Ucraina: chi ha compiuto il massacro di Maidan?
Manifestanti in Piazza Maidan (Getty Imagines / Louisa Gouliamaki)
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Ucraina: chi ha compiuto il massacro di Maidan?

Un'intercettazione telefonica tra il Ministro degli esteri della Ue Catherine Ashton e l'estone Urmas Paet potrebbe riscrivere la storia della crisi ucraina

Una telefonata "rubata", una conversazione tra la responsabile della politica estera dell'Unione Europea e il suo collega estone, appena rientrato da Kiev dopo aver compiuto una missione esplorativa per conto dell'Europa, potrebbe riscrivere la storia della crisi ucraina. Catherine Ashton chiama Urmas Paet per chiedergli notizie e dettagli sul suo viaggio. Come potrete ascoltare, dopo essere stati messi in collegamento, i due parlano per una decina di minuti.

In realtà, è soprattutto l'estone a farlo. Racconta le sue impressioni su quello che ha visto e sentito a Kiev. E svela una versione del massacro di Maidan contraria alla verità finora conosciuta. Secondo le informazioni che Urmas Paet ha raccolto la strage non è stata fatta dagli uomini del deposto presidente Viktor Yanukovich, non è stata ordinata da lui, ma è stata compiuta da cecchini agli ordini della nuova coalizione.

Urmas Paet fa queste rivelazioni sulla base, dice alla Ashton, delle notizie avute da Olga Bogomolets, medico ucraino di fama internazionale, intellettuale e artista, una delle più attive nell'invitare gli studenti a partecipare alle manifestazioni a favore dell'Europa a Kiev. La Ashton la conosce.

"Olga mi ha detto - spiega Paet - che tutte le prove mostrano che le vittime di piazza Maidan sono state uccise dagli stessi cecchini, e non da tiratori diversi e contrapposti. Sto parlando sia dei morti tra i poliziotti, sia di quelli tra i manifestanti. Uccisi dalle stesse armi. Le prove che ho personalmente vagliato sono inequivocabili. Non è stato Yanukovich a ordinare il massacro, è stato qualcuno della nuova coalizione. Olga mi ha mostrato delle foto. Mi ha fatto parlare con alcuni medici e ho visto le  perizie medico legali. Sono stati uccisi dallo stesso tipo di pallottole, con le stesse angolazioni di fuoco, la stessa firma sui bossoli e le stesse striature sui proiettili».

E' il 28 febbraio scorso. Il giorno in cui la crisi assume una dimensione internazionale. Le rivelazioni di Paet arrivano a metà della telefonata. "Quello che mi da più fastidio è che il nuovo governo non farà un'inchiesta sulla strage di Maidan" - aggiunge l'estone. La Ashton non fa una piega. Dice genericamente che forse sarebbe il caso di andare più a fondo rispetto a queste notizie. Ascolta, ma non commenta. Non chiede maggiori particolari, non mette in dubbio il racconto di Paet. Lo registra, ma mostra scarso interesse rispetto a quello che le viene detto. "Voglio parlarne anche con il ministro degli esteri del Canada, il mondo deve sapere" aggiunge Paet. la Ashton si limita ad annuire.

 

Nei primi minuti della conversazione, Catherine Ashton aveva mostrato più attenzione. Il ministro estone aveva parlato delle preoccupazioni di una parte della società civile rispetto alla nuova coalizione, all'oscuro passato di alcuni dei personaggi che hanno preso il potere a Kiev. La sua relazione appare molto condizionata dalla versione che gli è stata data da Olga Bogomolets, fonte che - con tutta evidenza - Urmas Paet reputa molto credibile. "Lei non entrerà nel nuovo governo perché non si fida di certi persone..." - spiega l'estone al ministro degli esteri dall'Unione Europea

La versione ufficiale dice che questa telefonata è stata "rubata" dai servizi segreti dell'Ucraina. Paet si trova in Estonia, la Ashton in Australia. E 'Rt, un canale televisivo russo in lingua inglese a mandarla in onda per la prima volta, alla vigilia del vertice europeo che deve decidere quale sarà l'atteggiamento dell'Europa nei confronti della Russia. Come l'intercettazione sia arrivata lì, nessuno lo sa, ma è facile immaginarlo. Per Catherine Ashton potrebbe essere motivo di imbarazzo, di grande imbarazzo. Soprattutto se l'Europa dovesse scegliere la linea dura contro Mosca.

 

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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