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Russiagate, la vera storia | inchiesta Panorama

Meranda, Vannucci ed il "pizzino". Così va riscritta la storia del Russiagate che doveva inguaiare Salvini e la Lega

Prendete uno di quei racconti di Anton Pavlovic Cechov con al centro oscuri impiegati o bancari truffatori, mescolatelo con la sceneggiatura di un film di Totò (in fondo lo ha già fatto il regista e autore Steno) e otterrete l’onesto racconto del cosiddetto Russiagate. I protagonisti della nostra storia sono un avvocato cosentino, orgogliosamente massone, e un ex bancario e sindacalista di Suvereto (Livorno). Si chiamano Gianluca Meranda, 49 anni, e Francesco Vannucci, 62, e hanno in comune una situazione economica tutt’altro che florida (anche se a inizio anno, attraverso una società svizzera, Meranda ha cercato di acquistare un appartamento dietro a piazza Navona, senza riuscirci).

Uno è estroverso e tecnologico, molto social, l’altro è introverso, fumantino e praticamente luddista, un uomo che agli smartphone preferisce i bloc-notes e le Bic. Nei mesi scorsi hanno cercato di chiudere accordi nel settore petrolifero in nome di una banca d’affari, la Euro Ib di Londra, con cui entrambi collaboravano, ma senza contratto. La piccola società di diritto inglese ha infatti da qualche anno l’autorizzazione della Consob britannica a negoziare l’acquisto e la vendita di prodotti petroliferi, ma non lo ha mai fatto. In realtà, nel momento clou del Russiagate, quello dell’incontro all’hotel Metropol, come sottolineato dal Financial times, Meranda sembrava voler cambiare cavallo e fece riferimento alla viennese Winter bank di Thomas «Moskovics», con cui avrebbe avuto «ottimi collegamenti».

Sia come sia, per capire il Russiagate bisogna partire da questa strana coppia, e non tanto o non solo da Gianluca Savoini, ex portavoce di Matteo Salvini. I due, come vedremo, in questi anni hanno provato a fare affari con politici dell’intero arco costituzionale, anche nel settore dell’oro nero. Tutti tentativi andati male, come la trattativa del Metropol. Eppure i nostri Totò e Peppino in missione nella terra delle matrioske, secondo i segugi di altri giornali, sarebbero stati lo strumento scelto nientepopodimeno che da Vladimir Putin per inondare di rubli la Lega. Ma davvero qualcuno può credere che se il presidente russo avesse voluto far uscire dei soldi dal suo Paese avrebbe scelto questa strana compagnia di giro, che in nove mesi di trattative non ha concluso nulla?

La realtà è che probabilmente ci troviamo di fronte a faccendieri di piccolo cabotaggio che, accreditandosi con la politica di ogni colore, per anni hanno provato a realizzare colpi importanti, senza mai riuscirci. L’unico risultato concreto è stato quello di mettersi nei guai. Infatti oggi Meranda, Vannucci e Savoini sono indagati a Milano per corruzione internazionale, reato per cui basta la promessa di una tangente.

GLI INCONTRI CON I RUSSI

Riavvolgiamo il nastro. A fine 2017 i nostri due eroi agganciano Savoini e iniziano ad avviare i loro discorsi «petroliferi» con lui. Alle elezioni del 4 marzo 2018 il Pd prende una batosta, mentre la Lega è uno dei due vincitori insieme al Movimento Cinque stelle. È maggio quando iniziano i primi abboccamenti con i russi per il petrolio. Il 26 i nostri eroi incontrano Andrey Yuryevich Kharchenko, esponente di seconda fila dell’International eurasian movement, il partito dell’ideologo sovranista Aleksandr Dugin. Il 2 giugno, in Italia, nasce il governo del Cambiamento. Il 5 giugno Meranda parte per Mosca con Savoini e Vannucci. Le spese di viaggio le avrebbe pagate l’avvocato. Forse anche il pernottamento in albergo, il Moscow Marriott Grand Hotel.

