Nokia 3310
Roberto Catania
Tecnologia

Da Nokia a BlackBerry: cosa c’è dietro la rinascita dei marchi scomparsi

Grazie al licensing, i brand che credevamo finiti tornano a vivere. Ma per tornare ai fasti di un tempo l'effetto nostalgia non basta

Ma sarà poi vero che le minestre riscaldate non funzionano mai? A giudicare da ciò che sta succedendo nel mondo hi-tech si direbbe proprio di no. Nokia, BlackBerry, e ancor prima Commodore, Kodak, Polaroid: la lista dei marchi che sembravano morti e sepolti e che invece sono improvvisamente risorti si sta allungando paurosamente. Miracoli del licensing, il modello commerciale che permette di acquisire i diritti di sfruttamento di un marchio (ma anche di un brevetto, o di un determinata competenza) per rilanciarlo in maniera più o meno coerente rispetto al precedente core-business.

Il passato come leva d'acquisto
C’è chi le chiama operazioni nostalgia, sottolineando la naturale pulsione dei consumatori verso tutto ciò che appartiene al passato. Quasi una tendenza inesorabile che investe tutti gli ambiti del nostro vivere, non solo quelli tecnologici. Lo abbiamo visto in questi anni: ad ogni cambio di decade scatta puntuale il movimento per il recupero dei modelli (stilistici, ma non solo) che hanno segnato il ventennio precedente. Così negli anni Novanta abbiamo assistito alla riesumazione dei Settanta, poi è stata la volta degli anni Ottanta, ora è il momento dei Novanta, con un occhio già proiettato ai Duemila.

Polaroid, la rinascita di un brand (quasi) morto


Giocattoli, gadget, merendine, capi di abbigliamento, canzoni
: tutto ciò che pensavamo appartenere al passato riaffiora magicamente nel nostro presente, con tutto il suo carico di ricordi. Ci riportano a quando eravamo più giovani, a quando non avevamo troppe responsabilità lavorative e familiari. Perché, insomma, crescere e invecchiare ci renderà pure più ricchi e più saggi (forse), ma chissà perché tutti vorremmo tornare indietro nel tempo, almeno per un istante.

Marchio vecchio, società nuova
Il fattore nostalgia, da solo, non è però sufficiente a spiegare le logiche commerciali che si nascondono dietro operazioni come quelle che hanno portato HMD o TCL (le aziende che hanno preso in licenza rispettivamente il marchio Nokia e BlackBerry) a investire nella resurrezione di brand praticamente falliti. Chi si lancia in questo genere di iniziative non lo fa certo per ragioni sentimentali. Di mezzo ci sono opportunità di business studiate nei minimi particolari. Ci sono investimenti, prestiti, imprese e imprenditori che si parlano a lungo, contratti da firmare, in alcuni casi cause da respingere.

C'è anche del rischio, come per ogni impresa, anzi, un po’ di più. In fin dei conti si tratta di risollevare le sorti di aziende che il mercato considera “bollite”. Nelle realtà che si lanciano in questo genere di imprese c’è però la convinzione (o forse dovremmo dire la presunzione) di poter rimediare agli errori che hanno portato alla scomparsa prematura di questi marchi.

Chi vuole resuscitare Nokia o BlackBerry ci sta dicendo che questi brand non sono morti, sono semplicemente andati in letargo per l’incapacità di una classa dirigente di leggere i cambiamenti del tempo e di innovare i processi di conseguenza. Nokia ha bucato l'appuntamento con le interfacce "touch", BlackBerry è scivolata sul sistema operativo, Polaroid e Kodak non hanno compreso il passaggio al digitale. Questione di competenze, ma soprattutto di visione a lungo termine. 

Il vantaggio di lavorare su un brand già conosciuto
A sostenere le ambizioni dei licenziatari ci sono poi altri due fattori. Il primo: la possibilità di ridurre i costi delocalizzando le produzioni, ad esempio nelle grandi fabbriche orientali. Il secondo, forse ancora più importante: la consapevolezza di avere fra le mani brand noti, che non hanno cioè bisogno di essere comunicati da zero. I loghi di Nokia, BlackBerry, Commodore - ma soprattutto i valori che essi rappresentano - sono già impressi nella testa dei consumatori, o perlomeno di una buona parte di essi.

Tutto il lavoro sulla costruzione del brand, sulla profilazione degli utenti e sulle community da intercettare è stato già fatto (e bene) da qualcun altro. Chi decide di acquistare una Polaroid sposa prima di tutto un concetto - l’istantanea da toccare con mano - forse uno stile di vita. Lo stesso dicasi per i BlackBerry, per anni icona di efficienza nel mondo business, o di Nokia con i suoi dispositivi "indistruttibili" che non si scaricano mai.

Dove sta l'innovazione?
Tutti questi discorsi rischiano però di perdere di significato senza un elemento differenziante, senza qualcosa che sappia tracciare una linea di demarcazione fra il vecchio e il nuovo. Il tema del cambiamento, della trasformazione, più in generale dell'innovazione è in questo senso cruciale. Lo dicono i fatti: in genere le operazioni nostalgia funzionano quando il recupero della tradizione si sposa con la modernità. La nuova Fiat 500 è stata un grande successo perché ha saputo combinare le linee retrò di un modello a suo modo leggendario con le tecnologie dei giorni nostri, e lo stesso dicasi per le fotocamere mirrorless ispirate alle vecchie macchine fotografiche degli anni settanta.

Fujifilm

In questo senso la critiche piovute addosso al nuovo Nokia 3310 all’indomani della sua presentazione appaiono alquanto legittime: in fondo cosa ce ne facciamo di un telefono che - per quanto bello ed evocativo - non ci permette di mandare un WhatsApp alla nostra fidanzata o al nostro migliore amico? Non molto, in effetti.

Al consumatore, come sempre, l’ardua sentenza. Senza fretta però. Il recupero dei beni del passato (anche quelli tecnologici) è un’attività lunga, da costruire nel tempo, correggendo il tiro se necessario. Che a volte basta qualche piccolo accorgimento per fare della minestra del giorno prima un piatto davvero prelibato.

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Roberto Catania

Faccio a pezzi il Web e le nuove tecnologie. Ma coi guanti di velluto

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