Rinascita di una terra. Anzi, di Cinque terre
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Rinascita di una terra. Anzi, di Cinque terre

Da Monterosso le immagini della riscossa ad un anno dall'alluvione che portò morte e distruzione

Siamo a Monterosso, tra i comuni più colpiti. Francesco è un bambino di 9 anni: scarpe da tennis, jeans, giubbino scuro, polo, capelli corti tirati su dal gel. È una mattina soleggiata di inizio ottobre e Francesco scende in piazza ad accogliere il suo omonimo Profumo, titolare del dicastero dell’Istruzione, e il parlamentare concittadino Luigi Grillo. Saluta, sguardo fiero, nessun imbarazzo. Fa gli onori di casa e accompagna gli ospiti verso la sua scuola Enrico Fermi. L’edificio, danneggiato dalle frane, riapre per il nuovo anno scolastico. La promessa è stata mantenuta, le istituzioni ci hanno messo la faccia.

Francesco frequenta la quinta elementare. Si definisce «molto allegro, vivace, chiacchierone». Gioca a calcio, ma preferisce il karate perché rafforza i muscoli. È goloso di lasagne al ragù. In televisione guarda Colorado e Scherzi a parte. Il suo giocatore preferito è Thiago Silva, difensore del Milan passato al Paris Saint-Germain. I suoi amici si chiamano Gianluca, Alessandro, Marta, da grande vuole fare il lottatore di wrestling e diventare come Big Show. Da piccolo voleva sposare la mamma, a ogni compleanno le regala un mazzo di rose. Francesco è tifoso del Genoa, ma anche del Cagliari e del Milan: le squadre del suo papà. Il padre di Francesco è l’eroe di Monterosso, Sandro Usai, il volontario della Protezione civile morto mentre cercava di portare in salvo alcuni turisti.

Oggi Monterosso non porta più i segni del disastro. Le uniche tracce tangibili di quello che è stato sono due fotografie della tragedia affisse sui muri all’ingresso del paese con la data 25 ottobre 2011. Per il resto nulla, tutto nuovo e addobbato a festa. Come il negozio di fotografie di Mauro Fioravanti, dentro il quale ha rischiato di restare intrappolato il padre. Si chiama Silvano, ha 74 anni, ha visto la morte in faccia. Aveva l’acqua fino al collo, l’unica via d’uscita una finestra a un metro da terra e grande poco più di un oblò, ma con una grata di ferro all’esterno. Silvano ha strappato una mensola dal muro e con la forza della disperazione si è liberato un buco per la fuga. È rimasto a lungo sui tetti, poi l’hanno accolto al primo piano di un albergo vicino, dove ha passato la notte. All’inizio ha tenuto botta, ma dopo tre mesi è crollato. Notti insonni, corpo rigido, un infarto.

Oggi se la prende con un po’ più di calma e a pranzo porta la moglie al vicino ristorante Al pozzo dall’amico Gino Barilari che gli fa trovare degli gnocchetti ai gamberi da leccarsi i baffi. Gino detiene un record: è stato il primo a riaprire, il 29 febbraio. Tutti gli altri ce l’hanno fatta comunque prima dell’inizio della stagione estiva. Il senatore Grillo è proprio di Monterosso: «La forza di volontà di questa gente ha fatto la differenza. Nessuno ha ancora ricevuto un euro dallo Stato, si sono indebitati per rimettere tutto a posto e ripartire. I soldi pubblici sono serviti a fronteggiare l’emergenza».

Gino Barilari ha dovuto rifare tutto da zero: cucina, frigoriferi, pavimenti, bagni, impianti elettrici, fognatura. Dentro il suo ristorante, mischiate ai detriti, hanno trovato anche due moto con i caschi attaccati, un tronco di ulivo alto 2 metri con le radici, due piante di limoni, ulivi, una brandina, due divani, tante sedie, oggetti di plastica di ogni forma e specie, rame, ferro, calze di nylon.

Una poltiglia sopra la quale quel giorno di ottobre dell’anno scorso ha navigato a lungo Walter Filattiera, 49 anni, della Val di Vara, sopra le Cinque terre, dove i morti e i danni sono stati maggiori. Walter ha un centro per il rafting e, quando ha visto che buttava male, ha chiamato due dei suoi ragazzi e sono partiti con le canoe. Per ore hanno aiutato i vigili del fuoco e i carabinieri, hanno salvato la vita a un camionista straniero e battuto il paese di Brugnato casa per casa per aiutare la gente a fuggire. Li hanno battezzati «gli angeli del fiume».

Anche il sindaco di Vernazza è un angelo, ma della scuola materna. Quando il cronista arriva nel suo ufficio in municipio trova la porta spalancata, dentro non c’è nessuno. Vincenzo Rezasco è in cima alle scale, affacciato su una porta esterna che dà sul cortile dell’asilo. Da circa un’ora le sta provando tutte per convincere un bambino a entrare in classe. Dice che è il figlio di un amico e che aveva superato il gradino dell’inserimento ma questa mattina chissà cosa gli è preso. Accompagna il cronista nel suo ufficio ma dice di aspettare e torna a battagliare con il piccolo ammutinato. Il sindaco Rezasco, 62 anni, si è laureato in lettere moderne a Pisa nel 1974. Ha fatto per due anni il pescatore, poi ha insegnato per 5 anni al liceo di Sarzana, ma a 31 anni, ancora precario e pronto al matrimonio, ha fatto il concorso alle Ferrovie e tanti saluti a tutti.

Vernazza conta 550 abitanti, secondo il censimento del 2012, tre li ha persi nell’alluvione che ha riversato nella via principale 75 mila metri cubi di acqua e fango. Hanno dovuto rifare fognature e acquedotti e a giorni dovrebbe essere riallacciato il metano. La situazione sta tornando alla normalità, si lascerà al fiume quel che si è preso, nel senso che non si cercherà di comprimere il corso naturale dell’acqua e si cercherà di arginare il pericolo di nuove frane. Sono arrivati finanziamenti per 6-7 milioni di euro, a fronte di danni stimati in circa 20. Il sindaco Rezasco dice che c’è da stare tranquilli, perché in condizioni normali non c’è alcun pericolo, e anche per eventi eccezionali c’è un piano della Protezione civile.

L’alluvione alle Cinque terre, però, a Vernazza ha dato una certezza: i giovani. Altro che bamboccioni, apatici e abulici, a dispetto di chi li dipinge sempre in negativo, centinaia di ragazzi e ragazze sono arrivati dalla Liguria e da ogni parte d’Italia, si sono rimboccati le maniche e si sono messi a spalare. Come Chiara, 22 anni, nata a Vernazza, a Milano per studiare, che è tornata subito e dopo un anno è ancora lì a dare una mano. Il 28 febbraio, nel frattempo, si è laureata al Politecnico in design della moda e, dopo avere aiutato a ripulire il paese, durante l’estate ha fatto la cameriera in un bar insieme con Gianmarco, appena uscito dalla Bocconi. Il futuro? Chiara spera solo di non fare la fine del concittadino Marco Fenelli, biologo finito a fare il postino di Vernazza.

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Carmelo Abbate