A quanto risulta a Panorama, Savoini saldò attraverso il suo conto corrente il viaggio di ritorno del 7 giugno, inviando un bonifico all’agenzia di viaggi Mamberto srl, la stessa che fissò due voli di andata e ritorno per Mosca (4-5 e 13-16 luglio 2018). Il conto corrente si alimentava, sino a fine maggio 2018, con l’accredito di emolumenti mensili di circa 1.875 euro corrisposti dal Consiglio regionale della Lombardia. A questi si aggiungevano occasionali bonifici senza causale disposti dai genitori di Savoini. Sul conto sono confluiti anche pagamenti mensili delle Ferrovie Nord (2.600 euro) e un bonifico di 2.440 euro da parte dell’editoriale Libero srl. Il 25 giugno 2019, 71 mila euro sono stati versati dalla società di consulenza Global shared service srl. Savoini, Meranda e Vannucci, nel giugno 2018, avrebbero incontrato a Mosca Dugin e l’imprenditore Konstantin Malofeev, considerato uomo vicino a Putin, mutatis mutandis quel che Savoini è per Salvini.

A fine agosto Meranda torna in Russia con Vannucci (il loro sodale leghista era già nella capitale) per rivedere Kharchenko che gli anticipa che avrebbero incontrato «il tecnico giusto» per tutta l’operazione a Roma. In Italia Meranda e Vannucci vedono il manager Ilya Andreevich Yakunin in un albergo del quartiere Prati, dove l’uomo soggiorna con la moglie. Secondo la stampa internazionale Yakunin è collegato all’avvocato Vladimir Nikolaevich Pligin, ex deputato della Duma russa, in rapporti con il ministro dell’energia Dmitry Nikolayevich Kozak. Meranda e Vannucci hanno due incontri con Dugin anche in Italia, all’Hotel de Russie e al Reale circolo canottieri Tevere Remo. Il 17 ottobre Meranda ritorna nella capitale russa. L’avvocato, alle persone a lui più vicine, racconta che avrebbe volato sullo stesso aereo di Matteo Salvini. «Ero in sesta fila, Salvini in quinta» ricorda divertito Meranda, fiero della sua capacità di mimetizzarsi. Vannucci e Savoini pare che siano atterrati in Russia 24 ore prima. Il leghista lascia traccia di sé a Mosca il 16 ottobre, quando ritira da un bancomat del Metropol 10 mila rubli, 135 euro. I tre si ritrovano il 17 pomeriggio al convegno di Confindustria Russia all’hotel Lotte, per una conferenza di Salvini.

IL PIZZINO DEL METROPOL

Il giorno dopo, il 18 ottobre 2018, Meranda, Savoini e Vannucci si danno appuntamento nella hall del Metropol, dove partecipano alla ormai celebre riunione con tre russi: due di loro sono Kharchenko e Yakunin. A loro si aggiunge un interprete. La trattativa è diversa da come è stata raccontata finora. Non si discute di 65 milioni di dollari. O meglio, l’affare ha quell’importo complessivo, ma bisogna sottrarre spese, commissioni e sconto da offrire al compratore finale, come risulta da un foglio excel di cui Panorama è entrato in possesso. La trattativa, nella migliore delle ipotesi, potrà portare a un utile di 20 milioni di dollari, così suddivisi: 8,25 milioni andranno alla Euro Ib per il suo ruolo di acquirente e venditore del prodotto e 12,375 agli altri partecipanti.

Meranda, per la sua attività di avvocato esperto di diritto internazionale, punta a portare a casa una parcella tra i 500 mila e i 600 mila euro. La fetta di Vannucci e Savoini dovrebbe essere più sostanziosa: l’ipotesi era di 4 milioni a testa. Altri 4 avrebbero dovuto andare ai russi. I quali però avrebbero chiesto di aumentare la propria quota, facendo naufragare la trattativa.

Dopo la riunione, durata 55 minuti, chi stava registrando di nascosto l’incontro, si alza e va in bagno. Torna fischiettando. Coloro che hanno ascoltato l’audio sospettano che a captare la conversazione sia stato il cellulare di Meranda, ma l’avvocato ha sempre negato di aver premuto il tasto record, ipotizzando che qualcuno possa avergli iniettato nel cellulare un trojan, un virus spia.

Alla fine dell’incontro Meranda riassume su un taccuino, per sommi capi, i contenuti della trattativa. Al contrario di quanto sostenuto da altri giornali, quel giorno non viene redatto nessun accordo definitivo, né bozza di contratto. Anzi quelle del Metropol sono, viste le conseguenze, parole scritte sulla sabbia. Alla fine Meranda fa la foto dell’appunto e spedisce l’immagine ai suoi interlocutori. Il testo, che pubblichiamo in esclusiva, è sintetico e scritto in corsivo. Ne facciamo anche la traduzione:

