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ANSA / MAURIZIO BRAMBATTI
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Voucher, ecco come Renzi vuole toglierli di mezzo

Al referendum vincerebbero i Sì, quindi, per non prendersi un'alta batosta, l'ex premier preferisce disfarsene

La data del referendum sui voucher è stata fissata al 28 maggio. Ma non è detto che si voterà per forza.
Il governo Gentiloni ha infatti deciso di rimettere mano all'intera normativa prima limitando l'uso di questo strumento solo ai rapporti di lavoro di tipo familiare-domestico, poi la commissione Lavoro della Camera ne ha approvato la completa eliminazione, votando a favore dell'emendamento che abroga gli articoli 48, 49 e 50 del Jobs Act dedicati al lavoro accessorio.

L'emendamento prevede anche un periodo transitorio - fino al 31 dicembre 2017 - in cui si potrà continuare ad utilizzare i buoni lavoro già acquistati. A questo punto il governo, nel cdm di oggi, dovrebbe tradurre in decreto questa decisione della commissione, di conseguenza dall'entrata in vigore dello stesso i buoni lavoro non potranno più essere venduti. Ma come siamo arrivati a questo punto?

Storia dei voucher

Introdotti per la prima volta nel 2008 quando ministro del Lavoro era proprio Cesare Damiano e limitati alle “vendemmie”, i voucher servivano a pagare studenti e pensionati che lavoravano a giornata. Con la riforma Fornero del 2012 furono liberalizzati e nel 2014 promossi dal governo Renzi (con relativo aumento del tetto da 5mila a 7mila euro l'anno) a strumento per combattere il lavoro nero in settori ad alto tasso di precarietà.


Voucher, quando possono essere usati e quando no


Alcuni numeri
Del valore di 10 euro, di cui 7,5 destinati al lavoratore, comprendenti la copertura sia dell'Inps che dell'Inail, in questi anni i voucher sono stati utilizzati sia da imprese che da privati. Il boom si è registrato nel 2015: dai 500mila buoni venduti l'anno prima, si è infatti passati a ben 115 milioni. (LEGGI ANCHE: Occupazione, perché cresce il popolo dei voucher)

Il referendum della Cgil

A proporre un referendum sulla loro eliminazione è stata la Cgil. Secondo il sindacato guidato da Susanna Camusso “i voucher sono ormai di fatto uno strumento malato di sommersione e precarizzazione del lavoro: uno o due voucher servono per “coprire” un’intera giornata di lavoro ed anche piu', evitando controlli e pertanto favorendo, non ostacolando, il pagamento in nero”. (LEGGI Anche: Voucher, perché limitarne l'uso)

La posizione di Renzi
Dopo la batosta referendaria del 4 dicembre e a poche settimane dalle primarie Pd del 30 aprile e delle amministrative di giugno, Matteo Renzi ha deciso di mollare completamente la battaglia su questo argomento. Il rischio di offrire ai suoi avversari, interni (a cominciare dai suoi sfidanti alle primarie Michele Emiliano e Andrea Orlando) e poi esterni (da Sinistra italiana agli ex Pd, dalla Lega al M5S), una nuova arma per abbatterlo è troppo alto. L'ex premier vorrebbe che di voucher nemmeno si parlasse, né in campagna congressuale né in quella per le amministrative.

Il rischio di una nuova sconfitta
Se esiste il modo per evitare di andare al voto a poche settimane dalle consultazioni cittadine, per Renzi è necessario che sia messo in pratica. Una nuova batosta elettorale infatti indebolirebbe la sua presa sul partito appena riconquistato (in caso di vittoria alle primarie) e rischierebbe di compromettere l'esito delle amministrative. Meglio dunque rinunciare volontariamente a una legge del proprio governo prima di farsela di nuovo bocciare dagli italiani come è avvenuto con quella costituzionale.

I soliti avversari
L'ex premier, d'altra parte, ne ha già preso le distanze: “i voucher non sono stati una mia invenzione e con il jobs act non c'entrano nulla”. Come a dire: appartengono all'era Bersani e non sarà certo ora il renzismo a immolarsi per la loro conservazione. Se alla sinistra e alla Cgil non piacciono più, il decreto-ghigliottina è già pronto e servito. Lo schieramento dei favorevoli al Sì al referendum della Cgil è infatti identico a quello che ha abbattuto la riforma costituzionale. Renzi non vuole rischiare.

I tempi
Una volta promulgato il decreto ad hoc per ridimensionare fortemente l'uso dei voucher ampliato dal Jobs Act (che Renzi ne dica), la Corte di Cassazione dovrà stabilire entro aprile se le modifiche sono sufficienti a rendere inutile il referendum o, in caso contrario, confermarne la necessità. Oggi scade il tempo per presentare tutti gli emendamenti. Per domani è previsto il voto.

Scelta arrendevole ma prudente
Susanna Camusso definisce il testo sui voucher un “maquillage”. E' ovvio che al sindacato da lei guidato, in campagna referendaria ormai da mesi, converrebbe che governo e Pd si incatenassero al testo originale. Altrettanto ai partiti d'opposizione. Ma Renzi, che ha fiutato l'imboscata, preferisce ritirarsi dalla battaglia piuttosto che affrontarla. Un segnale di debolezza ma, considerate le circostanze, anche di prudente buon senso.

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Claudia Daconto