ThyssenKrupp, le motivazioni: "colpa imponente" dell'ad e degli altri 5 manager
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ThyssenKrupp, le motivazioni: "colpa imponente" dell'ad e degli altri 5 manager

Fu la totale e consapevole mancanza di adeguate misure di sicurezza a provocare il rogo dello stabilimento di Torino

E' stata una "colpa imponente" quella commessa dall'ex ad della ThyssenKrupp Harald Espen Hahn che insieme ad altri cinque manager del gruppo siderurgico ha provocato, per la totale e consapevole mancanza di adeguate misure di sicurezza, il rogo dello stabilimento di Torino nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007 in seguito al quale morirono sette operai.

Lo scrive la Cassazione nelle motivazioni depositate oggi del verdetto emesso lo scorso 13 maggio di conferma delle pene lievemente ridotte nell'appello bis.

Ad avviso della Suprema Corte, quella dell'ex ad e degli altri dirigenti, e' una "colpa imponente" tanto "per la consapevolezza che gli imputati avevano maturato del tragico evento prima che poi ebbe a realizzarsi, sia per la pluralità e per la reiterazione delle condotte antidoverose riferite a ciascuno di essi che, sinergicamente, avevano confluito nel determinare all'interno" dello stabilimento di Torino "una situazione di attuale e latente pericolo per la vita e per la integrita' fisica dei lavoratori".

I supremi giudici affermano inoltre che quella commessa è stata una "colpa imponente" anche per "la imponente serie di inosservanze a specifiche disposizioni infortunistiche di carattere primario e secondario, non ultima la disposizione del piano di sicurezza che impegnava gli stessi lavoratori in prima battuta a fronteggiare gli inneschi di incendio, dotati di mezzi di spegnimento a breve gittata, ritenuti inadeguati e a evitare di rivolgersi a presidi esterni di pubblico intervento".

Nel maggio scorso, i giudici della IV Sezione penale della Cassazione presieduti da Fausto Izzo, avevano respinto i ricorsi dei sei imputati del processo Thyssen tra i quali l'ex amministratore delegato - ed hanno respinto anche la richiesta della Procura della Suprema Corte di riaprire un appello 'ter' per un eventuale ricalcolo delle pene.

Di conseguenza, furono quindi definitive le condanne a 9 anni e 8 mesi di reclusione per Harald Espen Hahn, a 6 anni e 3 mesi per Marco Pucci e Gerald Priegnitz, a 7 anni e 6 mesi per Daniele Moroni, unico imputato presente in aula, a 7 anni e 2 mesi per Raffaele Salerno, a 6 anni e 8 mesi per Cosimo Cafueri.

La decisione della Suprema Corte conferma le conclusioni sanzionatorie stabilite dalla Corte d'Appello di Torino il 29 maggio 2015 al termine dell'appello bis che aveva un po' limato le condanne su indicazione della Cassazione.

Nel 2013, le Sezioni unite della Cassazione avevano escluso il reato della mancata installazione dell'impianto di autospegnimento in caso di incendio dal momento che, a loro avviso, non avrebbe potuto impedire il tragico incendio.

"È una vittoria per tutti i morti sul lavoro, non solo per i nostri figli": così le mamme, le sorelle e le mogli dei sette operai morti a causa del rogo dello stabilimento Thyssen di Torino hanno accolto il verdetto della Cassazione, abbracciandosi, piangendo, telefonando anche ai familiari delle vittime dell'Eternit.

In serata è arrivato anche il commento della Thyssenkrupp.
"Prendiamo atto con rispetto del dispositivo della sentenza. I tribunali italiani hanno dovuto affrontare il difficile compito di valutare penalmente il tragico incidente di Torino e le sue terribili conseguenze per i nostri collaboratori e i loro familiari. Esprimiamo nuovamente -continua la nota della Thyssen - il nostro cordoglio alle vittime e alle loro famiglie. Thyssenkrupp è profondamente addolorata che in uno dei suoi stabilimenti si sia verificato un incidente così tragico. Faremo il possibile affinché tale disgrazia non accada mai più".

"Questa mattina abbiamo pianto di rabbia, adesso versiamo lacrime di gioia perché finalmente possiamo andare al cimitero a dire ai nostri ragazzi che giustizia è fatta, anche se il nostro dolore sarà per sempre, ha detto Grazia Rodinò, la mamma di Rosario Rodinò.

Con lui, dopo atroce agonia, morirono i suoi compagni di lavoro, Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rocco Marzo, Bruno Santino e Antonio Schiavone.

La requsitoria del procuratore
Nella sua requisitoria il sostituto procuratore della Cassazione, Paola Filippi, con un intervento sintetico nel quale non era fatto nessun accenno né alle vittime né alla gravità dell'incidente, aveva chiesto l'annullamento con rinvio delle condanne per rideterminare le pene per i reati di omicidio colposo plurimo per tutti e sei gli imputati, e aveva chiesto l'annullamento con rinvio per ribilanciare la valutazione delle circostanze generiche in favore di quattro imputati a suo avviso "non necessariamente" il trattamento sanzionatorio doveva essere 'abbassato' ma "purtroppo la Corte d'Appello di Torino ha errato nell'interpretazione della sentenza delle Sezioni unite".

Un punto di vista che sembrava aver colto di sorpresa anche il collegio giudicante della IV Sezione Penale.

Il punto di vista del pg, ad ogni modo, non ha fatto breccia tra i giudici.

Gli imputati
I quattro imputati italiani dovrebbero costituirsi spontaneamente in carcere.

Ha già fatto sapere che lo farà Marco Pucci, manager ora responsabile della partecipate dell'Ilva, all'epoca del rogo direttore commerciale di Thyssen.

Per i due tedeschi, invece, sarà necessario un mandato di cattura europeo ma non e' escluso che in Germania si apra la strada per un rilevante ridimensionamento delle loro condanne. "In Germania il tetto edittale massimo per l'omicidio colposo plurimo e' di cinque anni", ha spiegato l'avvocato Ezio Audisio, difensore di Harald Espen Hahn e Gerald Priegnitz. Per effetto di una convenzione tra Italia e Germania, che attua una direttiva quadro comunitaria, e' possibile che i tedeschi scontino la pena nel loro paese in base alle loro norme, dopo un procedimento davanti alla Corte federale.

(ANSA)

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