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ANSA/ MAURIZIO DEGL'INNOCENTI
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Rosario Crocetta: perché dovrebbe dimettersi

Il Presidente della Regione Sicilia ha ridotto l'antimafia a patacca. Oggi, l'autosospensione dalla carica è solo l'ultimo numero di un grande gaffeur

Non è per un’intercettazione che dovrebbe dimettersi ma per quella pandemia italiana che è la goffaggine, la spericolatezza amministrativa, la demagogia. In quella sciagurata geografia del meditteranneo, la Sicilia amministrata da Rosario Crocetta in due anni e mezzo di governo ha sperimentato 37 assessori, navigato verso il fallimento, fatto da scafista ad un gommone di impiegati pubblici (quasi 50 mila) che fanno invidia ad Atene e che di certo sono uno squilibrio italiano che non solo Crocetta ha difeso ma addirittura irrigimentato come suo piccolo esercito di disposti a tutto: "Non possiamo lasciarli a casa".

Dunque, più che l’intercettazione che il settimanale L’Espresso ha diffuso e che la procura di Palermo ha smentito - una conversazione tra il medico personale di Crocetta, Matteo Tutino da poco arrestato e lo stesso Crocetta, in cui a Lucia Borsellino, ex assessore alla sanità, si augurava la stessa fine del padre - è l’inadeguatezza come metodo che andrebbe imputata e non solo il silenzio che crocifigge questo presidente.

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Crocetta si è autosospeso dalla carica e va ricordato che questo istituto non esiste nella prassi amministrativa siciliana, ma è solo un’invenzione del governatore, l’ultimo suo numero da gaffeur. Il genere antropologico è presto detto: la protervia amministrativa, la vanità, il delirio dell’uomo contro lo Stato e la legge, l’insubordinato al governo, la capacità camaleontica di incistare il vecchio apparato di notabili in nuovi contenitori.

Crocetta addirittura si era creato un partitello-stato chiamato “Il Megafono” che ha dato asilo a molti dei terremotati siciliani sopravvissuti agli avvisi di garanzia, alle indagini prima con Totò Cuffaro e dopo con Raffaele Lombardo, i due ex presidenti inchiodati per accuse di mafia, uno in carcere e l’altro sotto processo.

Per dirne soltanto una, basti ricordare che proprio poche settimane fa ad essere investito del ruolo di assessore alla funzione pubblica è stato Giovanni Pistorio, braccio destro di Lombardo che da assessore alla sanità aveva permesso l’ampliamento della pletora di stipendiati regionali, una schiuma del voto e di consenso garantito.

Nel ruolo di dissidente sui giornali e di tessitore nei sottoscala, Crocetta da sindaco di Gela è entrato di diritto un quell’ordine religioso che è l’antimafia, una chiesa che ha distribuito sacramenti e incarichi e che solo oggi è stata scomunicata, smascherata mentre intascava mazzette (e ci riferiamo al presidente della Camera di commercio di Palermo, Roberto Helg), indagata dai giudici per contiguità con gli stessi clan che diceva in pubblico di esecrare.


La sua opinione sulla Lega e Salvini? "Non farei sesso con lui"

Crocetta ha esibito perfino l’omosessualità per spacciarla come rivoluzione in quell’universo di galli brancatiani che si credono gli uomini siciliani. Al programma “La Zanzara” ha rivelato la sua opinione sulla Lega e su Salvini: "Non farei sesso con lui". Come se non fosse una regione da governare ma una sfilata di semivip, sono stati prima fatti assessori Franco Battiato e Antonio Zichichi.
È finita che il primo si è dimesso per aver definito “troie le donne in parlamento” e il secondo perché secondo Crocetta, “si occupava delle scie cosmiche”.

E dato che la parodia non era sufficiente, Crocetta ha recuperato anche Antonio Ingroia sottraendolo all’anonimato a cui lo avevano destinato gli elettori dopo la sua candidatura con Rivoluzione Civile, un partito che sognava per l’Italia la solita repubblica di magistrati.

Oggi torno a essere la figlia di Paolo. E, in nome dei suoi semplici insegnamenti, chiedo a tutti di non invitarmi, il 19 luglio, alla commemorazione di via D’Amelio

Ingroia è stato designato commissario alla provincia di Trapani e non per liquidare un ente, le province  -che solo qui continuano a vivere - ma con la missione, sentite un po’, di “cercare il latitante Matteo Messina Denaro”. Crocetta lo ha spostato poi in Sicilia e-Servizi, una società regionale. Ebbene, è riuscito a fare indagare dai magistrati un ex magistrato come Ingroia; oggi sia Crocetta che Ingroia sono perseguiti per abuso d’ufficio dalla procura di Palermo.

Con Crocetta la parola antimafia, che nel tempo si era svuotata di significato è stata demolita, al punto che una sfinita Lucia Borsellino che da lui era stata chiamata a tenere le fila della sanità, se ne è andata smarrita non solo come dirigente ma anche come figlia: "Oggi torno a essere la figlia di Paolo. E, in nome dei suoi semplici insegnamenti, chiedo a tutti di non invitarmi, il 19 luglio, alla commemorazione di via D’Amelio" ha detto.

I siciliani, che sono tragediatori, con Crocetta non hanno eletto un presidente ma la sua metafora storica, il "piagnone" che pasticcia ma solo per colpa del mondo. E infatti, ieri, "era già metodo Boffo" e da oggi sarà "metodo Crocetta", ed erano sospiri, lacrime, "è il giorno più brutto della mia vita". Se dovesse dimettersi non dovrebbe farlo per un’intercettazione, ma per abuso di tragedia, per falso storico, per aver ridotto l’antimafia a patacca. In Sicilia la vera urgenza è il melodramma.

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Carmelo Caruso