Priebke, il cadavere che nessuno vuole
ANSA/MARIA NOVELLA DE LUCA
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Priebke, il cadavere che nessuno vuole

Perché il funerale dell'ufficiale Ss non si è svolto nell'ospedale in cui è stata composta la salma? E perché le ceneri non sono state disperse in mare? Le domande senza risposta di Massimo Gramellini dopo l'ennesimo pasticcio all'italiana

C'è il cadavere di un vecchio ufficiale delle SS al quale nessuno vuole concedere sepoltura. Non lo vuole l'Argentina, il Paese che lo ha ospitato dal 1945 al 1994, anno in cui un giornalista dell'Abc lo avvicinò chiedendogli se fosse lui Erich Priebke, il boia nazista cui i servizi israeliani avevano dato la caccia per cinquant'anni. Non lo vuole la Germania, il Paese che, dopo la guerra, gli ha ritirato passaporto e cittadinanza. Non lo vuole l'Italia, il teatro dove il boia ha operato, arrivando a stilare - agli ordini di Herbert Kappler - la lista dei 335 italiani che sarebbero stati fucilati e gettati in una fossa comune il 24 marzo 1944 in via Ardeatine. Non lo vogliono gli uomini di Chiesa che gli hanno negato il funerale pubblico, proponendo al suo avvocato che le esequie si svolgessero in forma privata nell'ospedale dove è stata composta la salma.

E poi c'è il solito pasticcio all'italiana, di cui scrive stamane nella rubricaBuongiorno Massimo Gramellini, vicedirettore de La Stampa, il quale si chiede, come ci chiediamo noi, come mai i funerali di questo vecchio ufficiale nazista non siano stati celebrati di soppiatto nella cappella dell'ospedale e non siano poi state disperse - senza tanta pubblicità - le ceneri in mare, come è stato chiesto tra l'altro anche dalla comunità ebraica di Roma. Abbiamo, noi italiani, scelto un'altra strada: umiliare gli uomini e le donne di Albano Laziale, la cittadina sui Colli Romani (medaglia d'argento della resistenza) dove - contro la volontà del sindaco e della comunità - il prefetto aveva autorizzato (prima di fare un prevedibile dietrofront) la celebrazione del funerale nella cappella dei lefevriani. Quello che è avvenuto dopo,  i calci sul carro funebre, i picchetti dei manifestanti di Albano Laziale che volevano impedire agli amici e al figlio del vecchio ufficiale di presenziare al funerale, la sassaiola contro i manifestanti di un pugno di esaltati del nazifascismo, era scontato quanto la mancanza di buon senso e di sensibilità storica e istituzionale che, c'era da scommettere, avrebbe dimostrato qualche nostro funzionario statale.

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Paolo Papi