"Un sacco di soldi a un sacco di gente": l'inchiesta sulla sanità in Lombardia
ANSA/MOURAD BALTI TOUATI
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"Un sacco di soldi a un sacco di gente": l'inchiesta sulla sanità in Lombardia

Dagli atti della Procura le intercettazioni e il quadro del sistema di corruzione che per anni ha danneggiato i cittadini

Liste d'attesa gonfiate e una serie di trucchi per far credere ai pazienti che una prestazione nel privato sarebbe costata soltanto poco piu' che una nel pubblico. È il sistema "truffaldino", portato avanti ai danni del "cittadino privo di qualsiasi tutela" e grazie a "rapporti confidenziali, amicizie, corruzioni" e il "forte sostegno della politica", che emerge dagli atti dell'inchiesta della Procura di Monza.

Gli atti dell'inchiesta

Indagine che ieri mattina ha portato in carcere, tra gli altri, il presidente della commissione Sanità della Regione Lombardia, il consigliere ed ex senatore leghista Fabio Rizzi. Nelle carte delle indagini, infatti, viene ricostruito come avrebbe operato anche a scapito degli "utenti", tra presunte mazzette e appalti pilotati in molti ospedali lombardi, la presunta associazione per delinquere capeggiata da Maria Paola Canegrati "amministratrice di diritto e di fatto di un complesso sistema societario attivo nel campo dell'odontoiatria".

I prestanome

E all' interno di quello che sia il pm Manuela Massenz che il gip Emanuela Corbetta definiscono "sistema Canegrati", anche le compagne di Rizzi e del suo stretto collaboratore Mario Longo (anche lui finito in carcere) avrebbero avuto un ruolo: "prestanome" per incassare le "stecche". In particolare, la compagna di Longo avrebbe emesso, scrive il gip, "periodicamente fatture relative a consulenze inesistenti nei confronti della Servicedent srl" dell'imprenditrice e avrebbe rivestito "il ruolo di socia e amministratrice unica della Spectre srl, società  riconducibile a Longo e a Rizzi e socia al 50% della Sytcenter srl". E "socia della Spectre srl" sarebbe stata anche la compagna di Rizzi.

Il sistema

In un "sistema" del genere, poi, spiega il gip, la gestione "degli ambulatori odontoiatrici" era "organizzata con modalità tali da favorire il ricorso, da parte del privato cittadino, alle prestazioni in regime di solvenza (privato, ndr), talvolta con modalità tali da indurre l'utente in errore in ordine all' impossibilità di ottenere la prestazione tramite il pagamento del solo ticket sanitario o, addirittura, gratuitamente". Per convincere i pazienti a scegliere le prestazioni nel privato sarebbero stati utilizzati due modi: creare "artificiosamente liste d'attesa in realtà inesistenti" e indurre "il paziente a ricorrere alla prestazione a pagamento nella convinzione che il costo del ticket sanitario sarebbe di poco inferiore".

Le intercettazioni

Il primo metodo Canegrati lo spiega così in una telefonata: "Noi, allora, sposteremo la maggior parte dell'attività sulla solvenza, e faremo delle liste d'attesa (...) che vanno alle calende greche". Il secondo, invece, emerge da un'altra intercettazione del 25 marzo 2014: "La quota del ticket arriverebbe a costare verosimilmente quanto ci costa in solvenza, e quindi gli possiamo dire ... allora col ticket costa per dire quaranta euro, senza ticket costa quarantacinque però ce l'ha subito ... capito?". In un'altra telefonata, tra l'altro, Canegrati si rallegrava per la nuova nomina di Rizzi: "Ho sentito Longo stamattina... m'ha detto... 'allora.. il Senatore Rizzi è stato ufficialmente nominato come l'interlocutore per la sanità dal Presidente Maroni...' G'ho dit (gli ho detto, ndr) 'congratulazioni'. Adesso questo qui s'e' fatto fare questa... Progetto dentiere pazienti anziani... el ciapa utantamila euro l'ann (prende ottantamila euro l'anno, in dialetto ndr)".

I soldi

In una telefonata lo stesso Longo spiega che quel progetto di 'odontoiatria sociale' degli Istituti Clinici di Perfezionamento "è stato fortemente pubblicizzato da Rizzi e dallo stesso Maroni". Se poi la stessa Canegrati in un'intercettazione racconta di aver "dato un sacco di soldi a un sacco di gente", dagli atti viene a galla anche un presunto caso di malasanità: un ex primario dell'ospedale Niguarda di Milano avrebbe segnalato che una paziente affetta da un "tumore del cavo orale" era stata curata come se avesse "un semplice fungo" da un medico poi "collocato a capo del centro odontoiatrico". E proprio per questa sua segnalazione gli sarebbero stati tolti "i compiti di controllo sull'operato del centro".(ANSA).

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