Elezioni in Sicilia, il programma di Musumeci
Nello Musumeci, candidato alla regione Sicilia per il centrodestra, durante 'Atreju 2017', Roma, 22 settembre 2017. ANSA/GIUSEPPE LAMI
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Elezioni in Sicilia, il programma di Musumeci

Il candidato del centrodestra alterna visione e concretezza, ideali e conoscenza del territorio. Sicuro di vincere

Sebastiano Musumeci, detto Nello, per nemici e alleati lei è «un galantuomo...».
In Sicilia non è un arnese molto diffuso, il galantuomismo.

Si percepisce però un sotteso...  
Molti pensano cha sia un rompicoglioni. Troppo rigido e intransigente. So di non essere amato da tutti.

Classe ‘55, candidato dal centro destra alla presidenza della Sicilia.
Se dovessi essere eletto, vorrei essere ricordato come colui che ha tentato di ridare dignità alla politica.

Brillante comiziante.
Una volta, nel 2000, dal palco  spiegai che la nostra rassegnazione si riflette pure nel dialetto: al posto del futuro usiamo il presente.

Raffinato oratore.
Ricordai, poi, l’egocentrismo dei siciliani: in un funerale vogliamo essere la bara; in un matrimonio la sposa. Berlusconi, ammirato, si voltò verso i suoi: «Ma questo dove l’avevate nascosto?».

In politica da quando aveva i calzoni corti.  
Sono entrato nella Giovane Italia a 15 anni. Mio padre era autoferrotranviere: un ateo qualunquista, che votava per gli amici. Dopo che mia madre morì, ho dovuto lasciare le scuole superiore per accudirlo. Mi sono poi diplomato da privato.

Già fervente missino.
E un albero non maledice mai le sue radici: la destra sociale; una concezione spirituale della vita.Il mito si chiamava Giorgio Almirante. L’ho conosciuto da adolescente, a Militello in Val di Catania, il mio paese.

Lo stesso di Pippo Baudo.
Pippo è il nostro orgoglio. Negli anni Sessanta, la sere in cui appariva in tv, il tempo si fermava. Chi non aveva il televisore correva nelle sezioni di partito.

Ha cominciato come giornalista.
Tv, radio, settimanali, quotidiani. Facevo di tutto. A 29 anni, già sposato e con figli, consigliere comunale dell’Msi, chiesi al direttore della mia emittente l’assunzione. Mi rispose: “O cambi partito o cambi mestiere”.

Cambiò mestiere.
Entrai in banca con un concorso. C’ho lavorato fino al 1994, quando fui eletto per la prima volta presidente della Provincia di Catania. Poco dopo, sono entrato pure al Parlamento europeo, dove ho fatto tre mandati.

A settembre del 2015, da deputato regionale, ha creato il movimento «Diventerà bellissima», con cui adesso si presenta alle elezioni.
E’ una frase di Paolo Borsellino. La Sicilia è l’iperbole dell’Italia. Quello che altrove è brutto, da noi è bruttissimo. E le cose belle, sono bellissime.

Non si riferisce alla politica.
Ha guardato solo ai voti. Abbiamo avuto parlamentari impresentabili eletti per cinque mandati. Consenso malato servito a una fetta di corpo elettorale malato.

Vale anche per il governatore uscente, Rosario Crocetta?
Affetto da una sfrenata isteria autoreferenziale, ha guidato il peggiore governo degli ultimi vent’anni: il più clientelare e immobile.

Con la sua caduta è finito anche il professionismo dell’antimafia?
Purtroppo è vito e vegeto. Crocetta ha frequentato soggetti discutibili. Poi è stato arruolato dal cerchio magico, che rilascia patenti e tiene la lista dei buoni e dei cattivi.

Chi ne fa parte?
Politici, imprenditori, vittime, istituzioni. Crocetta è stato inconsapevole strumento nelle loro mani.

Leonardo Sciascia osservava: «Se vogliono distruggere una persona, prima la chiacchierano e poi dicono che è chiacchierata».
C’hanno provato anche con me, trovando un muro di gomma. Dare a tutti del colluso confonde, mistifica, indebolisce. E finisce per favorire i veri criminali.

L’attaccano sulle liste pulite.
E’ un problema che riguarda tutti. Dal ‘46 in poi una parte della politica è stata contigua ad ambienti mafiosi: si tratta quasi di una tara genetica.  Sono stato il primo candidato alla presidenza ad avere posto il tema.

Troppo flebilmente, dicono i suoi avversari.
Non escludo che su 300 candidati del centrodestra ci possa essere qualcuno che avrebbe fatto bene a rinunciare. Chiederò di non votare per i candidati discussi.

