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Politica

L'allarme della montagna: «Dobbiamo pensare alla stagione invernale oggi»

Uno dei settori maggiormente colpiti dalla pandemia e che non gode dei vantaggi concessi a spiagge e turismo estivo chiede al Governo interventi e criteri oggi per salvare la prossima stagione turistica sulla neve

Le parole vengono scandite con forza perché il messaggio non si perda. Siamo nel cuore dell'estate e la neve è un ricordo lontano, così come le immagini degli impianti chiusi e dello sci negato. A bucare nei telegiornali in questo momento sono le spiagge, piene e senza regole. Come un anno fa. Ecco perché la gente della montagna sente il bisogno di scandire oggi il proprio appello che è quasi una supplica: «Abbiamo bisogno che il Governo, la politica e i tecnici a Roma si accorgano in fretta che la montagna esiste perché se arriviamo a settembre poi ci troviamo in un attimo ad ottobre e per noi è tardi».

A parlare è Valeria Ghezzi, numero uno di Anef che è l'associazione che raggruppa la quasi totalità degli esercenti degli impianti di risalita italiani. Un piccolo, nemmeno troppo, mondi di duemila aziende e un miliardo di euro di fatturato prima che il Covid spazzasse via tutto o quasi. Lo scorso inverno la montagna si è fermata, sacrificata nelle scelte dell'allora Governo Conte alla lotta alla seconda e terza ondata e alla salvaguardia del turismo del mare. Libero di fare, esattamente come accade adesso. Oggi che lo schema rischia di ripetersi la montagna lancia il suo grido d'allarme.

C'è qualcuno che pensa alla montagna oggi?

«Nessuno. Quando si parla di trasporto pubblico locale noi siamo sempre considerati fuori, non veniamo nominati. Il TPL è stato portato all'80% della capienza e noi siamo rimasti al 50%, temo per una dimenticanza. Eppure c'è chi sta subendo dei danni anche adesso da questa situazione».

Danni che si aggiungono a danni

«I pochi che hanno prevalenza di stagione estiva stanno soffrendo tanto. Capisco che non è questo il momento di chiedere un aumento delle portate, con i contagi in risalita, ma quello che non può più succedere è arrivare alle soglie di ottobre alle stesse condizioni di un anno fa, senza certezze»

Avete il timore che possa accadere?

«Spero di non sbagliarmi quando dico che il Governo si accorgerà di noi senza ripetere la tragedia dell'anno scorso, quando sono partiti dal concetto che chiudevano le piste da sci e non era un problema mentre, nella realtà, stavano chiudendo intere comunità. Se ne accorgeranno anche solo per una diversa composizione territoriale di questo Governo»

Più attento alle necessità di Alpi e Appennini che rappresentano non solo geograficamente la spina dorsale d'Italia?

«Adesso ci sono persone che sanno cosa sono montagna e sci. Allora non c'era un ministro lombardo mentre in questo Esecutivo ci sono e ce ne sono del bellunese, per questo pensiamo ci possa essere maggiore sensibilità a questo tema»

Estate liberi tutti e poi si rischia la stretta: non è uguale a quanto accaduto un anno fa?

«Quest'anno abbiamo i vaccini e questo è il punto fermo. E poi c'è l'esempio di chi lo scorso inverno ha tenuto aperto come Svizzera, Austria, paesi Scandinavi e Sierra Nevada riuscendo comunque a contenere l'impatto dell'apertura degli impianti, grazie al rispetto delle regole che noi siamo disposti ad accettare per aprire e tenere vivo l'intero settore»

Qual è la dead line da non superare?

«Il termine per capire se ci potrà essere o no una stagione invernale è fine settembre perché da inizio ottobre dobbiamo cominciare ad assumere il personale»

Vi servono certezza che non si chiuda tutto e regole per calibrare gli interventi?

«Regole che siano applicabili o, almeno, la certezza di un confronto che le scriva in maniera da poterle gestire in concreto. Non che escano poi e siano impossibili da rendere operative, in modo che noi ci si possa impegnare a rispettarle come stiamo già lavorando per fare. Stiamo investendo sul digitale per sviluppare i sistemi che serviranno per il controllo dei flussi e del Green pass, ad esempio. Lavoriamo con aziende che si occupano anche degli stadi o di altri grandi settori, ma serve tempo perché i miracoli li fa solo l'Altissimo»

Con il Green pass attivo quale capienza ritenete giusta per i vostri impianti?

"Crediamo sarebbe corretto equiparaci al trasporto pubblico locale così come avviene in altri paesi, quindi portarci all'80%. Tra l'altro molti degli impianti delle nostre montagne, quelli di proprietà comunale per esempio, lo sono già e infatti hanno continuato a funzionare pur in assenza di stagione sciistica"

La soluzione del Green pass vi piace?

"Troveremo un modo per farlo funzionare anche se non è banale"

Che effetto vi fa vedere le immagini delle spiagge piene?

"… e delle feste per la vittoria dell'Europeo. Più che rabbia la sensazione è di una profonda tristezza, rende evidente che chi ci governa che chi ci governa non capisce che non puoi tenere chiusa la montagna esattamente come non puoi chiudere il mare"

Un anno fa è accaduto

"Il tema è: 'Facciamo girare l'economia del mare e serve che tutto quel sistema funzioni'. Giusto. Ma lo stesso deve valere anche per la montagna e soprattutto d'inverno perché è lì che noi sviluppiamo il nostro giro d'affari perché la stagione estiva per noi non è sufficiente. Fa tristezza che un Paese formato per un terzo di montagne non sia in grado di rendersene conto e di capire quali rischi si stanno correndo. Non è solo un problema di economia"

Cosa rischia la montagna?

"Nello scorso inverno molte persone si sono semplicemente trasferite fuori dalle valli per fare altro e adesso non è facile farle tornare. E così la montagna si spopola"

Perché questa volta il finale sarà diverso?

"Dobbiamo avere la speranza che vada in maniera diversa. Dobbiamo crederci perché stiamo lottando per mantenere vivo tutto un tessuto fatto di comunità che nell'ultimo anno e mezzo non ha ricevuto nulla dallo Stato"

Nemmeno i tanto pubblicizzati ristori?

"Credetemi, nemmeno un euro è arrivato alle società che gestiscono gli impianti a fune. Dal marzo 2020 niente, pur avendo lavorato la scorsa estate per nulla e facendolo adesso senza nessuna certezza e prospettiva perché nel nostro ciclo produttivo siamo obbligati ad anticipare in estate spese e investimenti su manutenzione e sicurezza per poi incassare in inverno. Ci sono moltissime aziende che sono al limite. Dobbiamo crederci per forza altrimenti salta tutto e in maniera drammatica".

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Giovanni Capuano