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Spagna: quattro ipotesi per il dopo voto

Governo di minoranza Pp, cartello delle sinistre unite, voto anticipato oppure unità nazionale. Il leader del Psoe esclude un accordo con Rajoy

Quali ipotesi per un governo spagnolo stabile, dopo questo risultato che ha decretato la fine dello storico bipartitismo spagnolo? Che cosa farà il nuovo Felipe VI per evitare il voto anticipato? Ci sono maggioranze alternative possibili a un fragile esecutivo di minoranza a guida popolare? Sono queste le domande cui bisogna rispondere per capire che cosa potrebbe accadere ora a livello politico in Spagna. Va detto che tutte le ipotesi teoricamente  percorribili, pallottoliere alla mano, hanno forti controindicazioni politiche o presentano ostacoli, allo stato, apparentemente insormontabili. Il voto anticipato, se non nascerà un governo di unità nazionale Pp-Psoe (che il leader socialista Pedro Sanchez ha peraltro già espressamente escluso), appare la soluzione più probabile. Anche se non garantisce affatto un risultato diverso. Né maggior stabiltà futura. 

UN GOVERNO DI MINORANZA PP
Il Pp di Mariano Rajoy, con 123 seggi e il 28,7% per cento dei suffragi, potrebbe in teoria contare sull'astensione tecnica dei 40 deputati di Ciudadanos di Albert Rivera, già resosi disponibile in campagna elettorale a un'ipotesi di questo genere. Il punto è che da un lato nascerebbe un governo instabile e privo di qualsiasi respiro, dall'altro nemmeno sommando i seggi (123) del Pp con i 40 di Ciudadanos verrebbe raggiunta la soglia di 176 deputati necessaria per ottenere la maggioranza assoluta. Mancherebbero - perché possa nascere un governo siffatto - altri tredici deputati. Occorrerebbe, in tal caso, l'astensione tecnica del Psoe (90 deputati) o di un suo pezzo filoeuropeista, ipotesi non da escludere se il nome del premier fosse diverso da quello di Rajoy, oppure al contrario una benevola astensione dei nazionalisti catalani (17 seggi, di cui nove rappresentati dall'estrema sinistra dell'ERC e 8 dai catalanisti del governatore indipendentista Arturo Mas) e/o dei nazionalisti baschi moderati del PNV (6 seggi). Ipotesi, quest'ultima, politicamente impercorribile, considerata la grave tensione scoppiata tra Madrid e Barcellona dopo la decisione della Corte costituzionale di dichiarare illegittimo il referendum indipendentista in Catalogna. 

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UN GOVERNO DI UNITA' NAZIONALE PP-PSOE
È la soluzione largamente preferibile per formare un governo stabile. La soluzione per cui tifano le cancellerie europee e, pare, lo stesso Re Felipe VI, interessato a evitare in qualsiasi modo un lungo periodo di instabilità nel Paese. Per la Spagna sarebbe però la prima volta che accade dalla fine della dittatura franchista. Conterebbe relativamente il fatto che il Psoe decida di entrare a tutti gli effetti, con propri uomini, nella compagine ministeriale oppure opti per la desistenza, per un'astensione tecnica incoraggiata magari da un passo indietro di Rajoy. Il punto è sul nome di Rajoy, certo, che mai e poi mai i socialisti potrebbero votare, ma è anche un punto politico. Il Psoe ha ottenuto il risultato peggiore della sua storia. Benché possa consolarsi con il secondo posto, sostenere direttamente o indirettamente un nuovo governo di unità nazionale con gli odiati popolari significherebbe, per i socialisti, regalare praterie elettorali a Podemos di Pablo Iglesias, il partito nato dal movimento degli Indignados che sta insidiando la leadership socialista nel campo della sinistra. È un rischio che la classe dirigente socialista può permettersi di correre? È certo possibile che Felipe VI, per favorire una soluzione unitaria, dia l'incarico - dopo un giro di consultazioni fallimentari da parte dei Mariano Rajoy - a un leader meno inviso ai socialisti come Albert Rivera di Ciudadanos. Ma, anche in questo caso, si tratterebbe comunque di un regalo a Pablo Iglesias, che rimarrebbe nel prossimo parlamento l'unico leader di opposizione nel Paese. Per il Psoe, potrebbe trattarsi di un suicidio.

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- Il rischio per i socialisti di commettere un suicidio strategico a tutto vantaggio di Podemos. Il rischio per il Psoe  di subire una sanguinosa scissione alla propria sinistra

UN GOVERNO DI SINISTRA   
Solo sommando i 90 seggi socialisti, i 69 di Podemos, i 9 dei catalanisti di sinistra dell'ERC, gli 8 dei catalanisti moderati di Arthuro Mas e magari i due di Izquierda Unida (ex comunisti) o di qualche altra formazione nazionalista come il PNV basco, potrebbe nascere numericamente un governo di colizione di sinistra e secessionista in Spagna. È un'ipotesi realistica? No, per almeno due ragioni. La prima è che, dopo aver ottenuto un ragguardevole risultato elettorale, Podemos non ha nessun interesse a entrare in un esecutivo fragile, con numeri scarsi, e senza una prospettiva realmente condivisa con gli europeisti del Psoe. Sarebbe per Pablo Iglesias un modo per farsi legare mani e piedi, rinunciando a giocare quel ruolo di guastafeste e unico oppositore che gli ha consentito di sfidare i socialisti, e spesso superarli, in vaste aree del Paese, come la Catalogna o la stessa Madrid. Senza contare che - per convincere i nazionalisti catalani dell'ERC o di DL - il Psoe dovrebbe concedere loro almeno il diritto a tenere il referendum secessionista in Catalogna bocciato dalla Corte. Quale forza politica nazionale potrebbe assumersi il rischio della secessione nell'area più ricca del Paese? Non sarebbe, anche in questo caso, un suicidio politico?

+ Nessuno
- Numeri troppo fragili, disomogeneità di coalizione, aumento delle spinte secessioniste in Catalogna e rischi di ondate speculative sui conti dello Stato

VOTO ANTICIPATO
Se nessuna delle ipotesi sopraelencate dovesse concretizzarsi, lo scenario più probabile - dopo qualche giro di consultazioni - è quello che la Spagna vada nuovamente a votare nella primavera prossima. Un'ipotesi, anch'essa, rischiosa, perché la possibilità che anche con un  nuovo voto si ripresenti la medesima situazione di oggi sarebbe comunque molto elevata. Di più: è probabile che, considerata la crisi irreversibile del bipartitismo in Spagna, possano rafforzarsi ulteriormente le componenti populiste come Podemos o le forze indipendentiste in Catalogna che spingono per un addio a Madrid.

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I quattro leader della nuova Spagna

JAVIER SORIANO/AFP/Getty Images
Il leader del Psoe Pedro Sanchez

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Paolo Papi