Candidati sindaco Roma: Giorgia Meloni
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Giorgia Meloni: "Non abbiamo mai tradito gli elettori"

Il rapporto con Salvini e con Berlusconi; il ciao ai grillini. La Meloni si candida a ricompattare il centrodestra

Onorevole Meloni, in questa intervista Panorama le sta per assegnare un compito difficile.

Quale?

Far capire alla gente cosa sta succedendo nel centrodestra.

(Risata). Ma allora è un compito impossibile!

Perché?

Perché non so se tutti abbiano chiaro cosa vogliono fare. Posso dirle cosa voglio fare io, ma gli altri non sempre li capisco. Figuriamoci spiegarlo agli altri.

È il lavoro di questo giornale. Provi a farmi il quadro.

Abbiamo vinto le elezioni sfiorando il 50 per cento dei voti in Abruzzo.

Vero.

Siamo la prima coalizione alle elezioni politiche e la prima coalizione in tutte le amministrative che si sono svolte dopo, dal Friuli in poi.

Esatto.

Siamo la prima coalizione secondo tutti i sondaggi.

Vero anche questo.

In Abruzzo, se me lo concede, c’è stata, anche, una grande vittoria di Fratelli d’Italia.

Non gonfi troppo il petto.

Ma è così! Abbiamo vinto come coalizione, ha vinto il nostro candidato presidente, Marco Marsilio, e abbiamo vinto noi, come partito, sfiorando il 7 per cento. Un dato nient’affatto scontato visto che non governiamo.

Bene, e poi che succede?

Accade che questa coalizione non governa il Paese, e che due dei suoi alleati, come dire?, continuano a trescare o addirittura a convivere con altre formazioni.

In che senso?

La Lega, come è noto, governa con il Movimento 5 stelle, e non sembra intenzionata a interrompere il rapporto.

E Forza Italia?

Con la testa sta nella nostra coalizione, ma con il cuore sembra che continui a occhieggiare al Pd.

Addirittura?

Guardi i fatti. Voti comuni in aula, missioni sulla Sea-Watch di Stefania Prestigiacomo addirittura accompagnata da Nicola Fratoianni, una certa nostalgia del piccolo grande amore nazareno che non è mai andata via, nemmeno dopo la Caporetto di Renzi.

Si sta dando - politicamente parlando -  della cornuta?

(Risata). Sto dicendo che noi siamo l’unico partito «monogamo» del centrodestra. Teniamo in piedi la baracca, coerenti fino alla noia.

Non le viene mai in mente che forse state sbagliando voi?

No, perché la nostra fedeltà non è un valore in astratto, ma è legata a una battaglia ideale e a un patto di lealtà con chi ci ha votato. Siamo fedeli agli elettori. E mi pare che gli italiani se ne stiano accorgendo, visti i risultati.

Ma gli elettori vogliono ancora questo accordo?

(Sospiro, vocione meloniano). Certo. Vogliono che certe idee e proposte vengano difese fino in fondo.

Per esempio?

Difesa dei confini, sostegno alle realtà produttive, meno tasse e meno burocrazia, tutela dei prodotti italiani, incentivi alla famiglia e alla natalità, difesa dell’identità. Sono valori ancora maggioritari. Per questo continuiamo a vincere, anche se poi a livello nazionale a tenere fede a tutto questo siamo rimasti soprattutto noi.

Incontro Giorgia Meloni nel suo ufficio di Montecitorio. Fratelli d’Italia ha un gruppo parlamentare giovane, una classe dirigente di scuola antica con tante seconde e terze linee, molto radicata sul territorio. Ma deve tenere testa alla concorrenza temibile - a destra - della Lega. La Meloni ha risposto alla nascita del governo gialloverde, dopo il voto, prendendo una difficile posizione diversa sia da quella di Salvini sia da quella di Berlusconi. Fuori dalla maggioranza, ma non necessariamente all’opposizione. Cosi comincio l’intervista da questo paradosso.

Onorevole Meloni, si è pentita di quella scelta?

Sta scherzando? Credo che sia la cosa più giusta che si potesse fare. Non era facile, ma sta pagando.

Perché?

Rispetto agli altri abbiamo un vantaggio competitivo che in politica è molto difficile da ottenere.

Quale?

Siamo liberi. Possiamo fare le nostre scelte sempre e solo sulla base di ciò che consideriamo giusto.

Perché, gli altri non lo sono?

Quando sei in maggioranza devi votare per forza a favore, anche se non sei sempre d’accordo. Quando sei all’opposizione per forza contro, anche se in fondo condividi. Quindi direi di no.

Un esempio?

Voglio votare a favore del decreto sicurezza perché malgrado alcuni limiti penso che vada nella direzione giusta? Bene, l’ho fatto.

