Sinistra e destra: prove di accordi
DANILO SCHIAVELLA/ANSA
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Sinistra e destra: prove di accordi

Bersani rassicura Renzi ma la sinistra radicale resta sul piede di guerra. Mentre Forza Italia e Ncd devono risolvere il nodo Salvini

Matteo Renzi ritrova il dialogo con Pier Luigi Bersani mentre Forza Italia e Ncd si scambiano segnali di fumo. Nei due schieramenti sembra emergere una volontà di riconciliazione. Vera, apparente o solo parziale? E quali sono gli ostacoli che si frappongono a una ricucitura dei rapporti tra il segretario dem e la sua minoranza e sul cammino verso una riunione del centrodestra?

Casa Pd
In casa Pd, archiviata la battuta di Renzi alla Leopolda sul partito dei reduci e quella di Bersani sul patto del Nazareno che servirebbe a salvare Mediaset, l’ex segretario ha rassicurato il governo sul voto di fiducia sul JobsAct.

Significa che per il premier e segretario dem i problemi in casa sono tutti risolti? Niente affatto. A differenza degli altri esponenti di spicco della minoranza, Pier Luigi Bersani non ha mai minacciato e nemmeno ipotizzato una scissione nella "Ditta". Per l’ex segretario il Pd è e deve restare anche il suo partito e, come ha detto ieri all’assemblea di Area Riformista, "derive sfasciste non sono ammesse".

Per questo i bersaniani Guglielmo Epifani, Cesare Damiano e il capogruppo alla Camera Roberto Speranza non hanno smesso un giorno di darsi da fare nel lavoro di mediazione sul testo di riforma del lavoro uscito dal Senato e che per venerdì è atteso alla Camera dopo l’ok alle modifiche sui licenziamenti disciplinari deciso durante l’ultima direzione al Nazareno.

Jobs Act e articolo 18, cosa cambia per i licenziamenti


Un modo per segnare la distanza da un’ala molto più radicale nella lotta contro Renzi e il renzismo. Quella, appunto, dei vari Cuperlo, Fassina e Civati che di piegarsi a quella che considerano una pericolosa deriva personalistica e centrista del partito non ne vogliono sapere. Richiamati all’appello addirittura da un lettiano ultra riformista come Francesco Boccia. Il presidente della commissione Bilancio a Montecitorio oggi infatti invoca il ritorno del Pd "nell'alveo del centrosinistra" e, per non condannarsi all’irrilevanza, il lancio di un "coordinamento" degli anti renziani irriducibili. Quelli che, a proposito di Jobs Act, ma anche in vista della discussione sulla Legge di Stabilità, continueranno a tenere in fibrillazione governo e partito, minacciando da una parte di negare la fiducia ai provvedimenti, dall’altra di staccarsi dalla casa madre.

Casa FI (e l'ostacolo Salvini)

Nel centrodestra è stato Silvio Berlusconi il primo a parlare di possibile riconciliazione mentre il suo consigliere Giovanni Toti ha auspicato una riedizione del predellino per lanciare il partito dei moderati. Segnali raccolti favorevolmente dentro Ncd-Udc dopo che proprio l’ex Cavaliere, discutendo con Matteo Renzi le ultime modifiche alla nuova legge elettorale, aveva detto sì a quella che più di ogni altra era stata invocata dal partito di Angelino Alfano: l’abbassamento dall’8% iniziale al 3% della soglia per entrare in Parlamento.

Vuol dire che tutto è risolto e che tra Berlusconi e il suo ex delfino sta per riscoppiare la pace dopo il tradimento di quest’ultimo? Anche in questo caso la risposta è: niente affatto. Al di là delle questioni personali, il vero ostacolo a una possibile riunione si chiama Matteo Salvini. Già per le regionali in Emilia Romagna e in Calabria il segretario della Lega ha imposto a Forza Italia l’esclusione di Ncd dall’alleanza. Adesso è il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Maurizio Lupi a ricordare che "Salvini, con le sue parole d’ordine, è quanto di più lontano c’è dall’idea di centrodestra moderato che abbiamo noi".

Per questo, almeno al momento, la possibilità che le varie anime del centrodestra tornino insieme appare piuttosto remota. Silvio Berlusconi, infatti, dovrebbe scegliere se stare con Alfano o con Salvini. Una convivenza a tre è, ad oggi, praticamente impossibile. Ma la domanda è se Forza Italia può rinunciare all’11% che i sondaggi attribuiscono alla Lega. E d’altra parte accettare che "l’altro Matteo" contenda la leadership a Silvio Berlusconi e che l’asse dell’ipotetica coalizione di centro-destra venga piazzato (viste le posizioni oltranziste di Salvini su Euro e immigrazione) molto più a destra che al centro.

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Claudia Daconto