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C'è un portale che ci salverà la vita

Arriva il «fascicolo digitale» che consente di raccogliere ricette, visite specialistiche e referti di ognuno di noi. Per condividerli con il proprio medico e lasciarli ai figli

Un vecchio mantra della medicina recita che è più importante la prevenzione della cura. In contrasto con questa semplice verità, se da una parte si susseguono le notizie di nuove possibilità di curare le malattie, molto meno si parla dei problemi di come prevenirle.

Il dato certo è che, non solo si deve alla prevenzione se negli ultimi anni abbiamo raggiunto risultati insperati nella cura di molte patologie, ma c’è ampio spazio per ottenere risultati di molto superiori. Per esempio, uno studio condotto in Olanda per sei anni su 15mila persone sottoponendole a tac toracica periodica, ha dato come risultato una riduzione del 26 per cento dell’attuale mortalità per tumore al polmone.Un altro programma di controllo con Tac condotto dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano su più di 4mila fumatori dal 2005 a oggi, ha permesso di ridurre la mortalità del 39 per cento in dieci anni.

Ci sono però altri fattori che sono decisivi e dei quali ancora non si tiene abbastanza conto. Come spiega Giovanni Corsello, professore ordinario di pediatria all’università di Palermo, «la prevenzione deve partire dalla conoscenza dei propri fattori di rischio». Ciò significa sapere non solo la propria storia clinica ma anche quella della propria famiglia, dai genitori ai nonni ai fratelli, dato che molte malattie hanno una causa genetica che è ereditata su base familiare. «Se so di cosa hanno sofferto i familiari di un individuo posso indirizzare la prevenzione verso i suoi bisogni reali e comprendere meglio da quali tipi di controlli partire» dice Corsello.

Una volta acquisite queste conoscenze, sotto forma di referti, ricette, impegnative e altri documenti, è fondamentale archiviarle, sia per richiamarle alla memoria e condividerle con il proprio medico, sia per tramandarle ai propri figli. E qui arrivano i problemi. «Allo stato attuale, sebbene tutte le regioni (a parte la Calabria) stiano lavorando per costituire il cosiddetto Fascicolo Sanitario Elettronico, un fascicolo digitale che contenga tutte le informazioni sanitarie di ogni cittadino (esami di laboratorio, terapie, anamnesi, ecc.), siamo lontani dall’ottenere l’obiettivo voluto» spiega Corsello «Prima di tutto, questi fascicoli non sono ancora attivi per tutti ma solo per una percentuale che va, a seconda della regione, dal 10 al 30 per cento degli abitanti.

Secondo, sono ancora pochi i medici che si servono della documentazione della regione: il più delle volte hanno una loro personale banca dati, costruita con le informazioni fornite dal paziente». Il Ministero della Salute, interpellato sulla questione, precisa:« Ad oggi sono attivi 11 milioni e 897mila fascicoli sanitari digitali in 18 regioni». Infatti, come previsto dall’articolo 12 del decreto legge del 18 ottobre 2012, e in coerenza con il Regolamento in materia del 2015, le regioni hanno predisposto l’istituzione e l’utilizzo del fascicolo. Il Ministero della Salute prosegue « Grazie all’Infrastruttura Nazionale per l’Interoperabilità, prevista dalla legge di bilancio per il 2017, tutte queste informazioni sono resi interoperabili per consentirne la consultazione e il popolamento da tutto il territorio nazionale, e non solo nella regione di residenza dell’assistito». Tuttavia precisa:« ciò non significa che le informazioni del fascicolo siano archiviate sulla piattaforma nazionale ma, grazie ad un sistema di indici, vengono recuperate nella sede regionale dove sono fisicamente conservate».

Il punto cruciale è che, quand’anche questi fascicoli saranno attivati per tutti i cittadini, non conterranno informazioni riguardanti i loro familiari. Inoltre i risultati degli esami saranno difficilmente riconducibili alle ricette e alle impegnative, cioè alle ragioni per le quali sono stati prescritti. Su questo il ministero della salute dice:« Il Fascicolo Sanitario Elettronico prevederà un insieme di documenti ben definiti, con una struttura e contenuto conforme a specifici standard tecnici.

Tra questi documenti alcuni costituiscono il cosiddetto “nucleo minimo” (dati identificativi e amministrativi dell’assistito, referti, verbali pronto soccorso, lettere di dimissione,  profilo sanitario sintetico,  dossier farmaceutico,  consenso o diniego alla donazione degli organi e tessuti), altri sono, invece, documenti di tipo integrativo (cartelle cliniche, bilanci di salute, certificati medici, ecc) e verranno introdotti progressivamente». 

Carlo Signorelli, professore ordinario di igiene e sanità pubblica all’università Vita-Salute San Raffaele, aggiunge che «al momento l’impianto costituzionale consente alle regioni diverse modalità di gestione dei dati sanitari. L’omogeneizzazione e archiviazione dei fascicoli sanitari a livello nazionale può porre dei problemi tecnici come nel caso delle anagrafi vaccinali».