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«A Ilia, Andrei, Gianluca, Francesco 1 Ilia confermerà i prodotti (quantitativi, prezzo/sconto) NB concordato uno sconto minimo del 4 per cento (se maggiore, tornerà all’avvocato) concordato credito aperto (per risparmiare circa l’1 per cento, ndr) con istruzione di pagamento irrevocabile alla Banca (Intesa Russia). Consegna nel porto di carico Rotterdam o Novorossijsk. NB dobbiamo muoverci velocemente per avere la prima consegna in novembre». In realtà a novembre la trattativa è ancora in alto mare. E lo resterà per sempre. Tra il 12 e il 14 dicembre Meranda torna a Mosca, dove vede Yakunin. La negoziazione non decolla. Forse perché l’avvocato nell’ultima proposta che invia alla compagnia statale Gazprom (prima avevano tentato l’affare con la Rosneft), reclama, sembra su indicazione della controparte straniera, uno sconto del 6,5 per cento, 2,5 in più di quello ipotizzato al Metropol. «È stata colpa dei russi, che hanno fatto i gargarozzoni» ha confidato Meranda.

In pratica l’accordo non si sarebbe realizzato per l’ingordigia degli interlocutori moscoviti. Inoltre Meranda avrebbe raccontato questo aneddoto: «Mi è arrivata la voce che l’ad della Rosneft, Igor Sechin, abbia fatto saltare tutto con questa motivazione: “Non faccio arricchire Pligin”». Ma è credibile che un finanziamento voluto da Putin, o da chi per lui, dopo nove mesi di tira e molla, non venga erogato per un mancato accordo sulle quote destinate ai protagonisti? Ufficialmente la Gazprom ha sollevato dei dubbi sulla capacità logistica della Euro Ib di gestire un affare di questa portata. Nell’occasione Meranda tira fuori dal cilindro una lettera di credenziali dell’Eni, richiesta nel 2016 e ottenuta nel 2017, per sostenere il contrario.

LE REFERENZE DELL’ENI

La storia di questo documento partirebbe da una piazza di Roma, Sant’Apollinare, intorno a cui fioccano le leggende. Qui si trova l’omonima basilica affidata alla gestione dell’Opus dei, la prelatura fondata dallo spagnolo Josemaría Escrivá. Nella chiesa era stato sepolto uno dei capi della Banda della Magliana, Renatino De Pedis, ma nel 2012 la Procura di Roma ne ha ordinato la traslazione. Nella stessa piazza ha sede il palazzo di Sant’Apollinare, dove sorge l’Istituto superiore di Scienze religiose e la Pontificia università della Santa Croce, sempre legati all’Opus dei.

Nel 2016, secondo le fonti di Panorama, Vannucci conduce Meranda in quelle stanze per trovare un buon contatto con l’Eni, la compagnia petrolifera italiana, controllata dal governo. È il 2016: a guidare il Paese è il Pd di Matteo Renzi e la Lega è solo un partito di opposizione. I nostri Totò e Peppino ottengono un appuntamento con un misterioso personaggio. Il quale convoca una donna. Nei racconti della coppia la signora ha in mano un plico di fogli con sopra un lungo elenco di persone. Mister X inizia a scorrerlo. Il suo dito si ferma su un nome. Non sappiamo quale fosse, ma di certo doveva essere un pezzo grosso della nostra azienda di Stato.

Il 5 ottobre dalla Euro Ib iniziano uno scambio di mail per ottenere il sospirato accreditamento da parte dell’Eni. È una lunga due diligence con richiesta di spiegazioni e delucidazioni, che ha dato luogo a uno scambio epistolare di più di 20 mail che Panorama ha potuto visionare. «Alla stregua di Enoc, Aramco, Mercuria, altri grandi produttori e trader, ai quali abbiamo fatto domanda, il processo è durato mesi. Il nostro rapporto era con l’ufficio compliance, che ci ha reputati idonei, viste le nostre licenze, ad acquistare e vender prodotti con l’Eni» fanno sapere dalla banca. Alla fine del processo lungo sette mesi, arriva la lettera di referenze firmata da Alessandro des Dorides, vicepresidente «global products trading» della Eni trading & shipping (Ets) di Londra. Nei giorni scorsi l’avvocato di des Dorides, Oliviero Mazza, ha però precisato a nome del suo assistito: «Euro IB è stata accreditata in Ets» non per iniziativa di des Dorides, ma «a seguito della presentazione fatta dal ceo Franco Magnani», cioè dall’amministratore delegato della Ets, ritenuto un fedelissimo dell’a.d. di Eni Claudio Descalzi, nominato dal governo Renzi nell’aprile 2014. «Euro IB è stata ritenuta una valida controparte dalla funzione interna che valuta ogni singola società prima di qualsiasi tipo di business» ha aggiunto l’avvocato Mazza. Che ha inoltre precisato: «Des Dorides non era il responsabile di tale procedura di controllo (Know your client, Kyc, ndr)» che ricadeva su una struttura aziendale diversa dalla sua. A interfacciarsi direttamente con la Euro Ib fu Giulia D., Kyc/credit analyst. Mazza ha anche ricordato una riunione nella capitale inglese, nella sede di Ets: «Euro Ib fu presentata dall’amministratore delegato Magnani nell’occasione dell’incontro, presso gli uffici di Londra, con Gianluca Meranda, Glauco Verdoia e Francesco Vannucci». Verdoia, rappresentante della banca in Italia, spiega a Panorama: «Io sono andato a Londra per iniziare il processo di Kyc, ma noi della Euro Ib non abbiamo mai incontrato Magnani. Forse era un contatto diretto di Vannucci e Meranda».

