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(Ansa)
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Cosa prevede la norma sulla «Case Green» che vuole l'Europa

I tempi, le richieste energetiche, e le deroghe. Tutto quello che c'è da sapere della norma che sta creando molte polemiche

il Parlamento Europeo a metà marzo dovrebbe dare il via libera definitivo alle norme sulle cosiddette «case green»; una norma voluta per cercare di ridurre l'impatto ambientale delle nostre abitazioni che però obbligherà milioni di italiani a spendere decine di migliaia di euro per mettersi in regola.

Obiettivi di riduzione delle emissioni

Nuovi edifici a emissioni zero dal 2028 (mentre quelli di proprietà pubblica dal 2026); misure per ridurre le bollette energetiche e contrastare i cambiamenti climatici; misure di sostegno per le famiglie vulnerabili;Edifici responsabili del 36% delle emissioni di gas serra.

In sintesi le tipologie di edifici che dovrebbero essere esenti sono tre: edifici storici o dal particolare valore architettonico, immobili che si trovano in aree vincolate o protette. E infine abitazioni utilizzate per meno di quattro mesi all’anno, quindi le cosiddette seconde case.

Per quanto concerne il fattore di “residenzialità”, l’Italia è uno dei Paesi con il più alto numero di proprietari di abitazioni: la proprietà immobiliare è un fattore costitutivo della nostra società. Infatti, il 70% degli italiani è proprietario della casa in cui vive, il 20% in affitto.

L’obbiettivo intermedio da raggiungere per gli immobili residenziali consiste nella classe energetica E entro il 1° gennaio 2030 e la classe D entro il 1° gennaio 2033. Questo vuol dire che chi possiede un appartamento con il superbonus energetico, è passato dalla classe G alla classe E, ossia la maggior parte degli interventi pagati da tutti gli italiani con lavori importanti (eventuale installazioni di pannelli solari, il cappotto termico in facciata, la sostituzione di serramenti esterni, la sostituzione della caldaia a gas etc...). Lavori che hanno messo in ginocchio il nostro debito pubblico e che nel 2033 verranno deprezzati, impossibilitati ad essere venduti o affittati se non si interviene nuovamente in classe D, e così con vari step successivi fino al 2050, dove dovranno essere a emissioni Zero.

Il Ministro della transizione ecologica, Pichetto Fratin lo spiega in modo semplice: «Con tutta l’operazione del superbonus 110% abbiamo messo 70 miliardi. E’ stato un intervento di efficiemento su 360-370 mila edifici. Un calcolo, anche molto prudente, sul passaggio di 2 classi energetiche investirebbe dai 3 ai 4 milioni di edifici. Quanto servirebbe? Da 700 a 1.000 miliardi». Qualcun altro ipotizza anche il doppio della cifra citata, contando i lavori collegati o trainati. Quindi chi si dovrebbe sobbarcare una simile spesa in un paese in cui la maggior parte sono piccoli proprietari? Ci sono dunque seri dubbi sulla fattibilità sia operativa che economica derivante dai diktat dell’Unione Europea.

C’è anche un altro problema, mettiamo il caso di aver acquistato due o tre anni fa un immobile in classe G (o peggio, in classe energetica “da definire”), accendiamo un mutuo magari di 100.000 euro per vent’anni. Bene. Nel 2033, ancora ben lontano dall’estinzione del mutuo, la casa (ossia il bene stesso che da la garanzia alla banca) si deprezza al punto da non essere più una garanzia. In questa situazione, cosa succede? La banca si riprende il bene e lo mette sul mercato prima che sia invendibile? Ti sbatte fuori di casa malgrado tu sia in regola con le rate del mutuo? Ti chiede un’integrazione o una nuova garanzia che non sei in grado di dare?

Deroghe alla normativa

La nuova normativa non si applica ai monumenti, e i Paesi UE avranno la facoltà di escludere anche edifici protetti in virtù del loro particolare valore architettonico o storico, edifici tecnici, quelli utilizzati temporaneamente, chiese e luoghi di culto. Gli Stati membri potranno inoltre estendere le esenzioni anche a edifici dell‘edilizia sociale pubblica in cui le ristrutturazioni comporterebbero aumenti degli affitti non compensati da maggiori risparmi sulle bollette energetiche. Agli Stati membri sarà consentito, per una percentuale limitata di edifici, di adeguare i nuovi obiettivi in funzione della fattibilità economica e tecnica delle ristrutturazioni e della disponibilità di manodopera qualificata.

Le Deroghe: l'elenco

  • edifici adibiti a luoghi di culto e allo svolgimento di attività religiose
  • fabbricati temporanei con un tempo di utilizzo non superiore a 2 anni
  • siti industriali, officine, depositi ed edifici di servizio non residenziali a bassissimo fabbisogno energetico e di riscaldamento o raffrescamento
  • stazioni di approvvigionamento infrastrutturale, quali stazioni di trasformazione, sottostazioni, impianti di controllo della pressione, costruzioni ferroviarie
  • edifici agricoli non residenziali utilizzati in un settore disciplinato da un accordo nazionale settoriale sulla prestazione energetica
    edifici residenziali che sono usati o sono destinati ad essere usati meno di 4 mesi all’anno o, in alternativa, per un periodo limitato dell’anno e con un consumo energetico previsto inferiore al 25% del consumo che risulterebbe dall’uso durante l’intero anno
  • fabbricati indipendenti con una superficie calpestabile totale inferiore a 50 mq.

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Francesca Catino