Asaro Quei bravi ragazzi
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Rapina al Jfk: la storia di Vincent Asaro

Chi è il boss del clan Bonanno, assolto a sorpresa, che ha ispirato la trama di "Quei bravi ragazzi” di Scorsese

"Una persona che non vuole stare sotto i riflettori”, così aveva detto un suo avvocato Gerald McMahon. "Solo così puoi arrivare a 80 anni e essere ancora vivo”.

Vincent Asaro, 80 anni, membro del clan Bonanno, è stato arrestato almeno 21 volte dal 1957 al 2014. Ed è stato sempre rilasciato per mancanza di prove. "L'ultimo dei bravi ragazzi ”, come più volte si è definito, è stato assolto di nuovo ieri da tutte le accuse.
Vincent Asaro è uscito quasi all'imbrunire, alzando le mani e sorridendo da vincitore, e ha pronunciato una sola parola "Libero”.


L'80enne era accusato di una lunga lista di reati di cui di cui si era macchiato nel corso di tutta la sua carriera criminale, durata ben 45 anni, dalla fine degli anni 60 al 2013: dall'associazione mafiosa all'omicidio, fino all'estorsione e all'accusa di essere una delle menti dietro alla più grande rapina della storia degli Stati Uniti. Ovvero il colpo avvenuto l'11 dicembre 1978 quando vennero rubati 6 milioni di dollari (5 in contanti e 1 in diamanti e oro) da un caveau di Lufthansa all'aeroporto John F. Kennedy di New York.

Un piano tanto ingegnoso da essere diventato la trama centrale del capolavoro di Martin Scorsese "Quei bravi ragazzi” ("Goodfellas”) del 1990.
Asaro, sotto custodia dal gennaio 2014, rischiava l'ergastolo e invece, a sorpresa,  è riuscito a tornare in libertà "pulito’”.

Il processo era iniziato a ottobre in un'aula del tribunale di Brooklyn: nelle tre settimane di procedimento la corte ha potuto assistere "a un ritratto della mafia lungo 40 anni: dagli anni del suo dominio a New York, per arrivare a testimonianze, conversazioni registrate, deposizioni, sorveglianza dell'Fbi che hanno poi portato al suo declino", ha scritto il New York Times. "Vincent Asaro è stato stroncato in età adulta dalla violazione dei codici che lui stesso ha abbracciato: la sua è la storia della scomparsa della mafia a New York e di uno stile di vita", ha spiegato il quotidiano.


Vincent Asaro, conosciuto anche per il suo tatuaggio "morte prima del disonore” si è sempre rifiutato di scendere a patti con la giustizia.

E' probabilmente considerato uno degli ultimi fedelissimi al codice mafioso sull'omertà. Nonostante quei codici siano stati più volte violati. Anche dalla sua stessa famiglia.
Vincent Asaro venne arrestato nel gennaio dello scorso anno, insieme ad altri 4 presunti mafiosi della famiglia Bonanno, nell'ambito di una serie di indagini su casi irrisolti da anni. La polizia è potuta risalire a lui dopo il ritrovamento di resti umani sotterrati nella casa di un defunto membro del clan Lucchese, Jimmy Burke, che la polizia ha per anni sospettato di essere il cervello della rapina al Jfk (ruolo poi interpretato da Robert De Niro nel film di Scorsese).

"È proprio dal rapporto tra i due che la pubblica accusa - scrive il Nyt - ha ricostruito l'ascesa di Asaro all'interno della famiglia mafiosa: da ladruncolo a omicida. Grazie anche alla testimonianza di Gaspare Valenti, cugino di Asaro, poi pentito e divenuto un collaboratore del governo".
E' stato proprio Valenti a farsi avanti con nuove informazioni sulla rapina, accettando di indossare un microfono per farsi confessare il crimine. Ed è stato sempre lui a raccontare in tribunale il primo omicidio commesso da Asaro insieme a Burke nel 1969. Quello di Paul Katz, strangolato con un guinzaglio per cani perché sospettato di essere un informatore. "Li aiutai a seppellire il cadavere sotto un blocco di cemento", ha testimoniato Valenti.
Nel 1970, Asaro venne formalmente introdotto nella famiglia Bonanno. La svolta avvenne nel 1978 con la rapina al Jkf. Asaro mantenne il silenzio, imponendo anche alla famiglia di non dare nell'occhio. "Ci disse di stare attenti, di non acquistare nulla di prezioso", ha raccontato il cugino. Ma con il bottino di 750mila dollari che gli spettò, Asaro aprì un locale, 'After' (inteso come 'dopo' la rapina al Jfk).
"Si comportava come se fosse ancora nel '50, negli anni d'oro della mafia. Ma eravamo ormai al 1980 - scrive il Nyt - e la mafia, dopo un periodo di prosperità e influenza, aveva iniziato il suo ripido declino". 

Ma, dopo 4 settimane di processo e tutto questo è arrivata l'assoluzione. Totale. 
Ritornano in mente le sequenze di un film già visto e il sorriso di Asaro, ricorda quello sprezzante e ironico di De Niro. Nel film.
Solo che questo non è un film. Ma la realtà. E resta un senso di sconforto e di impotenza.

Vincent Asaro all'uscita del tribunale di Brooklyn

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Asaro all'uscita del tribunale con i suoi due avvocati Elizabeth Macedonio e Diane Ferrone

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Marina Jonna

Giornalista e architetto: scrivo da sempre di design e tecnologia. Ultimamente ho allargato i miei orizzonti scrivendo di benessere, sport, scienze e attualità. Oltre a intervenire, sporadicamente, su R101 . Avete bisogno di un trattato sul "Paradiso della brugola" ? Sono pronta a scriverlo!

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