Il 23 maggio 2017 arriva la lettera di accreditamento: «Su espressa richiesta di Euro Ib ltd, confermiamo che Euro Ib ltd ha trattato con noi in numerose occasioni e ha condotto i suoi affari in modo professionale e affidabile». In quel momento al governo c’è ancora il Pd, ma il premier è diventato Paolo Gentiloni. Dunque non è la Lega a far ottenere le referenze e queste non sono funzionali ad affari con il partito di Salvini.

GLI AMICI POLITICI

Meranda è un personaggio che Panorama ha studiato nei particolari, mentre Vannucci è sempre risultato più criptico. Di lui si sa che dopo aver lasciato il Monte dei Paschi di Siena, dal 2006 è tornato in pista come consulente finanziario. Oggi possiamo aggiungere che ci risulta sia solito raccontare dei suoi presunti legami con «pezzi da 90» del Pd. Per esempio, nel 2015 interrompe una consulenza spiegando al capoufficio di dover «partecipare alla campagna elettorale di Enrico Rossi», quell’anno riconfermato governatore della Toscana. In giro si vanta anche di avere stretti rapporti con l’ex premier Enrico Letta. Addirittura gli sarebbe stato vicino, una ventina di anni fa, in un momento di crisi familiare.

Rossi, contattato da Panorama, nega di conoscere Vannucci: «Non so chi sia». Letta non ha proprio risposto alle nostre chiamate e ai nostri messaggi. Una nostra fonte obietta che Vannucci gli presentò Rossi a un’iniziativa romana, ma forse il governatore non ha ricordo di quell’evento. Di certo l’ex bancario, nel Pd, stava dalla parte degli antirenziani e ogni volta che poteva parlava male del fu Rottamatore. Per un periodo Vannucci e Meranda frequentano assiduamente anche il parlamentare dem di origini marocchine Khalid Chaouki (autore del pamphlet anti Carroccio Leghisti brava gente, nel 2013), all’epoca membro della commissione esteri della Camera e presidente del Centro islamico culturale d’Italia, l’ente che ha in gestione la Grande moschea di Roma. Rammenta Chaouki: «Che Vannucci avesse un rapporto con Rossi, mi risulta. So anche che conosceva da tempo Letta e che ogni tanto si sentivano. In una certa fase ebbe rapporti pure con Silvia Velo, l’ex sottosegretaria all’Ambiente del Pd. Aveva anche altri contatti molto locali»

QUELLA SVOLTA A DESTRA

Ma Vannucci come arriva da Suvereto ai parlamentari nazionali del Pd? «È quella vecchia guardia, quella minoranza popolare cattolica... lì c’è tutto il filone di... Letta, della vecchia Margherita» ricostruisce l’ex deputato. Il quale precisa: «Negli ultimi tempi mi aveva colpito la sua svolta a destra. Il motivo? Un po’ per la delusione per non essere stato valorizzato e un po’ perché la nuova destra aveva bisogno di quello che lui poteva offrire, cioè una rete territoriale. Si è avvicinato a quel mondo tramite Sergio Pirozzi».

L’ex sindaco di Amatrice e attuale consigliere regionale del Lazio non smentisce il contatto: «Vannucci si presentò da me dopo che ero stato eletto. Mi disse che era un piddino “pentito”. Io stavo lavorando al fondo per i terremoti e lui mi portò un fascicolo con le misure economico-bancarie della Cassa depositi e prestiti a sostegno dei territori colpiti dal sisma in centro Italia e un’analisi sulla situazione dei fondi europei per le catastrofi naturali».

