Matteo renzi
(Ansa)
Politica

Chi di Renzi ferisce, di Renzi perisce

Il leader oggi viene attaccato per la fine del Conte bis da persone che nel 2019 quando lo creò lo definivano statista. Ben conoscendo il soggetto

Il governo Conte-bis ha le ore contate. Renzi è pronto a staccare la spina dopo che le due ministre di Italia Viva la scorsa notte si sono astenute nella votazione del Consiglio di Ministri sul Recovery Plan. Lo sapremo in una conferenza stampa prevista per il tardo pomeriggio. Si tratta della parola fine di una vicenda cominciata esattamente un mese fa, il 12 dicembre, con l'attacco di Renzi in Senato al premier.

Da allora verso l'ex sindaco di Firenze sono arrivati giudizi e commenti anche poco lusinghieri: «politichino, a capo di un partitucolo», «affarista», «irresponsabile». Commenti assolutamente legittimi, sia chiaro, ma che arrivano dalle stesse persone che all'epoca della Crisi del Papeete del 2019, con Renzi che ideò e creò assieme a Beppe Grillo il Conte-Bis (con Zingaretti all'inizio contrario), lo definivano in maniera esattamente opposta, dandogli quasi dello «statista».

Perché alla fine di questo si tratta. Se Renzi fa cadere Salvini è un genio, se fa cadere Conte è uno stupido. In poche parole, commenti ed interessi di parte.

La realtà è che Renzi è Renzi, sempre lo stesso, sempre uguale. Piaccia o non piaccia uno le cui mosse politiche sono per definizione spiazzanti ed imprevedibili. E che di fatto cambiano, determinano la politica nazionale. Dal suo arrivo a Palazzo Chigi, con il famoso #staisereno a Letta, alla sconfitta nel Referendum con successive dimissioni ed annunciato «addio» alla politica (promessa mai mantenuta); dalla nascita di Italia Viva il giorno dell'insediamento del governo da lui creato, alla crisi di questi giorni. Renzi è questo, spregiudicato, assolutamente unico nel panorama politico attuale, imprevedibile. È così da anni e tutti lo sanno.

Quindi, chi oggi lo attacca, lo critica, mente a se stesso. Legarsi a Renzi per un nuovo governo significa accettarne tutte le condizioni e tutti i rischi, e poco conta se ad oggi i sondaggi lo danno sotto il 3%. Quello che conta è che Renzi, fin dall'inizio, ha avuto in mano il pallino dell'esecutivo: lo ha fatto nascere, lo farà cadere.

E se prima il suo obiettivo era (anche) fermare Salvini (cosa riuscita dato che dal 40% dei consensi oggi la Lega è data attorno al 24%) oggi è chiaro che il nuovo nemico sia l'attuale inquilino di Palazzo Chigi, nuovo spauracchio della vita politica italiana. Quel Conte che ha già pronto il suo partito (Insieme, il nome scelto) e deve sfruttare subito la sua forte popolarità ma che oggi rischia di sparire per due anni dalla vita politica.

Renzi infatti sogna un esecutivo di emergenza nazionale, a guida Draghi o Cartabia o soprattutto Cottarelli, per arrivare al 2023, termine naturale della legislatura, con Conte spettatore passivo e dimenticato dalla gente.

L'alternativa, è la sfida del leader di Italia Viva, è Conte che si lega a Mastella e Brunetta e a qualche manciata di «responsabili», il Conte Ter, l'esempio più alto e mai raggiunto prima del trasformismo politico e dell'attaccamento alla poltrona. Un altro esecutivo che si rivelerebbe un boomerang per chiunque ne facesse parte, soprattutto per il suo premier. Conte è all'angolo e Renzi oggi sul ponte di comando. Chi di Renzi ferisce, di Renzi perisce

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Andrea Soglio