Questo treno è uno scandalo
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Questo treno è uno scandalo

Circumvesuviana: la peggiore ferrovia d'Italia

Anche i bigliettai qui sono passati dalla parte dell’illegalità: a Somma Vesuviana aprono i tornelli per i portatori di handicap a una giovanissima donna in salute che non ha obliterato il biglietto. E lo stesso ha fatto in precedenza una nonna che spinge il nipote a fare altrettanto: «Facimm’m press, passa». Non c’è stazione di questa sciagurata Circumvesuviana, la ferrovia regionale campana che collega Napoli a Pompei, a Sorrento, a Sarno, ad Acerra, in cui non si sia combattuta la jihad contro il treno, il mezzo di trasporto che ha fatto l’unità e che oggi gli stessi pendolari attaccano come se fossero mujaheddin. A Pollena hanno distrutto i bagni di servizio; a Sarno hanno forzato le sbarre di entrata; a Gianturco hanno vandalizzato i vagoni; a San Giovanni hanno sventrato le carrozze; a Somma Vesuviana hanno divelto i tornelli. In questi luoghi il vero comportamento eversivo è timbrare: il 40 per cento dei passeggeri, calcola la società di gestione, non paga il biglietto. E i trucchi si tramandano di generazione in generazione, come fa la nonna che impartisce al turista lo stesso consiglio tramandato al nipote: «’O segreto è muovere il tornello indietro. ’O sanno tutti ca è rotto, scassato. Anche un milanese a Napoli non paga». L’ultimo «Rapporto Pendolaria», la campagna annuale di Legambiente sul trasporto pubblico, ha dichiarato la Circumvesuviana peggiore ferrovia d’Italia. Del resto, ha lasciato appiedato lo stesso ministro della Cultura Massimo Bray in visita a Pompei.

La società ha bilanci cronicamente in passivo, 200 milioni di debiti e 1.396 dipendenti (di questi ben 275 amministrativi entrati come macchinisti e capotreni e transumati negli uffici): un cadavere cui sia la Regione Campania sia lo Stato iniettano annualmente denaro, evitandone il fallimento. Solo negli ultimi tre anni la regione ha distribuito 626 milioni di euro all’Eav, la holding che riunisce Circumvesuviana, Sepsa e Metro Campania Nordest. L’Eav ha un debito di 525 milioni, 156 dei quali sono serviti per la manutenzione straordinaria, mentre altri 200 si appresta ora a destinarli lo Stato attraverso i fondi Fas per le infrastrutture, che nel Mezzogiorno sono il coperchio per tutte le pentole.

È solo grazie a questo accordo fra Stato e regione che in Campania si è evitata la chiusura della più affollata tratta ferroviaria d’Italia, con punte di 40 milioni di passeggeri l’anno e un distretto come quello di Castellammare che fornisce tanti viaggiatori quanti Hong Kong. Su 142 treni della Circumvesuviana oggi 89 sono fermi: solo 53 sferragliano sulle traversine di una rotaia ormai logora, che non permette di superare la media di 20 chilometri orari.

I treni vandalizzati sono stati abbandonati sulle tratte, ridotti a carcasse, incolonnati a bordo dei binari, nemmeno fossero bare del nostro trasporto su ferro. Se ne contano otto ad Acerra, tre a Scisciano, due nella stazione Vittorio Veneto, due a Baiano, sette nell’officina di San Giovanni. L’Eav, che da metà 2011 è guidata dal socialista Nello Polese, cerca di usare i pezzi per riparare altri treni e impedire così il blocco delle corse, che porterebbe alla paralisi la Campania. «Siamo costretti a smontare parti di treno per montarle su altri convogli in modo da permettere almeno a quelli di funzionare. Che si può fare quando non si hanno i soldi per pagare i fornitori?» dice Polese, nominato dalla giunta di Stefano Caldoro ma in contrasto con l’assessore ai Trasporti Sergio Vetrella, che non riconosce alla Eav il pagamento di crediti per svariati milioni, a differenza di come faceva la giunta Bassolino che metteva in bilancio le perdite a futura memoria. «Qui siamo a Bisanzio, il bizantinismo è la nostra bandiera» sintetizza Polese, che paga la gestione ereditata dall’ex governatore Antonio Bassolino e dall’ex amministratore unico Alessandro Rizzardi, che ha portato la Campania ad avere stazioni metropolitane e ferroviarie decorate come a San Pietroburgo ma con i treni vecchi di mezzo secolo.

Certo, sempre sotto la gestione Bassolino sono riusciti perfino a fare peggio, quando hanno acquistato 24 treni Metrostar dell’Ansaldo Breda: macchine inadatte per la Circumvesuviana perché troppo alte per le banchine di 91 stazioni e per l’eccessiva spinta in fase di accelerazione che provoca l’usura delle ruote. Invece di restituirli, si è preferito alzare le banchine di tutte le 91 stazioni, neanche fossero treni ad alta velocità. Risultato? Sebbene la commessa sia costata 120 milioni di euro, 5 milioni per ogni elettrotreno, oggi 10 sono fermi. «Una volta collaudati, si può solo chiedere all’Ansaldo di risolvere il problema dell’eccessiva accelerazione. L’ho fatto e ho avuto la loro disponibilità» dice Polese.

