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(Ansa)
Salute

La cattiva informazione su Omicron

Venerdì l'allarme in tutto il mondo per la variante sudafricana; oggi ci dicono che non sia pericolosa. La verità è che ci vorranno giorni per capire come stanno le cose. Senza farci prendere dal panico

L’ennesimo esempio di mancanza di equilibrio e razionalità nell’informazione viene dalla vicenda della cosiddetta Omicron, la variante del virus del Covid che si sta diffondendo rapidamente in Sud Africa. Non c’era, e non c’è tuttora, alcun motivo per essere pessimisti. E dunque i toni allarmistici con i quali è stata data la notizia della sua scoperta non erano, e non sono tuttora, giustificati.

Prima di tutto, quando la percentuale di vaccinati della popolazione è bassa, come nel caso del Sudafrica (35%), il virus si replica molto di più e dunque la probabilità di mutazioni aumenta. Queste ultime allora si accumulano per un fenomeno che si chiama drift genetico.

In questo senso, non c’è nulla di sorprendente nella scoperta della variante Omicron. Se qualcosa deve sorprendere è semmai il fatto che i mass media non hanno abbastanza insistito sul rischio di una percentuale di popolazione vaccinata in Africa troppo bassa: solo il 6 per cento, su una popolazione di 1,2 miliardi di persone.

Della nuova variante Omicron, quello che ha colpito i virologi è il fatto che una trentina delle sue mutazioni riguardano proprio la “proteina spike”, cioè quella proteina che riconosce le cellule ospiti del nostro organismo e che è il principale obiettivo della risposta immunitaria indotta dal vaccino.

Di queste mutazioni, molte sono note ai virologi per l’elevata capacità di contagiare: sono identiche a quelle di altre varianti, inclusa la Delta e l’Alpha. D’altronde, il rapido aumento dei casi nella provincia del Gauteng in Sudafrica non fa che confermare l’elevata capacità di contagiare. Detto questo, i sintomi specifici di questa variante non sembrano diversi da quelli di altre mutazioni. E potremmo anche dire che sono anche più lievi, se avessimo abbastanza dati sul comportamento di questa variante su persone anziane anziché sui giovani.

Il prossimo passo quindi sarà capire quanto i vaccini sono efficaci. La maggior parte degli anticorpi si legano a uno dei tre siti del virus che ora sono mutati. Quindi la possibilità della loro inefficacia è concreta. Per questo diversi centri di ricerca stanno ingegnerizzando virus modelli di laboratorio così da renderli portatori delle mutazioni Omicron. Questi verranno poi esposti ad anticorpi di persone vaccinate e di plasma di persone che sono guarite dal Covid per vedere se vengono neutralizzati e in che percentuale. Ciò che si vuole capire non è solo l’efficacia del vaccino ma anche se le reinfezioni sono più comuni con la Omicron che con la variante Delta

Nei centri dell’University della Witwatersrand e del National Institute for Communicable Disease in Sudafrica la variante Omicron verrà sottoposta ai vaccini AstraZeneca, Pfizer e Johnson & Johnson. I risultati dovrebbero arrivare entro due settimane, anche se ritardi sono probabili: il fatto che si debbano aggiungere al virus modello di laboratorio così tante mutazioni richiede tempo.

Qualora questi risultati non siano incoraggianti, Moderna e Pfizer potrebbero, secondo quanto hanno già dichiarato, produrre un vaccino contro la nuova variante Omicron in due mesi e mezzo. Dopo, sarebbe il turno delle valutazioni delle agenzie regolatrici e passerebbero altri mesi.

Ci sono poi indagini in corso sui tamponi. Quelli basati sul PCR sono sicuramente capaci di rivelare la variante Omicron, ma non è ancora chiaro se funzioneranno i test antigenici rapidi e tutti gli altri tipi di test.

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Luca Sciortino