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ANSA/ALESSANDRO DI MEO
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Riforme: adesso Renzi è costretto a trattare

Dopo il minimo storico ottenuto dalla sua maggioranza sulla Scuola, ora il premier prende tempo e cerca il dialogo sugli altri provvedimenti

Grazie alla solida maggioranza su cui il governo può contare alla Camera, la “Buona Scuola” ha ottenuto ieri il via libera definitivo ma con il numero di voti a favore (277) più basso da quando Matteo Renzi ha messo piede a Palazzo Chigi. I guai veri, infatti, iniziano adesso con le altre riforme da approvare. Il loro cammino è in salita e irto d'ostacoli. E il premier dovrebbe sapere bene a chi dare la colpa dei suoi affanni: al segretario del Pd che non riesce più a contenere le forze centrifughe presenti nel suo partito.

Trattative con la minoranza Pd

Ieri 24 deputati dem non hanno partecipato al voto (tra questi Bersani, Cuperlo, Speranza, Bindi ed Epifani), in 5 hanno espresso parere contrario. Tra loro Alfredo D'Attorre che ha ormai un piede e mezzo fuori dal Pd. Il segnale, insomma, è arrivato forte e chiaro: sulla riforma costituzionale del Senato e del Titolo V, Renzi non conti su di loro. Dovrà trovare altre sponde. Oppure recuperare un dialogo con i suoi. Perché per quanto egli ostenti sicurezza mista a indifferenza (“erano 40 si sono ridotti a 24”), il limitato soccorso verdiniano che ieri ha compensato le defezioni dei dissidenti Pd, non potrà bastargli in futuro. Soprattutto a Palazzo Madama dove i numeri a sua disposizione sono molto più risicati. Scendere a patti con la minoranza potrebbe però essere molto rischioso: la contropartita per un voto favorevole alla riforma della camera alta consisterebbe infatti in modifiche all'Italicum che Renzi non si può permettere. In discussione c'è sempre il famoso “combinato disposto” tra capilista bloccati e senatori non eletti. Il premier dovrebbe cedere su questo punto per far contenti i suoi avversari interni o sul premio alla coalizione, invece che alla lista, per soddisfare quelli esterni.

...e con gli altri partiti: Fi e M5s

Tra questi, in prima linea, c'è ancora Silvio Berlusconi che per Renzi resta l'interlocutore naturale con cui sarebbe utilissimo riuscire a riallacciare un dialogo sulle prossime riforme a cominciare dalla quella della Rai, che il Nazareno vorrebbero portare in porto entro la pausa estiva, fisco e pubblica amministrazione. Secondo alcune indiscrezioni, l'ex premier non escluderebbe del tutto di poter trovare nuove convergenze con quello attuale. Non si tratterebbe, certo, di un “Nazareno bis” ma il sì bipartisan arrivato ieri in commissione Lavori pubblici sulla riforma di viale Mazzini rappresenta comunque un segnale in vista di quella costituzionale attesa in aula a settembre .Altre aperture, più inedite questa volta, potrebbero poi arrivare anche dal Movimento 5 Stelle che sempre ieri ha votato a favore sulla televisione pubblica e che sia sulla riforma della pubblica amministrazione che su quella costituzionale avrebbero lanciato segnali di disponibilità a patto che si ridiscuta di Senato elettivo al momento escluso dal ddl Boschi-Renzi.

La debolezza del premier

Il fatto che la discussione sia stata rimandata a dopo le vacanze è il segnale che il premier ha bisogno di prendere tempo. Ma anche una prova di debolezza. Fosse stato per lui avrebbe fatto il “Renzi 1”, premuto il piede sull'acceleratore e approvato subito tutto quello che poteva approvare. Ma dopo la batosta delle regionali e con un partito in guerra con se stesso sui territori e che perde pezzi in Parlamento, l'unica strada percorribile è stata quella di rinnegare ancora una volta se stesso e continuare a fare il “Renzi 2”.

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Claudia Daconto