Conte politica
(Yara Nardi, Getty Images)
Politica

Il Covid ha stravolto i rapporti istituzionali. E non in meglio

Parlamento sempre più marginale, raffica di Dpcm, Stato di Emergenza e critiche dei partiti. La politica sta vivendo un momento di crisi, causa Pandemia

Ormai quasi un anno fa, la pandemia è arrivata come uno tsunami a sconvolgere le vite e le abitudini di molti di noi. E la politica non ha fatto eccezione: negli ultimi mesi a cambiare volto sono state le relazioni istituzionali a più livelli. Quali sono state le maggiori criticità che la pandemia ha evidenziato nel rapporto tra le istituzioni?

"Sicuramente il primo punto critico è la marginalizzazione del Parlamento, che è stata esplicitata oltre ogni limite", spiega a Panorama.it Fabio Bistoncini, fondatore e presidente diFB&Associati, società di consulenza specializzata in relazioni istituzionali, advocacy e lobbying. "Che il parlamento fosse marginale è evidente da più di 20 anni, ma non è mai stato così messo da parte". L'altro grande fenomeno emerso negli ultimi mesi è stato l'accentramento dei processi decisionali nelle mani del presidente del Consiglio: si è fatto un massiccio ricorso ai Dpcm, strumenti utili per agire velocemente in caso di emergenza ma molto particolari, perché non prevedono passaggi parlamentari successivi. "Nelle ultime settimane c'è stato un ampio dibattito sulla centralità del presidente del Consiglio, e adesso si torna a parlare di una discussione più ampia che coinvolga anche il Parlamento, specie per quanto riguarda la gestione del Recovery Fund".

A finire spesso al centro delle cronache è stato poi il rapporto tra Stato e Regioni, "una debolezza del nostro sistema, per come è costituito a seguito della riforma del titolo V", osserva Bistoncini. "All'inizio della pandemia, a febbraio/marzo, lo shock è stato talmente forte che le Regioni si sono mosse in autonomia ma hanno tenuto il riferimento al governo centrale". Nei mesi successivi la situazione è cambiata. "Il governo ha dato una cornice ma poi è esplosa la competizione, tra le Regioni stesse e tra le Regioni governate dal centrodestra e l'esecutivo di Roma. Questo ha determinato una vera esplosione di ordinanze regionali, che in questi mesi sono state centinaia, creando una situazione di caos normativo". Non solo: secondo Bistoncini questa situazione ha portato di fatto a un "superamento del bicameralismo perfetto. La pandemia non ha cambiato le cose, ma ha semplicemente accentuato alcune dinamiche: la Conferenza Stato-Regioni diventerà un luogo decisionale come Camera e Senato". Secondo il fondatore di FB&Associati "la rappresentazione del premier Giuseppe Conte che parla ai presidenti di Regione via zoom è quella di un leader debole che parla a soggetti forti, che hanno preso centinaia di migliaia di preferenze. Per questo motivo anche un governatore relativamente 'debole' come Fontana, e maggior ragione uno 'forte' come Bonaccini, se siede al tavolo con Conte ha un'autorevolezza diversa. Tutto questo ha fatto sì che i soggetti forti siano diventati le Regioni".

La pandemia ha creato nuove dinamiche anche nel rapporto tra la politica e la società. "Essendoci stato un accentramento del potere decisionale, il governo nell'emergenza si è affidato ai corpi intermedi ''classici': e soprattutto nella prima fase non poteva che essere così". Nella seconda fase, invece, secondo Bistoncini si poteva fare di meglio. "Nel momento in cui si è deciso di riaprire bisognava definire le modalità della riapertura e soprattutto avviare il dibattito sul programma Next Generation EU, che non riguarda solo il Recovery Fund", spiega l'esperto. "Abbiamo avuto gli Stati generali, poco più che una passerella fine a se stessa; mentre il governo avrebbe dovuto discutere con i gruppi di interesse, anche i tanti segmenti non rappresentati da Confindustria e sindacati, su come ricostruire il Paese". Secondo Bistoncini "non sono stati messi in campo gli strumenti per fare questo, non solo per colpa di Conte ma anche della maggioranza che lo sostiene. Le forze politiche di maggioranza sostengono ancora la concertazione come una sorta di riflesso pavloviano, ma la concertazione ha senso farla quando ci sono pochi gruppi che rappresentano la totalità degli interessi. Adesso non è così: tuttavia, Pd e 5Stelle non sono riusciti a capire che i corpi intermedi tradizionali non sono gli unici gruppi d'interesse da ascoltare".

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Chiara Merico