Santoni
Alberto Bevilacqua

Il piacere di una scarpa limited "edition"

Santoni tra artigianato e industria, ma sempre con stile

I numeri per le scarpe Santoni sono fondamentali. Quelli relativi al fatturato, certo, ma anche quelli della messa in forma e dei passaggi di colore. Mentre altre aziende per la prima operazione se la sbrigano in un’ora, le Santoni restano in forma dieci giorni. E, ultimo tocco di classe, alle artigiane/decoratrici servono  dai sei agli otto passaggi di colore per completare la cosiddetta "velatura".

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"L’unicità del nostro prodotto si spiega così" chiarisce Giuseppe Santoni, 47anni, ad dell’azienda fondata da suo padre Andrea, figlio di contadini, nel ‘72 nel garage di casa sua. Allora si producevano solo scarpe maschili, otto anni fa si è aggiunta la linea femminile che rappresenta il 35 per cento del prodotto. Con il padre e la madre Rosa sempre in pista tra gli artigiani/operai, Giuseppe oggi sovrintende l’elegante quartier generale di Corridonia, dove i 600 addetti lavorano in 20mila metri quadri  ecosostenibili, tutti vetro, bianco e giardini verticali.
"Anziché puntare sull’emozione del logo noi curiamo la qualità coniugandola  a innovazione e stile". Così Santoni spiega i numeri in crescita e l’espansione verso i mercati esteri (l’82 per cento dei 70 milioni relativi all’ultimo fatturato), che dopo aver conquistato Usa e l’Europa ora ha puntato verso l’Asia.Una Santoni sportiva costa circa 300 euro, una classica 400/500, ma per la «limited edition» su misura, affidata a due artigiani che girano il mondo, ne servono anche 5 mila. Niente testimonial (la strategia aziendale non li prevede) ma tra i clienti ci sono  Dustin Hoffman e George Clooney. Che le anche messe (e non era product placemente) ai piedi di Jean Dujardin in uno spot di Nespresso.

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