Renzi, l'uomo che si crede Dio
Il premier Matteo Renzi avvolto in un mantello con sotto la scritta 'Ceci n'est pas un communiste', riferimento alle recenti parole del Papa e alla celebre opera di Magritte. Sono alcune delle nuove visioni create dallo street artist Beast, che le ha incollate incorniciate come quadri sui muri di corso di Porta Ticinese, a Milano. ANSA
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Renzi, l'uomo che si crede Dio

Si paragona a tutti i grandi, i giornali lo celebrano. Così Renzi si è fatto religione

Si è paragonato a tutti, per ultimo a Michelangelo. E dite se quella di Matteo Renzi non è un escalation, un’esplosione di egolatria. Preparatevi. Ha cominciato da bambino con Sandro Pertini: «Da grande farò il presidente della Repubblica come Sandro Pertini». Nel 2009 con Giorgio La Pira: «Il paragone mi garba perché, come disse Mario Luzi: levò alto i pensieri, stellò forte la notte». Ha continuato con il Farinata di Dante Alighieri: «Come Farinata, combatto a viso aperto». Quindi con Niccolò Machiavelli: «Perché ci esorta a procedere in modo temperato ma anche senza “si fare paura da se stesso”». E poi con Filippo Brunelleschi: «Perché ardisce a cose che mai furono tentate». Infine si è antropomorfizzato con la natura come faceva Giove: «Io sono torrente, loro palude».

Chi manca adesso? Il prossimo passo è Dio: dacci oggi il nostro rottamatore quotidiano. E non si creda un’esagerazione. Renzi, come racconta, ha già insidiato il cielo, tentato la spallata al Creatore: «Il mio confessore mi diceva: Matteo, Dio esiste, ma non sei tu, rilassati». Finalmente ci è riuscito e come i sacerdoti nei rituali parla di sé in terza persona: «Se Renzi non da i soldi agli italiani è un buffone»; «Se Renzi non taglia il senato lascia la politica». Ebbene, questi sono i primi sintomi della mutazione: con lui la politica è escatologia. Come nella dottrina religiosa, Renzi è adesso considerato il fine ultimo per giungere alla resurrezione del corpo e quindi dell’Italia.

Con un’operazione che ricorda la settimana Incom, i giornali italiani stanno facendo di lui la nuova autobiografia della nazione. Mentre il settimanale The Economist lo definisce «un giocatore di azzardo», nelle nostre redazioni si costruisce la nuova teologia, si racconta il mito del predestinato a riscattare dalla politica gretta e meschina e dal giogo tedesco di Angela Merkel. La cronaca del suo incontro con la cancelliera, sulCorriere della Sera, è ode e gastronomia: «Mentre sfilavano diverse portate: insalata di melanzane, fagiolini e pomodoro (…) Renzi ha cercato di spiegare cosa intende fare: Stiamo provando a fare una pacifica rivoluzione». L’incontro con Barack Obama è invece un testo veterotestamentale: «E in Renzi (…) Obama, ingrigito, scolpito dal tempo, rivede se stesso, il suo entusiasmo, la sua energia e il colore dei suoi capelli».

A un tratto è così tornata a soffiare l’adulazione più cortigiana, aperto l’arruolamento a chi canterà con lirica e prosa le gesta del nostro eroe. Tutto deve essere magnificato, innanzitutto la pudicizia del pargolo italico: «Renzi pregava ogni mattina di fronte all’edicola di piazza Vittoria». La precocità: «Renzi ha ottenuto la maturità un anno prima perché Renzi è in anticipo anche con il futuro». L’insubordinazione: «Tutti gli scolaretti con il grembiule di ordinanza, lui no. Lui aspettava quella da generale». E Maurizio Mandola, titolare della pizzeria Far West di Pontassieve, intervistato nel libro “Renzi, nascita e successo di un leader bambino”, ci rassicura che il presidente possiede uno stomaco d’acciaio: «Può mangiare due margherite, uno dopo l’altra». Non sono frasi inventate ma bensì, va ribadito, stralci, interviste, testimonianze: il passo cadenzato di un rottamatore partito da Rignano e che si è preso il governo.