Materiale «verificato e attendibile» che Pirozzi ha utilizzato per un suo progetto regionale e che Vannucci avrebbe messo a disposizione gratuitamente. L’ex sindaco ricorda che a presentarglielo fu qualcuno della sua lista a cui Vannucci aveva dato una mano in campagna elettorale. Ma poi il bancario livornese «non si è fatto più sentire».

Torniamo a Chaouki. È stato avvistato nello studio di Meranda anche all’inizio di quest’anno quando scelse l’uomo del Metropol come legale in una causa di lavoro contro una collaboratrice. Secondo le fonti di Panorama Chaouki avrebbe aiutato Meranda e Vannucci nel tentativo di accreditamento di Euro Ib con l’Enoc (la compagnia petrolifera nazionale degli Emirati) e con l’Adnoc, l’Abu Dhabi national oil company. Ma Chaouki nega di aver fatto da tramite con tali aziende: «Non è così. L’unica occasione in cui ho favorito un incontro con loro è quando è venuto in Italia il ministro del petrolio del Bahrein. È successo a margine di un evento pubblico e c’era anche il presidente della banca Euro Ib. È una cosa che non ho fatto solo per loro, ma anche per l’Eni».

Chaouki avrebbe coinvolto i due anche in un affare con il governo marocchino per l’illuminazione pubblica, portando in Africa una società lombarda del settore. La missione nel regno africano durò 15 giorni e si svolse nell’aprile 2016. «Sì quel viaggio l’ho fatto con Meranda, che era con me in veste di consulente legale» ammette l’ex parlamentare. Per la sua attività Vannucci, negli anni, si è fatto presentare altri politici, tra questi pure il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa, ma anche in questo caso, pare, senza impressionare l’interlocutore («Non me lo ricordo proprio» ci ha detto Cesa).

Vannucci nel suo peregrinare a caccia di «onorevoli» ha agganciato anche Souad Sbai, ex deputata del Pdl. A lei ha proposto un business per un servizio traghetti per il Marocco. Nel 2014 le ha fatto pervenire foto di betoniere in vendita, da utilizzare per la costruzione di strade. Insieme con Meranda, è entrato in contatto pure con un ex parlamentare marocchino, Ahmed Kadiri. Con lui hanno portato avanti un progetto per la costruzione di una strada in Guinea, da affidare a un’impresa italiana: investimento previsto circa 15 milioni di euro. Ma neanche questa iniziativa è andata a buon fine. La Sbai riassume così quel rapporto: «Si tratta di persone molto distanti politicamente da me. Mi hanno avvicinato per possibili business legati al mio paese d’origine. Mi hanno fatto tante proposte, ma alla fine non ho ritenuto di accoglierle».

Nonostante il loro attivismo l’avvocato massone e il consulente finanziario non sono riusciti a realizzare nessuno degli affari auspicati. Come, del resto, è accaduto in Russia. A maggio Meranda ha dovuto lasciare il suo studio per uno sfratto esecutivo. A giugno la Procura di Milano ha iscritto sul registro degli indagati Meranda e Vannucci (sono assistiti dall’avvocato Ersi Bozheku dello studio Stile di Roma) per la vicenda del Metropol e gli ha sequestrato pc e cellulari. Vannucci non è molto tecnologico, ma su quello di Meranda ci sarebbe, a suo dire, «il mondo». A partire dal pizzino del 18 ottobre. Sul suo telefonino si trovano molte chat, alcune con importanti figure istituzionali d’area non leghista. Personaggi che magari ha incontrato nella sua veste di avvocato, ma che adesso potrebbero finire nel tritacarne mediatico per la semplice conoscenza dei due lobbisti più inconcludenti del West. E, sembra, pure dell’Est.

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Giacomo Amadori

(Genova, 1970). Ex inviato di Panorama e di Libero. Cerca di studiare i potenti da vicino, senza essere riconosciuto, perciò non ama apparire, neppure in questa foto. Coordina la sezione investigativa dellaVerità. Nel team, i cronisti Fabio Amendolara, Antonio Amorosi e Alessia Pedrielli, l'esperto informaticoGianluca Preite, il fotoreporter Niccolò Celesti. Ha vinto i premi giornalistici Città di Milano, Saint Vincent,Guido Vergani cronista dell'anno e Livatino-Saetta.

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