Il trasformismo, intanto, dilaga.  
C’è chi cambia più partiti che camicie. Sentono l’odore della vittoria e passano con noi. Io da 45 anni sto a destra, orgogliosamente.

E’ alla terza candidatura di fila da presidente.
Anche se fosse le quinta, che importa?

Pure gli altri due aspiranti governatori sono gli stessi del 2012, compreso il grillino Giancarlo Cancelleri.
Se mi guardo attorno vedo Leoloca Orlando sindaco di Palermo,  Enzo Bianco sindaco di Catania... E lo erano già alla fine degli anni Ottanta. Rispetto a loro, mi sento un bambino.

Con sessantadue primavere sulle spalle...
La novità, come amo dire, non appartiene alla categoria della politica. Riguarda la moda. La gente vuole persone affidabili: a cui dare fiducia, senza incertezze.

Suona un po’ gattopardesco.
«Chi cambia la vecchia per la nuova, sa cosa lascia ma non sa cosa trova»...

Dice il proverbio siciliano.
Per gli elettori, la garanzia è il mio passato. Non ho uno slogan elettorale. Basta la mia storia.

Nei sondaggi il Movimento cinque stelle, emblema del nuovismo, però la tallona.
La condizione della Sicilia non consente apprendistato, noviziato o salti nel buio. Ma oltre all’incapacità, c’è la mancanza di regole e democrazia. Non si può affidare la Regione a una forza politica gestita da un’azienda privata. Persino per cambiare un assessore devono rivolgersi alla Casaleggio associati.  

Cancelleri l’attacca quotidianamente.
Giancarlo è in difficoltà. Da due mesi è inchiodato alla stessa percentuale. Rispondergli non vale la pena.

Eccessiva galanteria.
Gli ricordo solo che è stato compare di Crocetta. I Cinque stelle hanno votato il bilancio e la legge di stabilità. Una complicità politica che fece esultare persino Beppe Grillo. Il 26 febbraio del 2013 disse: «Il modello Sicilia è meraviglioso».

6 novembre 2017. Trionfa l’usato sicuro: Musumeci viene eletto presidente. Cosa succede in Sicilia?
Non siamo nelle condizioni di fare rivoluzioni. Ma dobbiamo almeno superare la rassegnazione. Siamo abituati a convivere con il male, che riteniamo un destino inesorabile. Ma io ho promesso ai giovani che non saranno ancora costretti ad andarsene.

S’è preso un bell’impegno.
Per prima cosa, bisogna rendere efficienti le istituzioni.

Quella vecchia carcassa clientelare della Regione?
E’ la più grande azienda della regione. Ed è un problema nel problema. Se non lo risolviamo non possiamo occuparci del resto: la disoccupazione, le infrastrutture, la devastazione dell’ambiente.

E’ irredimibile.
Non è vero. Basterà dare l’esempio. Premiare il merito, neutralizzare i parassiti, rivedere l’impalcatura burocratica. Tutti devono capire che la ricreazione è finita.

Faranno orecchie da mercante.
Userò bastone e carota. Faremo blitz improvvisi negli uffici. Basta sprechi. Pretenderemo efficienza per i cittadini. A quel punto, l’aministrazione smetterà di essere il giocatore e diventerà l’arbitro.

Fuor di metafora calcistica?
Se la Regione maneggia denaro pubblico si arriva inevitabilmente alla corruzione. Invece deve solo creare il contesto. Il valore non sono i danari pubblico ma le imprese.

Che continuano a fuggire dall’isola.
Le aziende saranno al centro di ogni attenzione. I nostri imprenditori devono tornare a investire. E andremo a cercare gli investitori stranieri. Il futuro della Sicilia è nella sua geografia: siamo la porta del Mediterraneo.

Vellicherà le spinte autonomiste?
Serve una seria revisione dello statuto, che risale al 1946.  

Ancora a Roma, con il cappello in mano?
Mai! Non voglio essere presidente di una Sicilia piagnona e vittimista. Ci rialzeremo da soli, con orgoglio.

Ama ripetere: «Ho attraversato la palude senza prendere la malaria».
E’ la sintesi di una vita. La quotidianità della politica è merda, passione, sangue, coerenza e compromessi. Credo di essere rimasto incontaminato.

Nemmeno una febbriciattola?
Le mie mani hanno gestito centinaia di miliardi di lire. Sono incensurato. Non ho mai conosciuto un avviso di garanzia. Quello che è pubblico non è tuo. «Il potere è servizio» spiegava Don Luigi Sturzo.

Un ex missino che cita una bandiera dell’antifascismo!
Meglio Almirante?

Nel suo caso, forse sì.
Ci diceva: “Tra il giusto e l’utile, scegliete sempre il giusto”.

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Antonio Rossitto