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Salute

Dall'Italia la cura contro il diabete di tipo uno

Un farmaco, studiato e nato in Italia, potrebbe liberare i diabetici dalla famosa puntura di insulina

La cura per il diabete di tipo uno è dietro l'angolo. E potrebbe essere una scoperta rivoluzionaria tutta italiana. Ad annunciarlo è l'azienda biotech milanese Enthera, che sta già producendo un farmaco in grado, se le sperimentazioni avranno successo, di liberare i diabetici dall'obbligo dell'insulina.

Il cosiddetto diabete di tipo uno, che colpisce soprattutto bambini e adolescenti, è una malattia cronica autoimmune che in Italia interessa 250 mila persone, e la cui incidenza cresce ogni anno del 5%. Il sistema immunitario attacca le cellule del pancreas che producono insulina, facendo alzare il livello di zuccheri nel sangue, ed esponendo i pazienti, nel tempo, a possibili complicanze.

A differenza del diabete di tipo due, che colpisce principalmente la popolazione anziana, non ci sono certezze scientifiche sulle cause: lo stile di vita e l'alimentazione potrebbero giocare un ruolo, ma non decisivo. In realtà questo tipo di diabete non può essere previsto, né curato. L'unica terapia di sopravvivenza, che tuttavia impatta sulla vita quotidiana, sono le iniezioni di insulina e il monitoraggio costante della glicemia: nonostante la ricerca scientifica stia compiendo passi da gigante, non esiste ancora una soluzione definitiva.

Il farmaco allo studio dai ricercatori di Enthera, guidati dal professor Paolo Fiorina, docente a Milano e ad Harvard, è un anticorpo monoclonale che sembra essere in grado di rigenerare le cellule insuliniche, favorendo la regressione della malattia. "Il prossimo anno inizieremo la sperimentazione sull'uomo, e finora i riscontri sono molto incoraggianti: insomma, siamo fiduciosi", dice Giovanni Amabile, amministratore delegato di Enthera: "Se i risultati saranno positivi, contiamo di poter commercializzare il farmaco entro cinque anni, ma non escludiamo accelerazioni".

La società ha appena raccolto 35 milioni di euro di finanziamenti, in parte provenienti da alcuni giganti farmaceutici come l'americana AbbVie e la svizzera Roche: si tratta del più grande finanziamento mai erogato ad una biotech italiana. L'interesse crescente degli investitori internazionali è segno che il pool di ricercatori italiani potrebbe essere sulla strada giusta. "Se pensiamo che la nostra avventura è iniziata grazie allo sforzo di sole tre persone, è un risultato straordinario. I fondi raccolti ci permetteranno di accelerare lo sviluppo del nostro farmaco per raggiungere la sperimentazione clinica riguardante l'efficacia e la sicurezza del prodotto – sostiene Amabile - . Abbiamo insomma l'opportunità di portare una speranza reale ai pazienti affetti da queste patologie, fornendo loro cure efficaci e sicure".

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Federico Novella