Mattarella vaccino
(Ansa)
Politica

La fila di Mattarella per il vaccino è la vittoria dell'uno-vale-uno

Il gesto del presidente della repubblica è prova di eleganza ma in realtà andava vaccinato per primo vista la posizione che occupa. Che non è uguale a quella di tutti gli altri

Questo sperticarsi di applausi per il Presidente Mattarella che si mette pazientemente in fila per il vaccino allo Spallanzani come un comune cittadino, nasconde qualcosa di profondamente stonato. Nulla da dire sul beau geste del Presidente: ma siamo proprio sicuri che un Capo dello Stato non abbia invece il diritto, e forse anche il dovere, di vaccinarsi prima degli altri?

Negli Stati Uniti precisi protocolli di sicurezza prevedono che i politici siano in cima alla lista delle persone da tutelare; in Italia invece se il politico non si abbassa al livello dell'"uomo della strada", siamo pronti a fulminarlo. E la stampa di solito è in prima linea nel sobillare la protesta anticasta.

Eppure, se c'è una persona legittimata a "saltare la fila" per il vaccino, questa è proprio il Presidente della Repubblica. Dirò di più: sarebbe assolutamente normale che anche il premier, i ministri e sottosegretari godano di una corsia preferenziale. E questo per un motivo molto semplice: per quanto possano più o meno farci ribrezzo, essi rappresentano le istituzioni. E il fatto che restino in salute, nell'esercizio delle loro funzioni, è un interesse di tutti gli italiani. Non c'entra niente il moralismo, o il principio d'uguaglianza: c'entra l'interesse pubblico. In altre parole, la vaccinazione del Presidente non è un affare di Sergio Mattarella, ma una priorità della Presidenza, una questione di sicurezza nazionale e di stabilità democratica.

Per gli stessi motivi, per esempio, è impedito a un politico o a un magistrato sotto tutela di rifiutare la scorta armata che gli è stata assegnata. Non può farlo, perché il buon funzionamento delle istituzioni che rappresenta dipende anzitutto dalla sua integrità fisica. E qui non stiamo parlando di autisti, pensioni d'oro o pranzi gratis alla buvette del Senato: parliamo, ripeto, di incolumità fisica, cioè di garantire il buon andamento delle istituzioni democratiche, a prescindere dalla levatura morale di chi le rappresenta.

Se non riusciamo neanche a capire questi concetti elementari, allora vuol dire che stiamo mettendo il Presidente della Repubblica sullo stesso piano dell'ultimo sindaco sperduto sugli Appennini. Vuol dire cioè che il populismo sciatto, il grillismo peggiore, ci è entrato nelle vene. Quella sindrome rovinosa per cui se il politico rinuncia all'autoblu per andare bicicletta, allora pretenderemo che vada a piedi, possibilmente scalzo.

Solo chi non ha senso delle istituzioni, può sognare un mondo dove i rappresentanti dello Stato restano esposti a una minaccia terroristica, militare o in questo caso biologica, come il Covid. E per cosa? Per il solo gusto di poter gridare "uno vale uno". Che è un po' come dire "nessuno vale nulla".

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Federico Novella