abbiamo riportato un motivo ci sarà. Nel 2011, Apple aveva inteso come altamente invasivo, nel senso di copiato, il design software del Galaxy S 4G e del Galaxy Tab. Lo raccontava The Verge ad aprile di quell’anno quando scrive la reazione della Mela: “Il sistema è talmente simile da farli sembrare nostri prodotti”.

Il riferimento è alle icone, al loro ordinamento e presentazione nella TouchWiz, l’interfaccia proprietaria della serie S, replicata poi su tutte le altre. Eppure il debutto della Home era avvenuto già un anno prima, nel 2010, con un tale successo da far diventare il Galaxy S GT-i9000 Smartphone Europeo 2010-2011 dalla EISA, la European Imaging and Sound Association.

Panorama in evoluzione

Tante cose sono cambiate da quel momento e se l’iPhone aveva segnato una specie di standard nella costruzione dei telefoninitutto tocco, successivamente i marchi concorrenti hanno assunto un’identità peculiare, distinguibile dalla fonte originaria. Il panorama tecnologico si è spostato in modo significativo dal 2012. Apple ha ampliato la sua linea per includere modelli più costosi e altri più economici. Inoltre, ha rinnovato l’estetica interna con nuove icone, colori e gesture.

Da parte sua, Samsung ha abbracciato gli schermi curvi e gli scanner dell’iride, che Cupertino ha declinato in qualcosa di più complesso, il Face ID. Insomma, oggi nonostante il trend del notch gli esemplari dell’una e dell’altra hanno ben poco in comune. Lo stesso iOS ha preso da Android più di uno spunto per migliorare l’interazione con finestre e cartelle (pensiamo al Centro di controllo, un’estensione della barra superiore del sistema operativo di Google).

Si tratta di una rincorsa alla perfezione che ha fatto bene al mercato. Le due società rimangono un pelino avanti alla concorrenza nelle vendite e se il mondo smartphone non cresce più di tanto, è probabile che lo scontro proseguirà in altri campi: assistenti digitali, smart speaker, realtà virtuale e auto senzienti tra tutti.

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Antonino Caffo

Nato un anno prima dell’urlo di Tardelli al Mondiale, dopo una vita passata tra Benevento e Roma torno a Milano nel cui hinterland avevo emesso il primo vagito. Scrivo sul web e per il web da una quindicina di anni, prima per passione poi per lavoro. Giornalista, mi sono formato su temi legati al mondo della tecnologia, social network e hacking. Mi trovate sempre online, se non rispondo starò dormendo, se rispondo e sto dormendo non sono io. "A volte credo che la mia vita sia un continuo susseguirsi di Enigmi" (Guybrush Threepwood, temibile pirata).

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