Mi faccia un altro esempio.

Voglio oppormi alla politica demenziale del M5s sulle grandi opere, o sul reddito di cittadinanza, sul decreto dignità? Eccoci, siamo in prima fila. Voglio difendere l’Italia dagli attacchi odiosi della Francia o degli eurocrati? Lo faccio, non devo rendere conto a nessuno, e sono felicemente fuori dal coro dei poteri forti.

Mi faccia un altro esempio concreto.

Forza Italia e Pd che tifano «forza spread» perché sono contro il governo. Questo è ridicolo. Io tifo Italia, contro la finanza speculativa che vuole strangolarci.

Adesso le faccio una domanda a cui lei non mi risponderà sinceramente: quanto state soffrendo la concorrenza di Salvini?

Adesso le do una risposta a cui lei non crederà: non la soffro affatto.

Infatti non le credo. Il leader della Lega batte su tutti i temi che tradizionalmente sono vostri: la sicurezza e l’immigrazione.

Salvini è in luna di miele con gli italiani, e questo è fuori discussione. Ma declina questi temi in modo molto diverso da noi.

Come?

Pensi al dibattito di queste ore. Lui sogna un’Italia in cui le autonomie prevalgono sul vincolo nazionale, noi mettiamo in primo piano l’unità della nazione, il patto di cittadinanza tra Nord e Sud.

È uno slogan.

Per nulla: essere regionali in un contesto europeo significa essere meno competitivi.

E non teme di essere politicamente svuotata?

No, perché alla fine la coerenza paga sempre, e perché l’Abruzzo dimostra che si può crescere entrambi.

C’è più ostilità tra Berlusconi e Salvini o fra lei e Salvini?

Io con Matteo ho un ottimo rapporto. Ma questo non toglie nulla alle nostre differenze. Abbiamo storie e percorsi diversi, ma ci troviamo spesso a condividere battaglie e proposte.

State entrando nella famiglia dei conservatori europei per catturare voti a Forza Italia?

(Sorriso). Ma lei fa solo domande acide? Fratelli d’Italia amplia i suoi confini, parla a mondi nuovi, entra in una grande famiglia europea. In piena continuità con la storia della destra italiana. I polacchi di Kazynsky, oggi alla guida dei conservatori europei, erano tra i principali alleati di Alleanza nazionale in Europa.

Resta il fatto che in Europa avete divorziato da Marine Le Pen.

Con il Front national c’è un rapporto storico, tra me e la Le Pen c’è un rapporto personale che non viene meno. Ma la nostra collocazione adesso è in un’alleanza che vuole pesare e decidere a Bruxelles e a Strasburgo.

Per fare cosa?

In primo luogo per mandare a casa Junker e compagni. Poi, per cambiare rotta.

Mi faccia capire: lei si considera più o meno radicale della Lega?

(Ci pensa). Siamo radicali in modo diverso.

Una risposta a effetto, che però va spiegata.

La prima forma di radicalismo è la coerenza. Il rifiuto del compromesso. Le faccio un esempio: Fratelli d’Italia in questi mesi sta entrando in sintonia con il «movimento produttivista» abbandonato dal governo.

Cioè?

Parlo di chi chiede di fare le opere, di chi chiede di promuovere sviluppo e investimenti, di chi chiede uno choc fiscale e la fine dello stato guardone e vessatore.

La Meloni dalla parte dei confindustriali?

No. la Meloni dalla parte di produttori e lavoratori abbandonati dalle politiche del governo. E contro la «deriva venezuelana» dei grillini.

Addirittura «venezuelana»?

(Altro sorriso). Sono loro che si dichiarano maduriani. Mi pare ormai evidente che le idee portate avanti da Di Maio nei suoi decreti sono così vecchie che erano già sconfitte quando lo stesso Di Maio era alle elementari.

Parla del decreto dignità?

Quello sta producendo solo una cosa: disoccupati.

Mi faccia un esempio.

A L’Aquila, durante la campagna elettorale, ho incontrato una famiglia di terremotati di Amatrice che adesso ha trovato posto nelle casette costruite da Berlusconi, dopo il terremoto.

Cosa c’entra?

Ci arrivo. Questa famiglia ha un ragazzino autistico di 12 anni. E la madre mi ha detto: «Nella tragedia di Amatrice questo trasferimento ha prodotto almeno un risultato positivo».

Quale?

Che i servizi sociali dell’Aquila, governata da un sindaco di Fratelli d’Italia, sono molto più efficienti. La madre mi ha raccontato: «Prendono mio figlio, lo portano a scuola e poi alle sue attività pomeridiane. Lo gestiscono così bene, racconta questa madre, che ho potuto trovare lavoro la mattina».

