Terrorismo: il rapporto della commissione d'inchiesta francese
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Terrorismo: il rapporto della commissione d'inchiesta francese

Scarso coordinamento e mancanza di una catena di comando: le conclusioni del gruppo di lavoro sui punti deboli dei servizi segreti transalpini

Per Lookout news

Proprio nel giorno in cui esce la notizia che durante un’audizione a porte chiuse all’Assemblea nazionale francese, lo scorso 24 maggio, Patrick Calvar, direttore generale della DGSI (i servizi francesi per la sicurezza interna) si è detto "persuaso che lo Stato Islamico passerà alla fase delle autobomba" in Francia, la Commissione d’inchiesta francese sul terrorismo islamico e gli attacchi di Francia del 2015 è giunta alle sue conclusioni. Che non sono benauguranti.

 Il suo presidente, Georges Fenech, lo scrive tra le righe: le gravi carenze manifestate dalle forze di sicurezza impongono che i servizi segreti e la polizia francese vengano riformati e semplificati sotto un unico comando. Solo così, secondo il deputato che guida i lavori della Commissione parlamentare Fenech-Pietrasanta, si potranno evitare nuovi attentati in Europa e quelle carenze emerse durante le indagini.

 Capire come gli autori dei peggiori attacchi terroristici in Francia dal dopoguerra abbiano potuto operare a piacimento nonostante fossero soggetti noti alle forze dell’ordine, era l’oggetto specifico per cui era stata istituita la Commissione. Che ora sbatte in faccia al governo francese le conclusioni cui è giunta. Ad esempio, secondo il rapporto conclusivo, si sarebbe potuta fermare la mente degli attentati di Parigi e Bruxelles, Abdelhamid Abaaoud, già nel gennaio 2015.

 

Nessun coordinamento tra servizi d’intelligence
A causa del troppo repentino blitz di Verviers, in Belgio - dove il 15 gennaio 2015 una cellula jihadista venne fermata e ne scaturì una sparatoria - Abaaoud capì di essere in procinto di essere arrestato e fuggì da Atene, dove si nascondeva allora, per fare rientro in Francia e portare avanti il suo progetto stragista. Tra l’intelligence belga e greca, dice la Commissione, era stata messa in piedi una task force già dal 2014, ma i servizi belgi non avvertirono in tempo i colleghi greci, che erano sul punto di arrestare Abaaoud dopo aver captato una conversazione telefonica sospetta. Non fecero in tempo proprio a causa della rapidità dell’assalto di Verviers, di cui non fu avvertita Atene.

 Da quel gennaio al successivo novembre, Abaaoud e i suoi complici sono stati così “in grado di muoversi a piacimento, mentre erano già stati fermati, controllati, condannati o soggetti a un mandato d’arresto”. E hanno potuto scatenare il terrore in Francia e Belgio, prima il Bataclan e poi Zaventem. Oltre centosessanta morti tra il novembre 2015 e il marzo 2016.

 La Commissione Fenech-Pietrasanta parla dunque di scarsa coordinazione tra forze d’intelligence e della necessità di creare un’unità unica in materia di terrorismo. Ma se un progetto coordinato tra servizi segreti europei è di là dalla portata e dalle possibilità della Commissione, Fenech accusa invece direttamente il sistema farraginoso anche tra le forze di sicurezza francesi: “Durante i nostri viaggi all’estero abbiamo visto come nessun servizio israeliano, greco, turco o americano, sia stato in grado di identificare chiaramente la loro controparte responsabile del controterrorismo in Francia”. Il che è un problema serio.

La catena di comando non funziona
Il suo ragionamento è semplice: non si mettono in dubbio gli uomini, ma la catena di comando. Ad esempio, chi deve intervenire in caso di un attacco terroristico sul suolo francese? La Force d’Intervention de la police Nationale (FIPN) oppure una tra le due unità d’élite della polizia, cioè il RAID (Recherche, Assistance, Intervention, Dissuasion) e la Brigade de Recherche et d’Intervention (BRI)? Ed esattamente chi decide quale unità impiegare, viste anche le invidie e gelosie reciproche tra questi corpi speciali?

 Ci dev’essere un ordine preciso del governo e un coordinamento da parte del Ministero dell’Interno, che tra l’altro sovrintende anche al servizio segreto interno, a sua volta deputato alla raccolta di quelle informazioni in base alle quali poi si dovrebbero muovere le forze speciali e d’intervento. Ma chi dà veramente le direttive e chi prende le decisioni in ultima analisi? Son queste le domande taglienti che la Commissione offre all’opinione pubblica.

 

Come funzionano i servizi francesi
Oggi i servizi francesi sono a dir poco frammentati, essendo inquadrati sotto i Ministeri dell’Interno, della Difesa e in quello dell’Economia-Finanze e Industria: dal Ministero dell’Interno dipende la Direzione Centrale delle Informazioni Interne (DCRI), frutto della fusione della Direzione per la Sicurezza del Territorio (DST) e del Renseignements Généraux (RG), avvenuta il primo luglio 2008 e alla quale sono stati assegnati compiti di protezione economica, controterrorismo, controspionaggio all’interno del territorio francese e informazioni tecnologiche. Dal Ministero della Difesa dipendono invece la Direzione Generale per la Sicurezza Esterna (DGSE), preposta alla ricerca e all’utilizzo delle informazioni ai fini della sicurezza della Francia, e la Direzione delle Informazioni Militari (DRM), organismo inter arma che adempie alle esigenze informative delle Forze Armate.

 La proposta della Commissione Fenech-Pietrasanta è unificare il nuovo servizio interno e il suo equivalente nella polizia, la Sous-direction de l'anticipation opérationnelle (SDAO). Quindi, creare una Direzione Territoriale d’Intelligence (DGRT) alle dirette dipendenze del Ministro dell’Interno, ovvero un’agenzia nazionale per la lotta contro il terrorismo. La Commissione propone di fondere anche l’État-Major Opérationnel de Prévention du Terrorisme (EMOPT) creato dal ministro Bernard Cazeneuve e l'Unité de Coordination et de Lutte Antiterroriste (UCLAT) della polizia.

 

Serve una nuova fase
Se pure appare evidente la necessità di un “comando unificato in caso d’intervento delle nostre tre forze d'intervento”, l’amministrazione babelica francese evidenzia il disagio e le difficoltà operative che impediscono nei fatti alla Francia di gestire opportunamente le sue forze di sicurezza e di schiacciare il terrorismo interno e internazionale, essendo l’organigramma delle agenzie di difesa un mal di testa burocratico ancora oggi inestricabile e ineliminabile.

 Se c’è una lezione che si può apprendere dalle inefficienze francesi in materia di terrorismo, questa è che non ci si può più affidare agli schemi post-napoleonici per difendere il nostro territorio. In “tempo di guerra”, infatti servono meno comandanti e più comando reale. Una lezione di cui dovrebbe far tesoro anche il nostro paese. Considerato anche che la sfida è appena iniziata.

 

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Luciano Tirinnanzi