Sallusti condannato a 14 mesi di carcere
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Sallusti condannato a 14 mesi di carcere

La Libertà di Sallusti è la nostra libertà. L'editoriale del direttore de Il Giornale, ospitato da Panorama in edicola dal 27 Settembre

Cedere ad Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, lo spazio dell’editoriale di Panorama non è un gesto di cortesia, una carineria tra colleghi o un atto di mutuo soccorso tra giornalisti. È stato, per me, un obbligo morale.
Sallusti rischia la libertà a causa di una condanna a 14 mesi di reclusione, che la Cassazione deve confermare o annullare, per un articolo che non ha scritto ma di cui risponde in quanto direttore di Libero all’epoca dei fatti. Si tratta di una legge ridicola che punisce il direttore per qualsiasi cosa esca sul giornale che dirige.
Applicando lo stesso principio, un procuratore della Repubblica dovrebbe essere perseguibile per ogni errore commesso dai suoi pubblici ministeri. Vi immaginate la rivolta? Nel caso del giornalista e direttore Sallusti c’è di mezzo il rispetto della libertà di stampa. Che in una democrazia è sacra, al pari della libertà personale. Per questo la voce di Alessandro Sallusti
è oggi la nostra voce.
Giorgio Mulè

Fa uno strano effetto scrivere un articolo senza sapere se quando sarà stampato potrai rileggerlo da uomo libero. La Cassazione avrà confermato il mio arresto? Sarò il primo giornalista italiano a finire in cella nel Terzo millennio per un reato di opinione?

Oggi che scrivo, ospite del direttore di Panorama che ringrazio per l’onore che mi fa, non lo so ma in ogni caso continuerò a essere un uomo libero, questo è certo. In fondo questa vicenda conferma che in questi anni non ho sbagliato a fare ciò che ho fatto, cioè battermi contro l’arroganza ideologica di una buona parte della magistratura e a difesa di chi voleva
traghettare questo Paese in un moderno sistema liberale.

Il fatto che i primi stiano vincendo e i secondi soccombendo anche per demeriti personali non vuole dire che siamo stati e siamo dalla parte sbagliata. Né mi faccio distrarre dai vari ladroni che infangano e umiliano i simboli dietro i quali si riparano. I ladri non mi fanno paura, prima o poi li smascheri e isoli, sapendo bene che morto un mascalzone se ne farà un altro. Continuo a credere che il vero pericolo che corriamo, e la mia vicenda ne è la prova, è quello di finire nelle mani di persone e partiti che vogliono uno Stato padrone delle nostre vite e delle nostre idee.

Non è un rischio teorico, è una possibilità che era concreta prima dell’avvento di Silvio Berlusconi sulla scena politica, una discesa in campo che ha fermato i comunisti sul bagnasciuga della democrazia. E che ancora oggi esiste, in parte per lo stesso problema in parte per l’avvento di una nuova minaccia: i governi dei tecnocrati, pronti a sacrificare
tutti noi sugli altari dello spread e delle oscillazioni di borsa.

Sia in un caso che nell’altro parliamo di Stati padroni che si infilano nelle nostre vite private per raggiungere i loro obiettivi, che usano la magistratura e le leggi come un’arma per aprirsi la strada. E se non trovano nulla si aggrappano pure a ciò che pensi pur di toglierti di mezzo. Oggi tocca ai giornalisti, più esposti perché di lavoro sfornano opinioni, domani lo stesso trattamento potrebbe essere usato contro comuni cittadini. Per questo penso che non si possa cambiare strada, turiamoci il naso per il tanfo che emanano alcuni occasionali compagni
di strada, ma fino a che ci sarà data la possibilità teniamoci stretti a chi ci promette più libertà.

Alessandro Sallusti

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Giorgio Mulè