Tutti dicono: "Dobbiamo fare le riforme"
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Tutti dicono: "Dobbiamo fare le riforme"

Anche Matteo Renzi lo ha promesso, come tutti quelli che lo hanno preceduto (senza farle)

“Bisogna fare le riforme” lo hanno ripetuto come un mantra tutti i Presidenti del Consiglio incaricati. Non c'è Primo Ministro che non si sia presentato alle Camere per il discorso di fiducia promettendo un processo riformatore senza precedenti in grado di cambiare passo al Paese. Abbiamo estratto le promesse degli ultimi premier agli italiani, scorgendo con imbarazzo che nonostante l'unità di intenti i problemi del Paese non siano stati risolti, anzi...

Matteo Renzi, discorso di fiducia al Senato 24 febbraio 2014:

“Noi abbiamo accelerato e deciso di cambiare l'impostazione del Governo nelle forze politiche che lo sostengono perché pensiamo che fuori di qui ci sia un'Italia viva, brillante e curiosa; un'Italia che, nell'aspettarci fuori da questi Palazzi, si vuole bene e che ci tiene a presentarsi bene. Un'Italia che non ci segue per un motivo: perché è avanti a noi. È avanti a noi: siamo noi a doverla rincorrere e doverla recuperare. È l'Italia che forse si sta stancando di aspettarci, e vi propongo, vi proponiamo, come Governo, di fare di tutto per raggiungerla attraverso un pacchetto di riforme che parta e consideri il semestre europeo come la principale opportunità, che affronti prima del semestre europeo le scelte legate alle politiche sul lavoro, sul fisco, sulla pubblica amministrazione, sulla giustizia, che metta al centro il valore della scuola, ma che parta naturalmente dalle riforme costituzionali, istituzionali ed elettorali, sulle quali si è registrato un accordo che va oltre la maggioranza che sostiene questo Governo, e per il quale noi non possiamo che dire che gli accordi li rispetteremo nei tempi e nelle modalità prestabilite”.

Testo integrale

Enrico Letta, discorso di fiducia alla Camera dei Deputati 29 aprile 2013:

“Di solo risanamento l'Italia muore. Dopo più di un decennio senza crescita, le politiche per la ripresa non possono più attendere. Semplicemente non c’è più tempo: tanti cittadini, troppe famiglie sono in preda alla disperazione e allo scoramento. Ecco perché la riduzione fiscale senza indebitamento sarà un obiettivo continuo e a tutto campo. Anzitutto, quindi, ridurre le tasse sul lavoro, in particolare su quello stabile e quello per i giovani neoassunti  Poi, una politica fiscale della casa che limiti gli effetti recessivi in un settore strategico come quello dell'edilizia, includa incentivi per ristrutturazioni ecologiche, affitti e mutui agevolati per giovani coppie; e poi bisogna superare l'attuale sistema di tassazione della prima casa, intanto con lo stop ai pagamenti di giugno per dare il tempo al Governo e al Parlamento di elaborare insieme e applicare rapidamente una riforma complessiva che dia ossigeno alle famiglie, soprattutto quelle meno abbienti . Misure ulteriori dovrebbero essere il pagamento di parte dei debiti delle amministrazioni pubbliche, l'allentamento del Patto di stabilità interno, la rinuncia all'inasprimento dell'IVA, l'aumento delle dotazioni del Fondo centrale di garanzie per le piccole e medie imprese e del Fondo di solidarietà per i mutui. Ma questi provvedimenti, sebbene necessari, non sono sufficienti”.

Testo integrale

Mario Monti, conferenza stampa di presentazione del Decreto Salva Italia, 4 dicembre 2011:

“Oggi abbiamo adottato una serie di provvedimenti di emergenza e abbiamo però nel prendere questi provvedimenti abbiamo tenuto presente di creare le condizioni per la crescita dell'Italia. Ad un tempo mettere sotto controllo il nostro disavanzo e abbiamo anche dato peso all'equità, distribuito i sacrifici. Abbiamo preso misure significative contro l'evasione fiscale, una cosa che direte è stata promessa tante volte senza esiti significativi. Ci sono provvedimenti specifici che pur nelle ristrettezze finanziarie mirano a favorire la condizione delle donne, a favorire la condizione dei giovani, a favorire una migliore coesione territoriale e uno sviluppo del Mezzogiorno. E tutto questo quindi dà l’idea che contemporaneamente abbiamo per certi aspetti da tirare la cinghia e per altri aspetti però mettiamo in opera da subito meccanismi per la crescita dell'Italia.
Noi vogliamo che ci sia un’Italia che si senta orgogliosa di essere Italia, che gli italiani non si sentano derisi come qualche volta può essere accaduto in passato e che, diciamo fino in fondo, noi italiani, che siamo considerati giustamente delle individualità di spicco simpatiche, capaci e inventive, cerchiamo anche di lavorare meglio insieme, con una maggiore coesione per cercare di svilupparci nella armonia”. 

