Ucraina, la guerra delle donne
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Ucraina, la guerra delle donne

Hanno più coraggio, resistenza e determinazione degli uomini. Sono arrabbiate, stanche, ma non si vogliono arrendere

Dietro le barricate, in Ucraina, ci sono molte più donne di quanto potremmo essere portati a immaginare. Non indossano gli stivali rossi ne’ portano le coloratissime corone di fiori tra i capelli che erano abituate a mettere quando potevano permettersi di festeggiare i fine settimana con le amiche ballando le danze tradizionali del paese. Hanno invece capelli biondi sempre raccolti affinché non diano fastidio, e hanno imparato a muoversi con passi così leggeri da sorprendere tutti quando arriva il momento di lanciare bombe molotov, mattoni e granate contro militari, poliziotti e "ribelli". 

Alcune combattono per l'Ucraina, altre per la Russia, e hanno coraggio da vendere. C'è chi stima possano essere migliaia le donne che hanno deciso di contribuire a questa guerra mettendo in gioco la loro stessa vita. Hanno imparato a costruire le barricate, e lo fanno a mani nude.

Chi combatte al loro fianco sostiene abbiano ancora più coraggio, resistenza e determinazione degli uomini. Tant'è che le più brave sono state ingaggiate dai servizi di intelligence che ha affidato loro il compito di infiltrarsi tra i nemici per indurli a disertare.

Gli osservatori più attenti hanno capito che le donne stavano assumendo un ruolo rilevante in questa guerra quando, circa un mese fa, a Kiev gli insorti filorussi hanno sequestrato Irma Krat, reporter e giovanissima attivista dei Maidan (Autodifesa) a Sloviansk, una città della regione di Donetsk, nonché leader di un'unità, appunto, di Autodifesa femminile. La giovane giornalista, che ha appena 29 anni, è stata accusata di aver torturato e ucciso diversi oppositori dei Maidan.

Più di recente, sono stati i filo-russi a invitare i loro sostenitori a scendere in piazza con video di propaganda in cui le protagoniste erano quattro donne mascherate, con cappuccio, mimetica e kalashnikov in mano. "Abbiamo imbracciato le armi perché non ce la facciamo più", dicono, mentre suggeriscono ai governanti ucraini di levare le tende in un massimo di 24 ore, altrimenti… Il video si chiude con un "saluto speciale" per le nemiche. "Ragazze, vi resta un'ultima possibilità. Smettetela o morirete".

A chi trova il coraggio di sfidare il loro sguardo gelido e allo stesso tempo pieno di passione rispondono che partecipare a questa guerra era per loro l'unico modo per rimanere vicine ai loro cari. A figli e mariti che l'una o l'altra fazione hanno mobilitato ormai, purtroppo, moltissimo tempo fa. "Siamo arrabbiate, e le dimostrazioni pacifiche non fanno per noi", spiegano. "Anche perché non è così che in questo paese si può ottenere un risultato".

Se la reazione delle donne ucraine al conflitto con la Russia è stata questa, c'è da chiedersi se sia davvero un caso che il movimento Femen, che combatte contro  il turismo sessuale, il sessismo e altre discriminazioni sociali, sia nato in Ucraina? O che queste ultime si siano schierate dalla parte delle Pussy Riot, il gruppo di cantanti russe che ha avuto il coraggio di sfidare Putin? O ancora che anche il movimento di Asgarda, "donne guerriere" che, grazie a una dimestichezza decisamente sopra la media con armi convenzionali e tecniche delle arti marziali, combattono per l'emancipazione femminile nell'Europa dell'Est, siano di origini ucraine?

Statistiche alla mano, in un paese in cui il 44 per cento delle donne è vittima di violenza domestica e in cui prostituzione e sfruttamento sono all'ordine del giorno, la rabbia di tutte queste ragazze è più che giustificata. Ma non è detto che scendendo in campo per sostenere Mosca o Kiev riescano a cambiare la loro condizione. Per gli esponenti più estremisti di Asgarda, ad esempio, avrebbero fatto meglio a unire le loro forze per creare un unico fronte di donne, capace di sfidare tutto e tutti.

 

 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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