La transustanziazione – che in teologia è il passaggio dalla sostanza dell’eucarestia alla sostanza di Cristo – è avvenuta definitivamente. Il corpo di Renzi è già idolatrato insieme alla pancia, sempre più evidente. Ma non sia chiamato grasso, in lui la pancetta non è sovrappeso, bensì adipe sano e gagliardo.

Dunque al bando l’apostasia! A Renzi tutto si sta rimettendo pure quella casa di via degli Alfani che come ha rivelatoLiberoha abitato disordinatamente per tre anni a spese dell’amico Marco Carrai, amico certo, ma anche imprenditore che faceva profitto con il comune di Firenze. Carrai, con Renzi sindaco, è stato indicato e nominato in società esterne ma collaterali al comune, partecipato alla raccolta di fondi per le primarie, è stato ed è quadrumviro insieme a Luca Lotti, Francesco Bonifazi, Graziano Del Rio della presa del potere. E c’è già tutto il turbine che Renzi diceva di rottamare: casa, politica, amicizia e lottizzazione. Non è anche questo un conflitto? E però, la stampa ha decretato che colpa non è ma di amico si tratta. Per giustificarlo è stata generata ad opera del conte piemontese de La Stampa, Massimo Gramellini, la “differenza morale” come nuova categoria ecclesiale.

Renzi che si difende sembra il pastore che lavora per la salute del gregge e la casa di Carrai non è leggerezza, ma diventa necessità per il riposo del giusto dopo l’attività svolta in comune fino a tarda notte. Il presidente infatti dorme poche ore, si alza presto e tiene la luce accesa a Palazzo Chigi come quella di Palazzo Venezia dove il duce lavorava sui dossier. Come astro pantocratore benedice il giorno degli italiani con il tweet delle 6,40: «A Palazzo Chigi lavorando sui dossier più urgenti del governo. #Buongiorno». I suoi cinguettii, come bollettini radio inoltrati alle vecchie prefetture, dettano invece il palinsesto televisivo, la scaletta dei telegiornali.

Renzi va in Europa regalando magliette di calcio della sua Fiorentina, con la Merkel dottoreggia sulla gracilità dei tendini del bomber tedesco Mario Gomez. Ed è la solita politica estera: il calcio che ha fatto infuriare, oggi viene legittimato come pratica di diplomazia. Attenzione, con Renzi il difetto si sta trasformando in rimedio, tutto ciò che è sopra le righe diventa margine, è stile la mancanza di stile, l’Europa che sorride e che continua a schernirci con Renzi diventa l’Europa che ci teme e che ci ascolta, le pacche a Barack Obama sono empatie,  l’errore lessicale (“tram-tram” invece di tran-tran) è colloquialismo, il premierato forte ora è chiamato dal più grande giornale progressista,La Repubblica, la “grande riforma” e non un assalto alla Costituzione. E c’è perfino l’incremento della demografia. Come ha detto ad Aldo Cazzullo, il prossimo tema sarà la natalità: «Trovo sconvolgente che l’Italia abbia il tasso di natalità più basso».

In realtà, Renzi è confusione, un frullato di teorie dall’esito incerto: veste in maniera disordinata il soprabito, indossato di fronte alla Merkel, come risiede in maniera goffa nelle sue case. E non vuole la scorta perché tutti possano toccare il lembo del suo piumino; non perde tempo nelle conferenze stampa («perché se rimango qui non mi si vede»); evita i cronisti perché con i direttori dei giornali scambia direttamente sms; non ascolta nessuno perché lui è attento solo «alle famiglie italiane»; fugge dal G8 come fosse al desco di casa perché a Roma lo aspettano le riforme provvidenziali, strutturali, definitive.

Ecco, oramai non c’è giorno in cui non alzi il tono: la rivoluzione è quotidiana come la caffeina, lo stupore è ordinarietà, la prima è sempre una replica. Dopo lo Stato a cosa metterà mano? Rimarrà il calendario, poi verrà la noia e lo sbadiglio. Scusi, Renzi: domani a che ora comincia la rivoluzione?

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Carmelo Caruso