Riforme: Renzi ha un anno, non mille giorni
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Riforme: Renzi ha un anno, non mille giorni

Napolitano non è diposto a restare oltre il 29 giugno 2015, quando compirà 90 anni: se per allora il premier non avrà realizzato le riforme, il rischio di altri 101 per eleggere successore al Quirinale aumenta a dismisura

“L’incontro con i Cinquestelle? È una dimostrazione di forza, ma  attenzione anche di debolezza da parte di Matteo Renzi. Perché il capo dello Stato non benedirà mai un accordo e figuriamoci un governo un giorno con Beppe Grillo. Senza quindi Forza Italia e gli altri partiti.  E senza l’aiuto di Giorgio Napolitano Renzi difficilmente le riforme riuscirà a farle, ma deve fare presto, ha ormai solo un anno di tempo...”.

Il parlamentare pd, attento osservatore delle cose che si muovono sul colle più alto, sotto anonimato, a Panorama.it spiega il crinale delicatissimo sul quale si trova a camminare il premier e segretario. Intanto, c’è un fattore tempo: Renzi deve concludere la partita al massimo entro il 29 giugno del 2015. Ovvero il giorno del novantesimo compleanno del capo dello Stato che avrebbe fissato proprio in questa data la vera deadline per restare ancora sul Colle. Oltre il novantesimo anno, con o senza riforme, il presidente della Repubblica sarebbe davvero intenzionato a non restare. E se il cronoprogramma renziano dovesse subire ulteriore slittamenti per il premier senza Napolitano la situazione potrebbe diventare ad alto rischio.

Perché, nessuno lo ha notato finora, “ Napolitano è stato ed è anche un deterrente per il Pd a non spaccarsi in questi travagliati mesi dopo l’avvento di Renzi e la defenestrazione di Letta”, fanno notare i  ambienti di Largo del Nazareno. E aggiungono: “Nel caso sciagurato Napolitano lasciasse senza che Renzi sia riuscito a fare le riforme, altro che carica dei 101 per l’elezione del nuovo inquilino del Colle: di cariche di 101 ce ne sarebbero cento, per dire”. Ecco perché quella di chiedere, come ha fatto alla Camera inaugurando il semestre europeo, ancora 1000 giorni in realtà per il premier è un’arma spuntata. E Renzi lo sa bene.

Lo avrebbe solo fatto per blandire e al tempo stesso minacciare i ribelli, del Senato innanzitutto, ai quali in sostanza ha mandato il seguente messaggio: se fate i bravi, state qui altri tre anni, sennò si va a votare. Ma anche questa rischia di essere un’arma spuntata. In ambienti vicini al Colle, danno per certo che non sarà mai Napolitano a sciogliere le Camere. Ma il suo successore. E a quel punto una parola trovare la persona giusta che metta Renzi al riparo delle tante cariche dei 101. Non è un caso che il nuovo Senato il premier lo voglia fatto in prevalenza da amministratori pd che insieme ai 340 deputati che sarebbero garantiti dall’Italicum e i delegati delle regioni sarebbero la garanzia eterna per non essere travolti dalle cariche dei 101.  

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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