Riforma della scuola: verità e bugie
Il ruolo del preside, le detrazioni per le famiglie, il 5xmille: uno sguardo attento al testo di legge
"Non voglio morire all'ultimo gradino della scala sociale, non me lo merito, la mia è una professione nobile". Patrizia Prestipino è un'insegnante di italiano e latino al liceo, fa parte della commissione scuola del Pd e da mesi sta lavorando alla riforma contro la quale oggi i sindacati hanno indetto uno sciopero generale e manifestazioni in numerose città italiane. Una riforma che, secondo lei, i suoi colleghi non hanno nemmeno letto. "Litigo da giorni anche con i parenti – ci racconta – mia zia insegnante è convinta che con la "buona scuola" potranno licenziarla. Ma quando mai? I sindacati sono stati bravissimi a far passare il messaggio che stiamo andando verso prof di serie A e di serie B, studenti e scuole di serie A e di serie B". E non è così? "Assolutamente no, piuttosto finalmente sarà riconosciuto merito a chi lavora di più e meglio".
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Il preside non potrà licenziare ma sarà premiato il merito
Di riforma che "lede il diritto costituzionale della libertà di insegnamento, che affida a un singolo, il dirigente scolastico, la totale discrezionalità su chi debba insegnare o meno, che divide in modo arbitrario i precari e favorisce i ricchi" ha parlato anche la segretaria della Cgil Susanna Camusso. Eppure, in nessun passaggio del disegno di legge all'esame della Camera c'è scritto che il preside avrà la "totale discrezionalità sugli insegnanti" o la facoltà di licenziare chi gli pare.
Piuttosto potrà assumere, con contratti a tempo determinato, il personale necessario a garantire l'offerta formativa proposta dalla sua scuola. Per quanto riguarda gli insegnanti già in ruolo, nessuno li toccherà. Se dovesse passare la riforma, chi farà di più guadagnerà di più, al netto degli scatti d'anzianità che comunque, a differenza di quanto si era ipotizzato all'inizio, non saranno toccati. Un modo per incentivare l'aggiornamento e la formazione continua dei docenti (e non "clientele e corruzioni" come teme chi protesta), soprattutto quelli più giovani, e premiare il merito. "La verità – spiega Prestipino – è che molti colleghi hanno paura del giudizio, non si fidano dei presidi, ma sbagliano perché anche loro, a loro volta, saranno valutati".
Studenti di serie A e di serie B?
Ma la "buona scuola" di Renzi è sotto accusa anche per i presunti finanziamenti alle scuole private a discapito di quelle pubbliche e per la possibilità da parte delle famiglie di devolvere il 5xmille direttamente a un istituto a loro scelta. L'obiezione è che così le scuole di Scampia verseranno in condizioni sempre peggiori e quelle del Vomero si arricchiranno sempre di più creando sempre maggiori disparità sociali e culturali.
In realtà la prova che le scuole private, quindi quelle presumibilmente dotate di maggiori risorse e strumenti, sfornino studenti migliori di quelli che hanno frequentato le scuole pubbliche, non c'è. Il livello generale è basso in entrambi i contesti. Ai test PISA (Programma per la valutazione internazionale dell'allievo) gli studenti italiani, soprattutto in materie come matematica, scienze e lettura, non hanno mai brillato troppo. Un primo lieve miglioramento nelle loro performance è stato registrato solo nel 2014 quando sono sono riusciti a piazzarsi 15esimi su 44 paesi.
Soldi alle scuole per ricchi?
Anche per quanto riguarda i cosiddetti "finanziamenti" alle scuole private, in realtà si tratta di detrazioni fino a 400 eurol'anno per le famiglie che decidono di iscrivere i propri figli alle paritarie. Famiglie non necessariamente ricche in cui, calcolatrice alla mano, madri e padri si sono resi conto che mandare i propri figli alla privata (la maggior parte degli iscritti frequenta asilo, elementari e medie) gli costa meno che pagare una baby sitter.
D'altra parte nemmeno la possibilità di ampliare il 5 per mille alle statali, come modalità di autofinanziamento, è vista di buon occhio. Non solo perché ciò rischia di innescare una rivalità tra enti che dai 50mila attuali diventerebbero 92mila costretti a dividersi un fondo fissato nel 2015, e anche nei prossimi, a 500 milioni di euro, ma anche perché si creerebbe un divario tra le scuole che hanno più contribuenti e contribuenti più abbienti. Ma se l'obiezione fosse fondata, allora il 5per1000 dovrebbe essere abolito del tutto per non fare differenze tra onlus che si occupano, tutte allo stesso modo anche se in campi diversi, di fare del bene al prossimo ma che, per lo stesso principio, non possono contare sullo stesso numero di contribuenti.