Ucraina: Mosca non cede, la NATO rompe i rapporti
Hannah Peters
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Ucraina: Mosca non cede, la NATO rompe i rapporti

Non basta una telefonata tra Obama e Putin per raffreddare gli animi. Le truppe restano minacciose ai confini ucraini e la tensione è destinata a durare ancora a lungo

Per Lookout news

La notizia è che le truppe russe non hanno affatto iniziato il ritiro dai confini orientali dell’Ucraina dove si stima che, in totale, siano circa 40mila i soldati schierati da Mosca, 10mila in più rispetto alle rilevazioni satellitari USA di due settimane fa (anche se Kiev parla di un totale di 88mila soldati russi pronti all’azione). Le frettolose dichiarazioni dei giornali circa la de-escalation, dunque, sono solo eco di una qualche forma di propaganda o della necessità di raccontare qualcosa anche quando non c’è.

 

Piuttosto, si rilevano significativi movimenti di interi battaglioni, dove quelli più pesantemente armati sono stati sostituiti con mezzi più leggeri e agili negli spostamenti. Le tecniche mimetiche atte a nascondere dai satelliti i cingolati e le truppe, inoltre, raccontano di manovre in grande stile ordinate dal Cremlino e dimostrano che siamo di fronte a uno schieramento tattico di medio-lungo termine.

 

Che poi la presenza dell’esercito russo ai confini sia funzionale solo alla politica intimidatoria di Mosca (mostrare i muscoli per spaventare l’Occidente) questo è un altro discorso. Fatto sta che la NATO, altra notizia rilevante, ha interrotto ogni tipo di rapporto e collaborazione con la Russia e annunciato un prossimo impegno nel Paesi Baltici, per “difendere” i confini nord-europei dell’Alleanza Atlantica.

 

I movimenti delle truppe russe secondo l’intelligence USA

 

Le deduzioni dell’intelligence USA circa le reali intenzioni di Mosca si basano sullo studio dei precedenti casi - Cecenia e Georgia - e sottolineano come questa volta i numeri siano “significativamente superiori” a quanti necessari per svolgere quelle esercitazioni di cui continua a parlare il Cremlino.

 

Se non c'è alcun segno che le truppe russe stiano ripiegando o tornando alle proprie basi, c’è invece un gran numero di unità motorizzate e d’artiglieria che, potendo muoversi rapidamente, non consentono di decifrare le reali manovre ordinate da Putin. Né aiutano le informazioni dell’intelligence oltre cortina che parlano di unità speciali (truppe aviotrasportate) in stato di pre-allarme o di mobilitazione diretta in varie caserme russe.

 

La concentrazione di gran parte delle forze russe è attualmente intorno a Rostov, Kursk e Belgorod: da lì il Pentagono ipotizza che i russi potrebbero sconfinare con l’obiettivo di raggiungere Kharkiv, Donetsk e Luhansk, tutte città a buona percentuale di russofoni ma, soprattutto, geograficamente determinanti per annettere l’intera parte sudorientale dell’Ucraina e creare un cuscinetto alla Crimea.

 

Secondo il ministero degli Esteri ucraino, inoltre, vi sarebbe “una concentrazione di materiale bellico” nella regione di Bryansk, al confine nord compreso tra l’Ucraina e la Bielorussia, nei pressi della città di Churovichi, a circa 18 chilometri dal confine. Le rivelazioni giungono dall’osservazione dei movimenti del trasporto ferroviario, che si sarebbe intensificato e che, per giunta, avrebbe convogliato qui anche strutture da campo militari e sanitarie. Infine, gli immancabili droni russi, che pattugliano i confini da molte settimane.

 

Mosca ovviamente non smentisce e parla apertamente di grandi esercitazioni, che sono nel pieno diritto di uno Stato sovrano. Ma questo scenario si fa ogni giorno più inquietante e non aiuta la distensione. Ma cosa vuole realmente la Russia di Vladimir Putin?

 

Il punto di vista russo

 

L’Ucraina, per bocca dei suoi più alti diplomatici e come conferma anche l’Ambasciata Ucraina in Italia per bocca dell’ambasciatore Yevhen Perelygin, ha ormai intrapreso “un processo irreversibile e definitivo verso la scelta europea” che, se anche non include l’ingresso nella NATO, non è una buona notizia per Mosca, che non accetterà mai di perdere uno Stato chiave come l’Ucraina. I russi sono sempre più convinti che la rivolta innescata a Kiev sia stata fomentata dall’Occidente (leggi Stati Uniti) e dai loro servizi di intelligence, come già accadde durante la Rivoluzione Arancione (motivo per cui la diffidenza nei confronti degli Stati Uniti è e il dialogo con Washington sarà lungo e difficile).

 

Vero o meno che sia, il punto è che anche la popolazione russa ci crede e, secondo sondaggi molto attendibili, le statistiche raccontano che il 67% dei cittadini sarebbe a favore di un conflitto per conquistare l’Ucraina. Ma il punto è anche che Mosca vuole affrancarsi da uno “scippo” delle sue proprie aree d’influenza, fatto che taglierebbe fuori la Russia dai mercati regionali naturali d’Europa, vitali per il mantenimento del tenore economico raggiunto nel Paese. 

 

Questo spinge certamente il Cremlino a minacciare l’Ucraina e l’Occidente, ma lo porta anche a non fare niente, in attesa non tanto che qualche sprovveduto inneschi la miccia - che Putin in ogni caso non sembra voler accendere - ma piuttosto che qualcuno prima o poi si risolva a chiedere aiuti economici, finanziari e d’altro genere, che accrediterebbero Mosca come potenza salvatrice e salvifica. Più che sobillare in maniera del tutto arbitraria e irrazionale i Baltici o la Moldavia, dunque, si può ragionevolmente pensare che la strategia di Vladimir Putin sia molto più lucida e punti ad annettere economicamente quelle aree che al momento restano nella bolla europea.

 

Il punto di vista degli Stati Uniti

Gli Stati Uniti, dal loro punto di vista, sanno perfettamente che non potrebbero fermare i russi, i quali sono manifestamente più forti rispetto a USA e NATO in questa regione. Come sottolinea acutamente George Friedman, “gli Stati Uniti non avevano opzioni militari pratiche in Crimea, proprio come non ne avevano in Georgia nel 2008. Agli Stati Uniti ci vorrebbero mesi per organizzare le forze, in caso di un grave conflitto in Eurasia. In un tale lasso di tempo, i russi avrebbero nel frattempo raggiunto i loro obiettivi”.

 

Gli Stati Uniti, in quel caso, avrebbero quale unica chance l’invasione del territorio russo, ma la storia insegna – da Napoleone a Hitler – che non si può invadere la Russia senza perdere la guerra e un attacco anche nella sola Ucraina rivelerebbe tutte le debolezze della NATO. Cosa che Washington non può permettersi di mostrare.

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Luciano Tirinnanzi