Ottimo.

Sì, davvero. Solo che il lavoro a termine che questa madre aveva trovato, mi ha raccontato di averlo perso per colpa del decreto dignità! L’hanno licenziata, come tanti, per colpa dei paletti e dell’aumento del costo dei contratti a termine.

Tutti dicono e scrivono che nel governo Matteo Salvini è egemone.

Attenzione. Lo è sicuramente sul piano mediatico e comunicativo, dove è diventato senza dubbio l’uomo forte.

Perché secondo lei?

In primo luogo perché Matteo è bravo. E poi perché ha alcuni nemici che dovrebbe mettere a libro paga: il Pd, i magistrati, Saviano e la giuria radical chic di Sanremo.

Addirittura?

Non scherzo. Sono gli attacchi pregiudiziali e ciechi che creano un effetto simpatia enorme, anche presso di me. Ma nelle scelte politiche ed economiche il segno lo stanno dando i Cinque stelle.

Dov’è questo segno?

Su tutto. Sull’obbligo della fatturazione elettronica. In una Italia in cui non c’è ancora internet veloce!

Oppure?

Sul rinnovo delle sanzioni alla Russia, che stanno danneggiando le esportazioni italiane. La cancellazione era tra i primi punti della nostra campagna elettorale! E sulla flat tax, che di fatto è scomparsa.

È stata messa per i redditi fino a 65 mila euro.

Quella è solo una estensione del regime dei minimi. E poi ancora il delirio della ecotassa, distante anni luce dal nostro modello.

Perché?

Perché penalizza nello stesso momento i lavoratori italiani dell’industria automobilistica, l’ambiente e le famiglie meno abbienti.

Non le piace l’ecotassa?

È una totale idiozia che privilegia soprattuttto i marchi che producono auto ibride: ovvero i giapponesi.

Ce l’ha con i giapponesi?

Ce l’ho con il governo se ci costringe a comprare macchine molto più costose e prodotte in Giappone: così si passa da «prima gli italiani» al «sovranismo nipponico».

La battuta suona, ma lei non vuole ridurre le emissioni?

Altro che battuta: è un assurdo anche sul piano ecologico. Abbiamo il parco auto più vecchio d’Europa, però così le famiglie meno abbienti sono costrette a non rottamare e a tenere i modelli più inquinanti invece del diesel pulito di ultima generazione.

Non la convince nemmeno il reddito di cittadinanza?

Il reddito è una «fake news». Le risorse non ci sono, e quel poco che c’è andrà soprattutto a immigrati, nomadi e abusivi di ogni genere. Sulla pelle di chi lavora e di chi ha davvero bisogno di assistenza, come i disabili, gli anziani e le famiglie con bambini. Il tutto per non creare neanche un nuovo posto di lavoro.

Però siete uniti a Salvini nella lettura del conflitto fra popolo ed élite.

È una delle nostre battaglie più antiche. Persino Sanremo ha platealmente evidenziato questo scontro.

Sta con Salvini che ha criticato la vittoria di Mahmood?

No, io al contrario gli ho fatto i miei complimenti.

Perché?

Intanto perché non mi interessa fare politica sul Festival. E poi perché secondo me quello è un ragazzo italiano. Nato e cresciuto in Italia, quindi a tutti gli effetti italiano.

Allora a cosa si riferisce?

A questa metafora meravigliosa del voto popolare che non conta mai.

Contava il 50 per cento.

Segua questo ragionamento: la giuria d’onore non paga, ma conta. I giornalisti non pagano, ma contano. Gli italiani che da casa pagavano non hanno contato nulla. C’è qualcosa che non funziona in questo meccanismo.

Dice?

(Sorriso). Significa che nelle primarie del Pd con il voto della giuria potrebbe vincere persino Roberto Giachetti, che è arrivato anche lui terzo.

Torniamo a Sanremo.

Il problema di Mahmood non è la sua canzone, che può piacere o non piacere come qualunque brano, ma il tentativo di trasformarlo nel simbolo politico che non è.

Tentativo di chi?

Di chi, a partire dalla giuria del Festival, lo ha sponsorizzato solo in funzione anti-governo. Per far questo lo hanno trasformato in un raccomandato. E lo hanno marchiato come un egiziano, pur di renderlo funzionale. Così Mahmood diventava una risposta a  Salvini e «alla destra».

Lei sostiene che si combatte una battaglia di egemonia anche sul Festival?

Mi meraviglio di lei. È ovvio che si cerchi di farlo, sul terreno più nazionalpopolare, che è quello della canzone italiana. Se vuoi vincere una battaglia culturale la devi combattere lì. Fra l’altro la vittoria non sempre aiuta.