Siamo quindi ancora lontani non solo dall’uso di un fascicolo sanitario elettronico per tutta la popolazione di ogni singola regione ma anche per una omogeneizzazione a livello nazionale dei criteri di prevenzione e archiviazione. «Eppure è urgente muoversi in quella direzione» dice Signorelli «le nuove tecnologie possono essere di grande aiuto sia per migliorare gli approcci preventivi, diagnostici e curativi sia per rendere il sistema sanitario più efficiente e quindi per risparmiare risorse». 

Per colmare queste lacune e sopperire al bisogno di una prevenzione più efficiente, è nato un progetto digitale chiamato Family Health, e altri sicuramente seguiranno. Sviluppato dall’azienda Biomedia e da un comitato scientifico di medici esperti nella prevenzione, consiste di un archivio personale digitale contenente tutti i documenti sanitari della propria storia clinica e di quella della propria famiglia. Ogni cittadino italiano può iscriversi andando all’indirizzo internet www.familyhealth.it, un sito che registra tutti gli eventi fisiologici e patologici della persona, suggerisce controlli diagnostici a scadenze prefissate sulla base delle caratteristiche genetiche e familiari, collega risultati di esami a prescrizioni mediche, mette a disposizione le vaccinazioni in qualunque parte del mondi ci si trovi.

Un “archivio intelligente” di questo tipo consente non solo al singolo cittadino di orientarsi, ma anche di condividere con il medico le informazioni più utili: quest’ultimo potrebbe accedere all’archivio e fornire consigli con più cognizione di causa. I risparmi per il Sistema Sanitario Nazionale verranno dal fatto che non si commetterà l’errore di effettuare esami non necessari o di cui abbiamo perso traccia. Il progetto svilupperà tutta la sua efficacia nel tempo, quando le informazioni verranno tramandate ai figli.

Sarà la prima volta nella storia che la responsabilità della gestione della salute verrà assunta in prima persona dal cittadino sotto l’occhio esperto del medico. L’archivio, con le sue informazioni sulla storia clinica dei familiari, fornirà la base per una sinergia medico-paziente che non potrà non avere un impatto positivo sulla salute dei cittadini e sulle risorse del Sistema Sanitario Nazionale. 

A conferma del fatto che al momento le informazioni sanitarie non sono facilmente disponibili e non sono coordinate a livello nazionale, vi è il fatto che i dati sulla prevenzione raccolti dall’Istat si basano solo su interviste su campioni di persone. Da questi dati si ricava che nel 2013 su cento persone 51 hanno effettuato almeno una visita specialistica non odontoiatrica; agli esami del sangue si sono sottoposte 49 persone su cento, mentre 37 persone su cento hanno effettuato almeno un accertamento specialistico; gli individui di 18 anni e più che hanno effettuato controlli del colesterolo e per la glicemia sono 57 su cento, e il 67 per cento ha controllato la pressione arteriosa. Al nord si fanno più visite, accertamenti e controlli che al Meridione con quattro regioni, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Lazio, in cui più di 55 persone su cento hanno effettuato visite specialistiche e più di 40 hanno effettuato controlli specialistici.

«L’Italia si distingue tra i Paesi occidentali per avere un patrimonio di informazioni sanitarie enorme» sostiene Walter Ricciardi, ex-presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e direttore dell’Osservatorio italiano sulla salute nelle Regioni Italiane, «Il problema è che queste informazioni non vengono usate tanto per orientare la prevenzione, così da migliorare lo stato di salute dei cittadini, quanto per contenere i costi». In Paesi come l’Australia e o l’Israele la prevenzione basata sull’archiviazione dei dati dell’intera famiglia è invece già ben avviata: «mentre in Italia non esiste un portale unico del cittadino a livello nazionale, dal quale accedere a dati ora in possesso alle regioni, in Israele due milioni di persone hanno accesso a un archivio ben strutturato sul modello di Family Health». 

Quest’ultimo potrebbe finalmente orientare i cittadini che abitano in zone ad alta incidenza di tumori verso una prevenzione più efficace. In questo momento i dati a disposizione delle regioni non sono in grado di farlo perché mancano informazioni aggiuntive, come quelle riguardanti le caratteristiche genetiche e familiari.

Questo è solo l’ennesimo motivo per un deciso cambiamento di passo a livello politico che consenta un riordino dei dati sanitari a favore di una migliore prevenzione. «Se non sarà lo Stato, allora saranno i progetti come Family Health ad aiutare i cittadini» dice Ricciardi. La medicina, infatti, corre inesorabilmente verso una prevenzione basata sull’archiviazione informatica e il coinvolgimento della persona. 

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Luca Sciortino