S. Craxi: "Berlusconi vittima, come mio padre"
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S. Craxi: "Berlusconi vittima, come mio padre"

La figlia di Bettino Craxi ha scritto una lettera all'ex premier, condannato ieri in via definitiva. "Sono vittime di un processo falso e speciale" - lo speciale sulla condanna di Berlusconi - panorama: "Berlusconi, prigioniero politico" -

Una signora bionda dal cognome simbolo di una tragedia politica e umana con la quale vent’anni fa furono cancellati “i partiti che all’Italia assicurarono benessere e libertà”, come ha ricordato Silvio Berlusconi, questa mattina presto ha varcato la soglia di Palazzo Grazioli. Stefania Craxi, figlia di Bettino, per non disturbare l’ex premier, nel day after della condanna choc, gli ha lasciato un biglietto.

La presidente dei Riformisti italiani, ex sottosegretario agli Esteri del governo Berlusconi, amica di famiglia del Cavaliere che la definì «degna erede di suo padre», scrive all’ex premier: «Caro Presidente, conosco il dolore di fronte a una grave ingiustizia. Tu possiedi il coraggio, l’intelligenza e la capacità per reagire. Sappi che in questa battaglia per la libertà e la democrazia del nostro Paese, io sono con te».

Ha seguito con apprensione Stefania Craxi gli interminabili giorni del countdown del verdetto della Cassazione su Mediaset. Ricordi personali e politici si saranno affollati nella sua mente, da quando da bambina conobbe il Cavaliere alle cui nozze fecero da testimoni suo padre Bettino e sua madre Anna. Ma la mente era ed è puntata al paragone tra la tragedia dell’esilio di Craxi e la condanna ora di Berlusconi.

«Vittime di un processo speciale. Ma il sacrificio di mio padre ha fatto aprire gli occhi all’opinione pubblica e Berlusconi continua ad essere più forte dei suoi persecutori, ora deve tener duro». E «Giorgio Napolitano non è Oscar Luigi Scalfaro», perché «Scalfaro non avrebbe mai detto come ha invece  ha fatto il capo dello Stato che la giustizia va riformata».

On. Craxi, come commenta quel verdetto della Cassazione?

«Innanzitutto, con la solidarietà personale e politica che sono andata a portare al presidente Berlusconi. È vittima di un processo speciale, forte, che lo accomuna a Bettino Craxi. Entrambi sono vittime di un processo falso e speciale. Ogni vera rivoluzione passa attraverso l’eliminazione fisica dei precedenti titolari della politica. Le pseudorivoluzioni non potendo usare il fucile trovano altri strumenti».

Quali?

«In Italia la via più rapida e più efficace è stata quella del processo penale. Un processo ordinario e legale che però non garantiva il successo dell’operazione e allora empiricamente con la legge della prassi processuale è stato inventato un processo speciale».

In cosa consiste?

«È il processo in cui in sostanza parla e agisce solo l’accusa, mentre invece la difesa è relegata nelle proteste inutili e il giudice è pronto all’omologazione della richiesta delle accuse. Clan giudiziari e clan dell’informazione collegati tra loro danno vita allo spettacolo mediatico che crea a sua volta il consenso popolare, il quale a sua volta fornisce una forza sociale enorme ed incontrastata al Pubblico ministero che accusa e al giudice che sistematicamente accoglie le richieste dell’accusa. La civiltà del diritto rotola indietro di secoli. Craxi e Berlusconi sono stati condannati in un sistema di processi speciali».

Il capo dello Stato Giorgio Napolitano, dopo aver premesso che la magistratura va rispettata nella sua autonomia, ha però aggiunto, e lo ha fatto nella serata della condanna choc, che l’amministrazione della giustizia va riformata. Cosa ne pensa?

«Il capo dello Stato, che è garante della stabilizzazione del sistema, si è evidentemente accorto che essa non è possibile se non si farà una riforma della giustizia, se non ci sarà un riequilibrio dei poteri».

Oscar Luigi Scalfaro lo avrebbe fatto?

«No, sicuramente Scalfaro non lo avrebbe fatto».

Cosa ha provato quando Berlusconi ha iniziato il suo discorso su quanto accadde vent’anni fa,  quando, come ha detto, il pentapartito che aveva assicurato «benessere e libertà» al paese fu cancellato da «Mani pulite» e per questo lui è sceso in campo?

«Mi ha fatto un grandissimo piacere perché ricordo un Berlusconi fin troppo timido nel ’94, ora stigmatizza quello che successe».

Ma Berlusconi nel ’94 era già accerchiato, da premier gli fu fatto recapitare un avviso di garanzia mentre era riunito a Napoli con i grandi della terra. Ricorda?

«D’altronde Craxi lo aveva previsto. Ebbe a scrivere ad Hammamet: “La macchina giudiziaria non si arresterà e ci sono tutti i sintomi per poter affermare che l’obiettivo strategico è Silvio Berlusconi. Ci hanno messo vent’anni ma l’obiettivo strategico è stato centrato».

Ma una differenza c’è con quanto successe vent’anni fa?

«Berlusconi continua ad essere più forte dei suoi persecutori, mantiene un consenso che continua a renderlo un soggetto politico di primo piano. Purtroppo la violenza giudiziaria assesta un altro grande colpo alla democrazia di questo Paese».

Pensa che la tragedia e il sacrificio di suo padre siano serviti a cambiare in questi vent’anni l’opinione pubblica?

«Oggi il sacrificio di Bettino Craxi mette in luce la gravità dell’azione giudiziaria su cui molti hanno aperto gli occhi. E quindi Berlusconi ha ancora molti anni per difendersi. Deve tenere duro».

In passato lei mosse critiche al Cavaliere, si è riconciliata con lui?

«Feci critiche legittime su un certo andazzo che non mi piaceva. Ma questa battaglia mi trova al suo fianco».

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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