Silvio Berlusconi, discorso di fiducia alla Camera dei deputati, 13 maggio 2008:

“Noi faremo la parte che un forte consenso democratico ci ha assegnato. Non abbiamo promesso miracoli, ma intendiamo realizzare piccole e grandi cose. […] Il reddito di chi lavora va sostenuto anche dalla fiscalità generale, soprattutto in una fase in cui il divario tra prezzi e potere d’acquisto dei salari e degli stipendi si è fatto in certi casi intollerabile, e chi si impegna a lavorare di più e a contribuire alla competitività delle imprese va incoraggiato con una sensibile detassazione dei suoi guadagni. Punto quarto. La sicurezza della vita quotidiana deve essere pienamente ristabilita con norme di diritto e comportamenti preventivi e repressivi delle forze dell’ordine che siano in grado di riaffermare la sovranità della legge sul territorio dello Stato.
[…] Dobbiamo tenere i conti in ordine, ridurre il peso del debito pubblico in proporzione al fatturato del Paese. Dobbiamo accrescere la volontà e la capacità di contrastare l’evasione fiscale, ristabilendo però il principio liberale secondo il quale le tasse non sono “belle in sé” e neppure un tributo moralistico al potere indiscusso dello Stato. Le imposte sono il corrispettivo che i cittadini devono allo Stato per i servizi che ricevono e sono quindi il presupposto e la garanzia del buon funzionamento dei servizi pubblici e la tutela di un equilibrio sociale responsabile, mai punitivo verso chi produce la ricchezza da ridistribuire con equità.
Dobbiamo contrastare il calo di competitività del sistema economico mettendo l’insieme del Paese che lavora e produce al passo con quelle splendide imprese italiane che si sono ristrutturate in questi anni, che hanno affrontato le sfide competitive della globalizzazione e della liberalizzazione dei mercati con animo intrepido e con successo, con inventiva, con amore per il lavoro ben fatto”.

Testo integrale

Romano Prodi, discorso di fiducia al Senato della Repubblica, 18 maggio 2006:

“Dopo dieci anni di riforme e controriforme, è giunto il momento di mettere ordine, fare il punto, cambiare ciò che palesemente non funziona o ciò che appare sbagliato, e dare stabilità. 
[...]Noi intendiamo dunque ridurre sensibilmente, in una misura quantificabile in cinque punti nel primo anno di legislatura, l'eccessivo carico contributivo sul lavoro dipendente. Una riduzione che, andando a beneficio sia delle imprese che dei lavoratori, sarà capace di agganciarci con maggiore slancio alla ripresa europea, di avviare un nuovo ciclo di investimenti, e di stimolare una ripresa dei consumi. Una riduzione che, attenuando di molto la convenienza dei contratti atipici, contribuirà come ho già avuto modo di notare a contrarre l'area del precariato. 

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Silvio Berlusconi (Berlusconi bis), discorso di fiducia Senato della Repubblica, 18 giugno 2001:

“Noi siamo qui per lo stesso motivo di allora: vogliamo cambiare l'Italia. Lo faremo pacificamente, nell'ordine, nel libero dibattito democratico, guardando ai valori fondamentali della persona scolpiti nella Costituzione della nostra Repubblica, nel rispetto intransigente dei diritti civili di ciascuno, ma lo faremo. Lo faremo nella legalità, in piena integrazione nel sistema istituzionale vigente e nel rispetto di tutti i poteri costituzionali dello Stato, ma lo faremo. Lo faremo nell'ottimismo, che non c'è mai mancato, nello spirito di fiducia e di collaborazione con tutti coloro che mostrano buona volontà e anche in un clima sereno, ma lo faremo, perché il Paese, che noi tutti amiamo, ha il diritto di compiere e completare al meglio la lunga e difficile transizione che ha investito il sistema politico e costituzionale.
C'è un capitolo da chiudere definitivamente, ed è quello della vecchia politica, e c'è un capitolo tutto da scrivere, quello di un nuovo modo di fare politica”.

Giuliano Amato, discorso di insediamento, 26 aprile 2000:

[…] “C'è, quindi, bisogno di eliminare le rigidità che possono intralciare il cambiamento, ma c'è anche bisogno di nuove forme di promozione e di tutela sociale coerenti con il cambiamento. 
Cercherà di farlo con un programma che in ragione del ristretto orizzonte temporale sarà realisticamente limitato alle più essenziali e prioritarie iniziative legislative, tentando, per il resto, di rendere operativi e concreti i tanti impegni di riforma che già hanno trovato in questi anni traduzione legislativa. Poca legislazione, insomma, e tanta azione, organizzazione, risultati: questo è ciò che vorremmo fare, il che non significa che mancherà il lavoro per il Parlamento”.

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Massimo D'Alema (D'Alema 2), discorso di fiducia alla Camera, 22 ottobre 1998:

“Il Governo intende, dunque, incoraggiare il Parlamento affinché si sviluppi un confronto ed una ricerca comuni per individuare una base condivisa in vista di una nuova legge elettorale. Una legge in grado di garantire la stabilità del Paese, di non sacrificare il pluralismo della rappresentanza istituzionale ma, al contempo, di evitare una sua inutile e dannosa frantumazione con il pericolo di abbandonare una cultura maggioritaria di impronta europea. […] L'Italia è un grande Paese che si trova al centro di una stagione decisiva per il proprio avvenire.Questa è la vera sfida per tutti i cittadini, per i giovani, per il mondo dell'impresa, per le donne. Dovremo abituare noi stessi a dirci europei assai più rapidamente del tempo impiegato a riconoscerci come italiani. Europei per la moneta che useremo la mattina al bar. Per il modo di organizzare il nostro lavoro, lo studio, la mobilità”. 


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Sara Dellabella