Matteo Messina denaro
(Ansa)
News

Quali segreti di Cosa Nostra si porta nella tomba Matteo Messina Denaro

La morte del super boss della mafia lascia aperto, forse per sempre, diversi segreti su stragi ed attentati

«Messina Denaro porta nella tomba i segreti di Cosa Nostra». Alfonso Sabella, ex sostituto procuratore del pool antimafia di Palermo, commenta così la notizia della morte di Matteo Messina Denaro. A pochi mesi dalla sua cattura il boss di Castel Vetrano che da settimane versava in condizioni disperate per un tumore al colon al quarto stadio, è deceduto all'età di 61 anni. Il padrino latitante dal 1993 è stato arrestato il 16 gennaio 2023, in una clinica privata a Palermo dove era in cura da oltre un anno. Un arresto che ha destato non poche perplessità perché avvenuto alla fine della sua vita quando ormai Messina Denaro gravemente malato sapeva di dover morire. Denaro si è spento senza essersi mai pentito e senza aver detto nulla sulle stragi nonostante fosse l'uomo chiave del biennio stragista 1992-1993 e ritenuto vicinissimo a Totò Riina e quindi conoscitore di oscuri ed importanti pezzi della trattativa Stato-mafia. Nei vari interrogatori ha detto «Non mi pento di nulla»ammettendo di essere un "uomo d’onore". Nel 1993 era stato inserito nella lista dei dieci latitanti più ricercati al mondo e su di lui era stata posta una taglia da un milione e mezzo di euro.
Per Alfonso Sabella magistrato che negli anni Novanta si costruì la fama di “cacciatore di mafiosi” assicurandone alla giustizia decine di primo piano, da Bagarella ai Brusca, da Vito Vitale a Pietro Aglieri, era chiaro sin dal principio che Messina Denaro non avrebbe mai parlato.

«Messina Denaro come tutti i mafiosi del suo calibro ha portato via con se una quantità immensa di segreti che il Paese avrebbe dovuto sapere e che solo lui era in grado di rivelare insieme a Leoluca Bagarella e Giuseppe Graviano che oggi sono ancora in vita. Denaro era un testimone di primo livello rispetto agli altri e avrebbe potuto fare chiarezza sulla strategia stragista del 1993 ma ha scelto di restare in silenzio».

Cosa avrebbe potuto rivelare che non siete riusciti a scoprire in questi anni?

«Molte cose ma soprattutto ad oggi non sappiamo quale sia stato il movente reale che ha portato ad uccidere Paolo Borsellino a distanza di due mesi dall'omicidio di Giovanni Falcone. Solo Messina Denaro, Bagarella e Graviano avrebbero potuto dircelo».

Non si è mai pentito..

«I mafiosi hanno una catena di affetti che sarebbero tutti fortemente coinvolti nel caso questi "uomini di onore" decidano di parlare, così restano in silenzio, sia per proteggere le loro famiglie sia per un codice tutto loro.Matteo Messina Denaro è nato mafioso, suo padre "Don Ciccio"era mafioso, tutto il contesto in cui ha vissuto lo era, per questo mi preme dire che il fatto che si sia consegnato facendo lasciare tracce così evidenti dai suoi famigliari non è stato nello stile di un boss della sua portata. Non è credibile».

Ritiene che sia stato lui a farsi trovare?

«Denaro non ha voluto morire da sconosciuto. Infatti anche il padre quando è morto era latitante ma fece ritrovare il suo corpo perchè voleva essere sepolto in terra consacrata in perfetto stile mafioso». Che eredità lascia?
«Il padrino lascia un'eredità patrimoniale immensa forse di miliardi ma non siamo riusciti a sequestrare tutto. Nel suo testamento ci saranno pochi spiccioli ma non è il suo patrimonio reale. Quello che conta però è che almeno non lascia un erede mafioso».

Le origini del Boss

Figlio di Francesco Messina Denaro, "don Ciccio" lavorava come fattore in alcune tenute agricole della famiglia D'Alì Staiti, di Castel Vetrano. Denaro detto anche "U Siccu"nel 1989 venne denunciato per associazione mafiosa, coinvolto nella faida tra i clan Accardo e Ingoglia di Partanna. Anni in cui ha assunto il ruolo di capo del mandamento di Castelvetrano.

Gli omicidi

Messina Denaro si vantava di avere “ucciso tante persone da riempire un cimitero” e così è stato. Nelle stragi di Capaci e di via D’Amelio a Palermo, furono uccisi Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e otto agenti di scorta: Vito Schifani, Rocco Dicilio, Antonio Montinaro, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Clausio Traina. Denaro fu anche un sostenitore della continuazione dalla strategia degli attentati, insieme agli altri capomafia Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca e ai fratelli Filippo e Giuseppe Graviano.Così, nell’estate del 1993 Messina Denaro fu il mandante delle stragi di via dei Georgofili a Firenze, dove furono uccise 5 persone e ferite altre 37, di via Palestro a Milano, con un bilancio di 5 vittime e 15 feriti, e davanti alle chiese San Giorgio al Velabro e San Giovanni in Laterano a Roma, dove restarono ferite 22 persone. Nel 1993, fu mandante dell’omicidio di Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido a 15 anni ed è stato anche riconosciuto come il mandante dell’omicidio di Giuseppe Montalto, agente di polizia penitenziaria nella sezione 41-bis del carcere Ucciardone di Palermo.

La figlia

Dalla relazione con Franca Alagna nel dicembre del 1996 è nata la figlia Lorenza che da piccola ha vissuto in casa della madre del boss. Lorenza Santangelo negli ultimi giorni di vita del padre ha chiesto e ottenuto di portare all’anagrafe il nome di Messina Denaro che aveva dato il suo assenso dal carcere dell'Aquila, dove è stato recluso, in regime di 41 bis, a seguito dell'arresto avvenuto a Palermo lo scorso gennaio.

TUTTE LE NEWS DI CRONACA

I più letti

avatar-icon

Linda Di Benedetto