In che senso?

Io che sono un appassionata ascoltatrice di X Factor ricordo quello che accadde con i Maneskin. Persero, tra mille polemiche, con la gente indignata. Ma il gruppo ha sfondato sul mercato fregandosene di chi avesse vinto.

Persino su Sanremo ha una posizione diversa da Salvini.

No. Soltanto più articolata.

Ma mi dica un’altra cosa in cui lei si sente diversa da lui.

(Ci pensa). Per me un politico deve dire solo le cose che si possono fare davvero. Io faccio sempre così.

Quindi lei. come ha detto, vorrebbe fare davvero il blocco navale?

Se fossi al governo lo farei domani.

Quindi lei, come ha detto, considera davvero la Sea-Watch una «nave pirata da affondare»?

Assolutamente sì. Perché lo è. Farei scendere tutti, arresterei l’equipaggio, affonderei la nave.

Quindi lei crede che sarebbe riuscita a far approvare la flat tax, nonostante i vincoli economici?

Noi per il primo anno, e lo abbiamo detto in campagna elettorale, abbiamo lanciato una proposta che il governo purtroppo ci ha bocciato diverse volte: la flat tax al 15 per cento su quello che si guadagna in più sull’anno precedente. Un premio per chi migliora i suoi risultati che non costa nulla.

E sull’autorizzazione a procedere per il caso Diciotti come voterete?

Le ho detto che siamo nella felice condizione di dire «sì» o «no» a seconda di quello che ci convince o meno. Ecco un esempio.

Voterete in difesa di Salvini?

Certo! Quell’indagine è una cosa ridicola. È assurdo che si indaghi chi impedisce l’ingresso illegale sul territorio italiano. Salvini ha agito nell’interesse della nazione.

Lei considera il blocco della nave Diciotti un gesto politico?

Certo. È incredibile che venga indagato chi fa rispettare la legge e non sia invece mai stato indagato chi faceva favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, che è un reato. E seguendo la stessa logica, tutti quelli che dal governo hanno mantenuto dei clandestini facendoli diventare illecitamente dei «richiedenti asilo» dovrebbero essere processati per danno erariale.

Non abbiamo parlato di Silvio Berlusconi.

Che dobbiamo dire?

Veda lei...

Intanto partiamo dall’uomo. Berlusconi è un combattente e anche in Abruzzo non si è risparmiato. Lo ringrazio per questo.

Sento che sta arrivando un «però» grosso come una casa.

È evidente che Forza Italia abbia un enorme problema di identità.

Addirittura?

In quel partito oggi c’è chi risponde agli appelli di Carlo Calenda e chi si schiera a favore degli eurocrati.

Ma non è normale per un partito che ha tra i suoi leader Antonio Tajani?

Ecco il punto di differenza: io vado in Europa per cambiare tutto. Loro per mantenere tutto così com’è.

Accusa Berlusconi di civettare col Pd?

A volte mi pare che nel partito ci sia questa tentazione. A Montecitorio c’è questa continua impressione di scambio di amorosi sensi. E troppo spesso, in aula, votano insieme.

Ma perché non ammette che Fratelli d’Italia punta a sorpassare gli azzurri?

Non ho nascosto di puntare a essere il secondo movimento del centrodestra. Ma non contro qualcuno. Io penso a costruire una coalizione nuova e vincente, che possa liberare l’Italia dai Cinque stelle e portare a un governo forte e coeso. Solo facendo crescere Fratelli d’Italia possiamo riuscirci.

Sta acquistando personale politico azzurro?

Arrivano persone da molte realtà, rispondendo a un appello che ho fatto a settembre ad Atreju. Oltre le mie speranze. C’è margine per fare un bel salto in avanti alle elezioni europee.

Non si sente presuntuosa?

Per nulla. Non ci siamo mai snaturati, non abbiamo mai votato cose invotabili, non treschiamo con nessuno: se uno vuole la destra libera e forte, ma anche capace di aprirsi, sa cosa votare.

Avverto una nota polemica.

Ma scusi, perché noi cresciamo proprio mentre la Lega è al suo apice? Ci riconoscono questa coerenza.

Le piace fare la prima della classe?

Avevo così chiaro questo problema politico che proposi un patto di lealtà già in campagna elettorale. Si ricorda come andò a finire?

Che ne avete parlato per un mese.

E poi non si presentò nessuno dei due!

E cosa può cambiare questo destino?

Semplice. Dimostriamo ancora una volta che c’è una maggioranza nella nazione, vinciamo le elezioni e governiamo con l’unico programma preferito dalla maggioranza degli italiani: il nostro. E ciao grillini.  n

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Luca Telese