Al suo arrivo il manager si è trovato anche un esercito di 40 dirigenti: erano più dei treni in circolazione. I loro stipendi, fino al 2011, andavano dai 185 mila euro di Arturo Borrelli ai 183 mila di Ciro Accetta. Retribuzioni che solo oggi, di fronte alla crisi, sono state dimezzate insieme al numero totale dei dirigenti, sceso a 20 per tutto il gruppo Eav. C’è stato perfino un dirigente che, secondo un’indagine della Corte dei conti, sarebbe andato in pensione dopo appena 4 anni e mezzo di servizio, e con un incentivo da 400 mila euro, benché la legge regionale preveda almeno 8 anni per incassarlo. Oggi Polese guadagna circa 60 mila euro, ma sostiene che il suo predecessore Rizzardi, che aveva unificato su di sé le figure di amministratore unico e dirigente, guadagnasse molto di più. «Ma l’unificazione degli incarichi non avveniva solo nella Circumvesuviana» spiega Polese. «Anche in altre società del gruppo Eav era così, e l’ho trovato scandaloso».

Il caso dei dirigenti non è isolato. La Circumvesuviana è tutta una famiglia allargata, a cominciare dagli addetti ai passaggi a livello (sono 90), in gran parte figli di sindacalisti, assunti grazie all’assistenzialismo nepotistico. Un simbolo del peggiore consociativismo fra politica e sindacato che la legge di mercato non riuscirebbe a tollerare in qualsiasi altra azienda. Si è giunti al paradosso che la regione versava l’ammontare degli stipendi alle banche, che poi pagavano i dipendenti della regione, ma con una commissione per il servizio. Per eliminarla, con tutto il contratto di servizio, sono serviti 24 milioni. «Questa è la ferrovia dell’approssimazione, del più o meno. Il treno potrebbe passare, ma potrebbe anche non passare: quindi perché pagare? Qui non si prende un treno, ma un passaggio, come l’autostop». Così dice Rita Auriemma, che nella stazione di Porta Nolana attende il treno per Sarno. Quella di Porta Nolana è l’unica stazione, fra quelle viste dal cronista, in cui alcuni controllori chiedono il biglietto ai viaggiatori. A Somma, in mezz’ora, ne passano 40 dai tornelli, tra ragazzi e adulti, mentre la biglietteria è aperta, ma «’o bigliettaio non ce sta». Chi arriva prende a calci e pugni il tornello, che si apre magicamente. Quando arriva il bigliettaio, dopo circa 50 minuti di assenza, è lui stesso a spalancare con il pulsante il varco favorendo l’ingresso agli abusivi.

In altre stazioni, come a Pollena, il tornello non c’è proprio e la fermata è un casolare devastato e saccheggiato. D’altronde non c’è stazione in cui non sia stato sottratto qualcosa, un po’ come a Napoli nel 1943 durante l’occupazione angloamericana. Ma qui non ci sono cingolati che possano mettere fine a questo stato d’eccezione e deve comprenderlo il controllore eroe della stazione di Porta Nolana, che chiede a un ragazzo il biglietto impedendogli l’accesso con tutto il suo corpo per sentirsi ringhiare la minaccia: «T’accido, t’accido».

«Diciamo che è questo il problema di Napoli e della Circumvesuviana. La voglio chiamare maggiore irrequietezza dei passeggeri. Noi non abbiamo un sottoproletariato, ma una plebe. Convincere a pagare è difficile in un territorio che ha questi tassi di disoccupazione» esclama Polese, che negli anni Novanta è stato anche sindaco di Napoli. Bisogna chiedersi, a questo punto, come potranno bastare i 100 controllori che la Eav è riuscita a riqualificare e a riportare sui treni. Come potranno bastare in queste stazioni, che sono terra di nessuno, gli addetti armati del solo potere della dissuasione e dell’invito gentile a scendere? Tutt’al più potranno dare una multa a ignoti, dato che a bordo nessuno dichiara di possedere il documento d’identità.

«Come fa l’Eav a chiedermi di riconoscerle un contratto di servizio da 16 milioni di euro al mese quando non riescono a recuperare l’evasione dei biglietti? È chiaro che applico delle penali per un servizio che non ricevo» si giustifica l’assessore Vetrella. Ma è pur sempre la regione che punisce se stessa. Non servono certo i velocissimi Metrostar per sconfiggere il ritardo dei treni, non servono queste «Ferrari in un vicolo», come li chiama Luca Del Prete, sindacalista dell’Orsa, per evitare che ogni treno viaggi con una media di 25 minuti di ritardo.

Non parliamo poi delle società di pulizie, che non puliscono i terribili treni adducendo come giustificazione il mancato tempo per farlo, nonostante i 5,8 milioni di euro a bilancio per questa voce. «Anche se volessero pulire i vagoni non potrebbero farlo fisicamente, dato che lo scarso numero di convogli ci costringe a ripartire subito» commenta Del Prete. Inzaccherati e sporchi sono i vagoni, e anche d’inverno viaggiano con i vetri aperti perché troppo spesso rotti.

Ecco che cosa è la Circumvesuviana: è un piccolo cratere di sozzura che gira sulla Napoli-Sarno, la Napoli-Ottaviano. È la resa dello Stato. Non è soltanto una ferrovia che non funziona, la Circumvesuviana è il simbolo più evidente di un Paese diviso e che ci confina nelle piccole patrie, il nostro mancato lieto fine.

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Carmelo Caruso